Supplizio di Tantalo per l'agricoltura di Mario Salvatorelli

Supplizio di Tantalo per l'agricoltura VIAGGIO NELLE TERRE DEL MEZZOGIORNO CHE SI TRASFORMANO Supplizio di Tantalo per l'agricoltura Dalla Puglia viene il 51 per cento della produzione nazionale di olio d'oliva, il 55 dell'uva da tavola - Nella piana di Metaponto emiliani e piemontesi avviano vaste colture di fragole - Ma cospicui capitali pubblici restano inutilizzati; le Regioni non hanno piani - L'allargamento della Cee a Spagna, Portogallo e Grecia può rilanciare il Sud agricolo, o affossarlo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BARI — «Prima danno contributi a chi pianta le pesche, e due anni dopo a chi le spianta. Ti offrono oggi un premio per ogni vitello che allevi, e domani se lo abbatti. Va bene che ci continuano a ripetere che il Paese è in crescita, che deve rinnovarsi, e con il Paese la sua agricoltura, ma questa è solo confusione, mancanza di piani colturali, inefficienza anche delle Regioni, che hanno ereditato tutti i difetti dell'amministrazione centrale, con uno in più, il campanilismo». Lo sfogo è di Pompeo Braccio, presidente dell'Associazione agricoltori pugliesi, che mi sta accompagnando in giro per queste terre. Sono terre, tra l'altro, che danno il 29 per cento della produzione nazionale d'insalata, il 36 delle mandorle, il 51 dell'olio di oliva, il 55 per cento dell'uva da tavola. Le critiche di Pompeo Braccio sono quelle che ho già sentito un po' da tutti in questo viaggio nel Sud agricolo, anche da chi non rinuncia per questo a darsi da fare, pur lavorando in condizioni difficili. Per l'Azienda agricola di Santa Maria della Scala, in comune di Noci, tra Alberobello, Gioia del Colle e Castellana Grotte, le condizioni, in fatto di difficoltà, sono esemplari. La terra è sassosa, rocciosa. «Ma se ci fosse l'acqua, tutto sarebbe più facile, perché è un buon terreno», dice Francesco Fusillo, che manda avanti l'azienda con due fratelli, una sorella, la mamma, un salariato fisso e, nei periodi di punta, una decina di precari, che però, pur a 35 mila lire il giorno, più la prima colazione e il pranzo, non si trovano facilmente (uno dei tanti misteri della disoccupazione, in Italia in genere, e nel Sud in particolare). Fusillo continua: «C'è l'ac¬ quedotto, ma quando più ce ne sarebbe bisogno, per noi funziona due o tre ore al giorno, se va bene. Cosi dobbiamo andare a prendere l'acqua a un pozzo, profondo 600 metri, a 10 chilometri da qui, pagandola 10 mila lire per autobotte». Per le dimensioni italiane — in media 7 ettari, ma il 70 per cento delle aziende non supera i 5 ettari — questa di Santa Maria della Scala è un'azienda grossa. Sono cento ettari, di cui 40 a foraggio, 40 a grano tenero, orzo e semine varie, il resto a bosco. Oltre alla famiglia Fusillo, nutre un'ottantina di mucche, il cui latte viene venduto a un caseificio, che lo paga 282 lire il litro, 20 lire meno della tariffa regionale. «Non ci sono cooperative, dice Francesco Fusillo, e si deve sottostare alla legge della domanda e dell'offerta. Inoltre, l'accordo regionale è recente, non sembra abbia valore retroattivo sui contratti precedenti, e poi il posto di raccolta è distante, e il nostro latte ci pensa il caseificio a ritirarlo». L'aria è pulita, il panorama stupendo, di quelli che ti fanno venire ricordi e nostalgie, il silenzio assoluto, ma sono sufficienti a compensare la fatica di questa gente? Ci si alza all'alba, si lavora fino al tramonto e oltre, e poi, dopo una buona annata — in media una ogni tre — si può avere un reddito complessivo che, diviso tra tutti quelli che hanno contribuito a ottenerlo, è inferiore al reddito medio di un lavoratore dipendente, a 40 ore settimanali, 104 giorni di riposo all'anno, piii le ferie. «La verità è che questa gente non considera il reddito da lavoro, mi diceva l'altro