"Siamo come fantocci nel mirino di tutti,. di Ezio Mascarino

"Siamo come fantocci nel mirino di tutti,. A COLLOQUIO CON I POLIZIOTTI IN SERVIZIO DI PATTUGLIA A TORINO "Siamo come fantocci nel mirino di tutti,. Si possono anche dire cose gravi nei momenti di sfiducia e dolore. Sfiducia nelle istituzioni che si rappresentano e nel nome delle quali ogni giorno si opera: dolore per la morte di due amici, ragazzi ventunenni, figli del popolo, una vita di stenti, a volte di vera miseria alle spalle. C'è stata tensione in questura. Come il 12 marzo '77, quando fu assassinato il brig. Giuseppe Ciotta, dell'ufficio politico; come il 10 marzo scorso, quando fu ucciso Rosario Berardi. ex vice-capo del nucleo antiterrorismo; come la mattina dell'11 aprile, quando cadde Lorenzo Cotugno, guardia carceraria. . «Sono cinque ora i nostri morti. Siamo stanchi di farci ammassare. Fantocci nel mirino di tutti, delinquenti politici e comuni». «Lansa e Porceddu erano qui da pochi mesi. Li hanno mandati a pattugliare le Nuove, sema esperienza, senza preparazione». «Tutta la notte lì, su quel furgone, al freddo, senza potersi muovere, spostare, scendere. Un furgoncino normale, non blindato. Questi ultimi ci sono, ma servono per i cortei degli studenti e degli operai. Noi invece li, fermi, nella not¬ te, ben visibili a fare da bersaglio». «Qualcuno ora dirà che si erano addormentati, che non sono stati attenti, che non hanno fatto il loro dovere.Avevano le armi, la nuova "Beretta", 15 colpi, un'arma potente e precisa: avevano un servizio delicato, lo sapevano bene, dovevano quindi essere, vigili, stare all'erta. Ma sono storie. Sì, abbiamo queste nuove armi, ma pochissimi hanno avuto la possibilità di provarle ai poligoni, pochi sanno maneggiarle con sicurezza». •Poi sfido chiunque, per quanto riguarda l'attenzione e lo stare sempre all'erta, sfido chiunque a passare una notte in quelle condizioni, immobili, al freddo, per sette lunghe ore». «Io l'ho fatto una volta: si spera solo che finisca il turno in fretta». «Siamo qui impotenti come le altre volte, a imprecare. Ma per che cosa? Per farci dire grazie da quello stesso Stato, che non ci difende. Dietro alle bare di Lansa e Porceddu c'erano le solite corone di alloro, con grandi fasce tricolore a lutto. Ma i nostri problemi, quelli di fondo, nessuno pare voglia risolverli». « Vogliamo essere armati meglio, vogliamo poter fare servizi in condizioni di sicurezza. Vogliamo poter operare con le spalle coperte. Puniti o ammazzati: questo pare sia il nostro destino». Parole dette in momenti dì dolore e sfiducia, ma sempre con le lacrime agli occhi. Le riportiamo cosi come le abbiano sentite, poco dopo la notizia del tragico agguato alle Nuove. Frasi spezzate, tra l'imprecazione e il grido di dolore per la perdita di un amico caro, un fratello. Ma accanto a questa realtà, turbata dalla tensione in cui vivono tutti, agenti, sottufficiali e funzionari, è emerso anche un grande senso di responsabilità. «Siamo sgomenti, certo, per la tragica fine di due amici, ragazzi. Ma non dimentichiamo che sono stati uccisi mentre eseguivano il loro dovere. Un dovere ingrato certamente, umile i.l più delle volte, sconosciuto a tutti». «Nessuno dei torinesi sapeva che proprio Lansa e Porceddu erano lì, tutta la notte, in via Boggio angolo corso Vittorio Emanuele. Come nessuno conosce i nomi degli altri 250 agenti impegnati in analoghi servisi, giorno e notte, nei punti strategici della città, soli nel freddo e nella paura Nessuno li conosce, ma tutti sanno che ci sono, sparsi nella grande città. Per fare il loro dovere, con tutti i limiti umani, ma anche pronti a morire». «Ci sono molte lacune e vuoti da colmare nelle nostre istituzioni e nei nostri regola menti. Da anni portiamo avanti il discorso della sinda-, calìzsasione proprio per risolvere questi problemi. Ma ora non dobbiamo confonderci e confondere le idee. I nostri colleghi sono stati uccisi non già perché avevano trascorso una notte insonne, oppure perché erano su un furgone non blindato. Ma perché erano poliziotti, "servi dello Stato" che i brigatisti vogliono distruggere». «I terroristi sono avvantag- A PAGINA 12 Aerotaxi precipita presso Rieti 10 morti di Giuseppe Fedi giati: agiscono nell'ombra Colpiscono e rientrano nella ■clandestinità che vuol dire in serimento totale e perfetto nel mondo che li circonda. Sono nelle strutture, lavorano, vivono una vita normale. Insomma escono la sera, hanno amici, frequentano persone. Pesci in un grande mare». «Che fare? Questo è il discorso vero. Occorrono tecniche nuove, mentalità nuova, possibilità nuove. I brigatisti conoscono alla perfezione il nostro sistema. Hanno individuato i punti deboli, ci attaccano. Sperano ad esempio che, colpendo noi, si incrini uno degli assi portanti del nostro fragile Stato. Il tentativo di destabilissasione passa anche sulla nostra pelle». Questo quanto dicono agenti e sottufficiali. E 1 loro superiori? Il questore, Antonio Pirella: «Unadrammatica fatalità. Dovremo ristrutturare i servizi. Le auto blindate? Se le avessimo, le avrei già utilissate». I funzionari: «L'unica risposta a questa sfida è un maggiore impegno di tutti. Dobbiamo scoprire chi sono i brigatisti, chi li muove, chi si nasconde alle loro spalle». Ezio Mascarino

Persone citate: Antonio Pirella, Beretta, Giuseppe Ciotta, Giuseppe Fedi, Lorenzo Cotugno, Porceddu, Rosario Berardi

Luoghi citati: Rieti, Torino