Non si trova un accordo sul decreto per i precari di Marco Tosatti
Non si trova un accordo sul decreto per i precari Altra riunione oggi, le norme scadono sabato Non si trova un accordo sul decreto per i precari Il provvedimento dovrà essere varato domani dal Consiglio dei ministri - Per adesso vi sono diversi pareri nei partiti, ma si profilano ipotesi per una soluzione ROMA — La sorte dei precari, dopo la scomparsa del decreto «Pedini uno., è rimandata a questa mattina, a un nuovo vertice dei partiti con il governo, necessario a concordare il provvedimento sostitutivo di quello che decadrà, a rigor di termini, sabato prossimo, ma che ormai si considera sepolto. La riunione di ieri sera, che avrebbe appunto dovuto dar vita al «Pedini due., è stata brevissima. Iniziatasi verso le 17.30. si è conclusa poco dopo le 18. quando il ministro della Pubblica Istruzione e il presidente della Commissione P.I. del Senato. Spadolini, hanno dovuto abbandonarla per raggiungere Palazzo Madama, dove era in corso la discussione sulla riforma universitaria. La situazione, in pratica, è rimasta quella di prima, con tutte le possibilità ancora da vagliare e chiarire. Oggi ci si attende una decisione: il vecchio decreto scade sabato, e da quella data restano senza copertura i precari, i cui assegni e contratti si sono chiusi per legge il 31 ottobre scorso. Domani al Consiglio dei ministri dovrà essere presentato il provvedimento sostitutivo, la cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avverrà, molto probabilmente, sabato. L'esiguità del tempo concesso al vertice di ieri ha impedito ai partecipanti di entrare nel merito della questione. La riunione è servita soprattutto al ministro Pedini per esporre le possibili vie d'uscita dalla situazione attuale. La prima consiste in una proroga pura e semplice dei contratti e degli assegni scaduti il 31 ottobre. Questa ipotesi si arricchisce di una variante: oltre all'importo dei contratti e degli assegni i precari verrebbero a godere di alcune indennità riconosciute da sentenze di pretori: e cioè la contingenza e gli assegni di famiglia. Su questo punto esistono però difficoltà di carattere giuridico. Infatti indennità di contingenza e assegni familiari vengono corrisposti a coloro che sono in un rapporto di lavoro dipendente. E mentre questo è il caso dei contrattisti, si può discutere se lo sia per gli assegnisti, e sicuramente non lo è per i borsisti. La seconda ipotesi è quella di un nuovo decreto che si rifaccia all'articolo 6 del precedente provvedimento, quello nel quale venivano creati gli «aggiunti», come terzo ruolo dopo ordinari e associati. Naturalmente non si può prendere l'articolo 6 e riproporlo pari pari come decreto a sé stante: è necessaria una rielaborazione. A questo proposito si è parlato di creare, come ha detto Benadusi, del psi «una conformazione del risolo degli aggiunti nuova, tale da permettere un collegamento organico con la riforma successiva, così da tenere aperto l'accesso costantemente alle giovani generazioni di laureati-. L'ipotesi è quella di dare vita a un ruolo transitorio, della durata di sei-otto anni, nel quale possano confluire gli attuali orecari. Questi, con l'approvazione della riforma universitaria e con lo sblocco dei concorsi, possono aspirare a diventare ordinari o associati, e la loro posizione attuale sarebbe perciò quella di «docenti in formazione». Nel caso in cui non vi fosse sbocco nella carriera universitaria, la legge prevederebbe «uscite laterali» in altre branche della pubblica amministrazione. Si tratta, per il momento, di pure ipotesi: «Non sono stati individuati ancora i termini di un eventuale accordo- ha dichiarato Occhetto (pei) aggiungendo poi che pei e psi hanno espresso nella seduta la preoccupazione che vengano •'mantenuti i diritti acquisiti dai precari-, acquisiti in base al decreto legge che va ora a scadere. «La mia personale opinione — ha dichiarato il senatore Spadolini — è che la soluzione più probabile consista nella proroga pura e semplice, con rivalutazione economica. Inoltre nessuno ha parlato — ha aggiunto Spadolini — di abolire il tetto dei 18 mila aggiunti. Devo smentirlo categoricamente». Nella seduta di martedì scorso era stato chiesto, da parte dei socialisti, che la cifra di quattordicimila posti riservata ai precari fosse aumentata a scapito dei concorsi liberi. La questione non è stata ripresentata ieri. La de infine si rimette al governo, ma sostiene che la soluzione migliore è quella della ripresentazione del vecchio decreto, migliorato dagli emendamenti. Marco Tosatti
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