giorno il tecnico Mario Acciardi, dell'Ufficio agricolo di Cosenza, e per giunta un lavoro duro, 18 ore al giorno, di chi è interessato all'azienda, quindi è fatto al meglio, è più produttivo, più efficiente. Nelle campagne, invece, si guarda al reddito da capitale, ed è questo che le salva dall'abbandono». Non credo che sia solo un calcolo sbagliato. C'entra lo spirito imprenditoriale, che gratifica gli sforzi e gli dà un senso. E' lo spirito che ha mosso piemontesi ed emiliani a scendere nella piana di Metaponto per investire capitali nella coltura delle fragole. E' lo stesso spirito che ha dato vita due anni fa alla Tecnagro, un'associazione costituita da Anic, Fiat, Montedison e Con)'agricoltura per la diffusione della tecnica e della professionalità nelle campagne, e che ha iniziato in Capitanata, nell'alta Puglia, con la collaborazione di tecnici israeliani, un esperimento per trasformare terreni difficili e siccitosi in colture specializzate e d'avanguardia. Ma è anche lo spirito che l'agricoltore Francesco Consiglio, proprietario di un'azienda agricola e di uno stabilimento vinicolo sul confine del Salento, ha trasmesso ai suoi figli, con l'impegno di portare l'impresa anche al dì là delle «colonne d'Ercole* dei nuovi patti agrari. «Sono venuto nel 1926, dice Francesco Consiglio, e ho avuto in consegna terreni seminativi, che ho trasformato in vigneti, con la collaborazione di mezzadri. Poi ho costruito lo stabilimento, per garantire uno sfogo commerciale alla produzione di 250 ettari, che mi danno 100 quintali ciascuno d'uva da vino». E' un'azienda, questa, che ancor oggi merita di essere citata, perché è proprio l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli quella che scarseggia nel Mezzogiorno. Siamo alla vigilia dell'allargamento della Comunità eu-, ropea con l'ingresso di Spagna, Portogallo e Grecia. Da un punto di vista politico, è uno spostamento del baricentro europeo verso Sud, dal quale abbiamo tutto da guadagnare, come dimostrano le recenti vicende del Sistema monetario europeo, condotte tra Copenaghen e Brema, tra Bonn e Parigi. Ma nella visuale agricola, il Mezzogiorno si trova nell'occhio del ciclone: può uscirne il definitivo decollo, come l'irrimediabile affossamento della sua agricoltura. L'impressione che si può ricavare da un giro nelle sue tre regioni « continentali* più esposte, nel processo di trasformazione in corso, la Calabria, la Basilicata e la Puglia, è tutto sommato positiva Il Mezzogiorno ha molte carte da giocare, e non le tiene nel cassetto. Ma, intorno al tavolo verde, non è sufficiente che siedano gli operatori, i più diretti interessati. La domanda che più si sente ripetere, girando nelle aziende, è: chi ci assiste?, chi ci guida? C'è un abisso tra la sperimentazione tecnico-^ scientifica e la sua applicazione pratica. L'iniziativa privata, a certi livelli di mezzi e dì preparazione culturale, può fare molto. Francesco Compagna ama ripetere che il vero salto di qualità dell'agricoltura, soprattutto al Sud, non è stato tanto il passaggio della terra ai contadini, quanto il fatto che i figli dei coltivatori si sono laureati e si son messi a fare gl'imprenditori. Ma l'iniziativa privata non può fare tutto. E' di attualità, in questi giorni, la richiesta di un trasferimento di risorse dai Paesi più progrediti a quelli meno progrediti della Comunità europea, anche con un aumento delle disponibilità finanziarie dei suoi fondi: agricolo, regionale, di qualificazione professionale, e così via. La richiesta è giusta, purché poi si sappia fare uso di questi mezzi e non si continui come accade oggi, a ingrossare con essi i 'residui passivi-, le somme disponibili, stanziate ma che le Regioni non riescono a spendere. E' un supplizio di Tantalo, per l'agricoltura, che nulla al mondo può spiegare, e tanto meno giustificare. Mario Salvatorelli