La Persia rivale di Grecia e Roma

La Persia rivale di Grecia e Roma IL PASSATO D'UN PAESE IN CRISI La Persia rivale di Grecia e Roma Secondo F. Braudel. la storia, nel suo ansito affannoso, è scandita da ritmi ineguali: tempi brevi, misurabili in decenni, le congiunture; e tempi lunghi, legati a condizionamenti geografici e climatici permanenti, le strutture. Nelle frazioni brevi i fenomeni si verificano in pochi anni e li registra la cronaca; in quelle più lente, si riproducono quasi immutabili per millenni — a meno che catastrofi naturali, invasioni o subitanei progressi tecnici non producano cambiamenti sostanziali nel corso degli eventi. E' quanto accade all'Iran, squassato da sommovimenti profondi, lacerato fra una vocazione religiosa conservatrice e infiltrazioni marxiste, fra la tradizione musulmana e l'apertura a Occidente. Fattori nuovi, come la ricchezza prodotta dal petrolio, l'hanno sbalzato in primo piano, ridestando da un sonno millenario mire imperialistiche; la rapidità delle comunicazioni ha reso accessibili e sfruttabili zone che recentemente erano inesplorate; la celerità del progresso tecnico e dell'informazione acuisce oggi — ma cancellerà in breve — la disparità culturale fra la sua popolazione e quelle di altri Paesi; nelle aride steppe percorse da mandrie e greggi si costruiscono autostrade, oleodotti, aeroporti. La storia, in questo caso, ha accelerato il passo; e se riconosciamo tracce d'una cultura antichissima nelle pieghe riposte dell'anima iranica, la funzione dell'Iran nel mondo non è più la stessa che aveva quando l'America non esisteva, la Russia e la Cina erano distese incolte, percorse da orde nomadi. La Persia del mondo antico — e i popoli che l'abitavano. Persiani, Medi, Parti — ha rappresentato per secoli non solo una minaccia militare ma un'antagonista sul piano ideologico; essa sola, con l'Egitto, possedeva una filosofia e una religione venerabili e un sistema politico secolare, agli antipodi con quelli dell'Europa, vale a dire la Grecia e Roma. A onta di questa spiccata contrapposizione, un'assimilazione reciproca avveniva, scambi di merci, di uomini, di idee, facilitati dalle strade carovaniere che attraversavano quel territorio sconfinato. Nella religione astrale dei pitagorici, nel pensiero di Platone sono stati individuati miti, cosmogonie, concezioni metafisiche del più lontano Oriente. Dopo la conquista di Alessandro, entrarono in contatto con i popoli del Mediterraneo magi, astrologi, caldei, matematici, profeti, dai quali derivavano oracoli e profezie negatrici della gloria e del futuro di Roma. Il senato repubblicano e gli imperatori, attraverso divieti dei culti iranici e delle pratiche magiche, spesso effettuarono espulsioni di quella quinta colonna insinuante. E poiché ciascun popolo acquista la nozione della propria identità nel contrasto polemico, si può dire che prima il conflitto tra la Persia e la Grecia (V sec. a.C.) poi quello con Roma abbiano stimolato la formulazione di quell'ideale etico-politico che ancora oggi si configura come caratteristico della cultura europea. La fierezza di Atene per avere respinto le armate persiane ha trovato espressione sublime nei marmi dell'Acropoli e nella poesia; le celebri battaglie del piccolo esercito delle poleis (da Maratona alle Termopili) provocarono una presa di coscienza inebriante; pochi anni dopo la battaglia di Salamina, Eschilo la rievoca nel racconto dell'araldo alla corte persiana; chi è — gli domanda la regina sgomenta — il re che comanda quel pugno di prodi? «Si dice — risponde l'araldo — che non obbediscano a nessun uomo né lo servano»: l'uomo libero infatti non si inchina a un sovrano, ma alle leggi dello Stato: in questa risposta è racchiusa la sostanza della civiltà europea. Questi valori, libertà, democrazia, rispetto dell'individuo, furono formulati in contrasto con un sistema imperniato su un assolutismo teocratico, ac-centratore. La guerra di Troia fu ripensata come primo episodio del conflitto perenne tra l'ellenismo e l'Asia; la Ifigenia di Euripide è pronta a morire per la causa degli Achei — «poiché dei nostri — essa dice — è propria la libertà, di quelli il servire...». Roma ereditò questo pregiudizio razziale: nella letteratura latina gli asiatici sono invariabilmente effeminati, imbelli, mendaci: i loro vizi sono l'opposto delle qualità virili del romano; i loro mores rappresentano il mondo alla rovescia. Quando poi il proconsole di Siria, Crasso, attaccò incautamente i Parti e subì la sconfitta di Carrhae (53 a.C.) tutta la pubblicistica dei decenni successivi, ben più che altre occasioni simili fu pervasa dall'istanza ossessiva della rivincita: Orazio si duole che siano usate in guerre fratricide quelle armi che sarebbe assai meglio puntare contro la Persia; auspica che Augusto possa condurre incatenati nel suo trionfo quei nemici che, con iperbole retorica, chiama «incombenti sul Lazio». Con un abile lavorìo diplomatico Augusto riuscì, nel 20 a.C. a riavere indietro dal re dei Parti, Jraate, gli stendardi strappati alle legioni e i pochi prigionieri superstiti; l'evento fu salutato da Ovidio. Properzio, Virgilio con entusiasmo probabilmente genuino. Il linguaggio della propaganda figurativa è ancora più esplicito e martellante, perché destinato a un pubblico più vasto: sulla corazza di Augusto, sul suo petto — nella statua di Prima Porta — è scolpita la scena che rappresenta il suo successo più ambito, la consegna delle aquile a Tiberio, legato del Principe. A questa immagine ribattono i rilievi rupestri di Bishapur: il re Sapore ha eternato nella pietra il suo trionfo su Roma; l'imperatore Valeriano, catturato nel 259 d.C e morto in prigionia, gli regge la staffa come uno stalliere. Il dialogo delle immagini prosegue per secoli: su archi, colonne e monete i Persiani appaiono sempre con tratti tipologici - berretto frigio, manto svolazzante, brache lunghe annodate alla caviglia immancabilmente atteggiati a prona sottomissione, recanti doni. L'arte cristiana infine, che ha utilizzato i moduli iconografici imperiali, ha ripreso questo motivo trionfale: i re Magi che offrono oro, incenso e mirra al Bambinello sono copiati dai persiani sottomessi dei monumenti celebrativi; gli stessi volti, le stesse vesti, lo stesso gesto di 'devoto ossequio. Dall'arco di Galerio a Salonicco, dall'obelisco di Teodosio a Costantinopoli i «barbari» dell'Asia si sono trasferiti nelle absidi delle chiese. Anche allora la storia aveva accelerato il passo: il potente davanti al quale si prosternarono tutte le genti non era più l'imperatore di Roma. Lidia Storoni

Persone citate: Braudel, Lidia Storoni, Medi, Persiani, Platone, Salamina