Perché il "black-out, in Francia di Paolo Patrono

Perché il "black-out, in Francia Le Monde: la rete elettrica nazionale è un "castello di carte,, Perché il "black-out, in Francia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — n giorno dopo il black-out, la Francia ha subito ancora qualche panne di elettricità, specialmente nella zona di Nantes, per qualche ora nella mattinata. Ma la situazione si è gradualmente ristabilita. Gli Inconvenienti sono scomparsi, il «Castello di carte, (come Le Monde aveva definito martedì la rete di distri- buzione dell'Edf la Società elettrica francese) è stato rimesso in piedi. Ma lo sbigottimento è rimasto e sono rimasti gli interrogativi. Come si è potuto verificare questo incidente che per quasi tutta la mattinata di martedì ha paralizzato la Francia? I responsabili della società elettrica, i tecnici hanno fatto tutto il possibile per evitare il black-out? Bisogna risalire nella ricerca delle responsabilità ai governanti? Che cosa si può fare perché una panne così gigantesca non si ripeta? In conclusione: è giusta la politica energetica seguita negli ultimi anni dalia Francia? Per ora tocca ai dirigenti della Edf rispondere, smorzare le violente polemiche che i sindacati e 1 partiti della sinistra hanno immediatamente scatenato contro la politica energetica del governo. La prima spiegazione avanzata dagli specialisti riguarda naturalmente l'aspetto tecnico. Sintetizziamola in poche cifre: martedì la potenzialità della rete elettrica era di 39 mila megawatt, ridotta in realtà a 35 mila, le previsioni di consumo ammontavano a 38 mila megawatt Per pareggiare il conto, i tecnici avevano predisposto l'importazione di tremila megawatt dalla Germania e dal Belgio. Un conto sul filo del rasoio, un rischio calcolato che è «saltato» clamorosamente per la «disgiunzione» sulla linea Bréamont-Creney che dall'Est convoglia la tensione verso la regione parigina e l'Ovest della Francia. Una commissione d'inchiesta varata d'urgenza dal ministro dell'industria, Giraud, dovrà appurare perché non è stato possibile isolare in tempo la linea sovraccarica. Ma la ricerca dei responsabili non esaurisce certo il problema, che investe la politica energetica seguita negli ultimi anni dalla Francia. E' una realtà da tutu condivisa che l'Europa soffra di penuria d'energia: lo sfruttamento delle centrali idroelettriche è al massimo, la crisi petrolifera del '73-74 e i successivi rincari del greggio hanno oboli gato i Paesi industrializzati a economizzare sugli acquisti petroliferi, a soprassedere ai piani di sviluppo degli Im pianti tradizionali nell'attesa del decollo delle centrali nu¬ cleari. Ma anche questo piano è ovunque in ritardo. Da questa tela di fondo comune ai Paesi industrializzati d'occidente enucleiamo il caso francese. Tra il 1973 e il 1974 la Francia ha puntato sull'.opzione nucleare» per non appesantire il suo bilancio petrolifero, e ha predisposto un piano di sviluppo che prevede una proliferazione di centrali nucleari fino al 1985. Per mantenere il ritmo di 5 mila megawatt previsti annualmente nello sviluppo dell'energia nucleare, l'Edf dovrà assorbire da sola nel '79 i due terzi degli investimenti globali delle imprese pubbliche, cioè 24 miliardi di franchi. Dinanzi ai ritardi di costruzione degli impianti nucleari alle difficoltà di finanziamento e al crescente consumo energetico ( + 6,4 per cento quest'anno) i responsabili dell'Edf hanno chiesto al governo di poter costruire due centrali a carbone e di installare dodici turbine a gas di potenza risotta per garantire una migliore distribuzione dell'energia. Le autorità hanno rinviato la decisione, e soltanto quest'anno hanno accondisceso alla costruzione di una centrale a carbone presso Le Havre. Ma per alcuni Inverni (fino all'82-'83, secondo i tecnici), in attesa dei nuovi impianti, il «rischio calcolato» di altri black-out incomberà sulla Francia. 1 Oggi i sindacati e il partito comunista criticano le scelte governative, condannano la «dipendenza energetica» della Francia dall'estero, chiedono l'avvio immediato d'un programma di sviluppo di impiantì tradizionali. Ma per costruire le nuove centrali sono necessari almeno quattro-cinque anni. Paolo Patrono MgCVg

Persone citate: Giraud, Inverni