Genova: la polizia chiede più preparazione e mezzi di Clemente Granata

Genova: la polizia chiede più preparazione e mezzi Fra i giovani agenti dopo il delitto di Torino Genova: la polizia chiede più preparazione e mezzi «I corsi non sono adeguati» - «L'efficienza si raggiunge con servizi più razionali» - «Persino le comunicazioni radio sono difettose» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — «Siamo uomi ni o giocattoli? Siamo uomini o numeri?-, si domanda la giovane guardia di servizio da vanti alla Questura. Ha un sorriso amaro, e scuote il capo. E' una fredda giornata di vento, nuvole basse scorrazzano per il cielo. Siamo qui per registrare emozioni, reazioni, commenti dopo l'assassinio dei due poliziotti di Torino massacrati dalle Brigate rosse davanti alle «Nuove». Che si dice a Genova, dove si formò il primo nucleo del sindacato di polizia? Che si dice a Genova, dov'è ancora vivo e lancinante il-ricordo di Coco falciato con la sua scorta in Salita Santa Brigida e del dott. Esposito freddato su un pullman? L'amaro interrogativo della giovane guardia non rimane un fatto isolato. Giustificata o no (ma comunque sempre comprensibilissima), la sensazione di essere abbandonati a se stessi, non sufficientemente garantiti, e non in grado di garantire la sicurezza del cittadino che è il compito primario del poliziotto, è un sentimento piuttosto diffuso, qui, a Genova. Siamo ben presto un grup¬ po nutrito, nell'atrio della Questura. Le guardie si fermano, ascoltano le reazioni dei colleghi, narrano le proprie esperienze. C'è un agente che lavorò accanto a Esposito, c'è un un agente che lavorò accanto al maresciallo Berardi, caduto anch'egli sotto i colpi dei terroristi, ci sono uomini che svolgono il servizio sulle «volanti», ci sono agenti vicini ai sindacati confederali e agenti vicini ai sindacati autonomi, c'è anche qualche ufficiale. Il fatto emotivo, sull'onda del sangue di Torino, è la prima reazione, immediata e bruciante. Ma, se esistono sintomi di scoraggiamento, se esistono segni che denotano una certa sfiducia, essi lasciano poi il posto ad analisi più precise e puntuali. La sfiducia, insomma, non vuol dire necessariamente abbandono e disarmo, certi atteggiamenti psicologici rivelano semmai il desiderio, non soddisfatto, secondo i poliziotti, di poter agire meglio, in modo più puntuale ed efficace. L'efficienza della polizia, appunto, è il motivo conduttore della maggior parte degli interventi, dopo amarezze e sfoghi. Efficienza che significa, dicono i nostri interlocutori, una scuola di polizia più adeguata ai tempi d'oggi, caratterizzati da una criminalità tanto feroce quanto sapientemente organizzata; efficienza che significa maggior dotazione di mezzi, servizi studiati e realizzati con maggior razionalità. La scuola, lamentano, non fornisce una preparazione adeguata. Le marce, gli impeccabili saluti militari, nelle quali cose si esauriscono per gran parte gli insegnamenti impartiti in sei mesi di corso, possono anche essere elementi validi, purché accompagnati dall'apprendimento di tecniche specifiche che permettano di sostenere l'urto della violenza armata. I poliziotti di Genova chiedono auto blindate, giubbotti anti-proiettile adeguati alle necessità del momento, armi più sicure, rapidi collegamenti radio con la centrale («A Sampierdarena, Nervi, Caricamento, le comunicazioni sono difficoltose, spesso rimaniamo isolati, e dobbiamo addirittura servirci delle radio della polizia privata-). I «servizi di istituto», cioè i posti fissi di fronte alle carceri o ad altri obiettivi sensibili, secondo i poliziotti, costituiscono un bersaglio ideale per i terroristi. Dovrebbe essere mutata, invece, la strategia; dovrebbe essere consentita, affermano, una relativa mobilità nella zona dov'è situato l'obiettivo sensibile, il che permetterebbe una vigilanza più agile e attenta. Che cosa risponde il questore De Longis? Dice: «E' logico che fatti come quelli di Torino suscitino dolore, rammarico, rabbia. Ma ciò non può essere scambiato con la sfiducia. Le guardie sono giovani, col dolore può sfuggire loro di bocca qualche parola in più. Ma non è paura, mi creda. Qui tutti continuano a lavorare con il necessario puntiglio-. E preci' sa: «E' certo che ormai siamo di fronte ad una guerriglia, die la nostra polizia, come del resto tutte le polizie del mondo, deve adeguarsi e adottare i necessari accorgimenti. Lo stiamo facendo. Occorre calma e metodo-. Clemente Granata

Persone citate: Berardi, De Longis, Esposito