Il triangolo è chiuso di Frane Barbieri

Il triangolo è chiuso Il triangolo è chiuso Carter e Hua hanno colto tutti di sorpresa nell'annunciare l'«evento storico» nelle relazioni fra Washington e Pechino. Non ci si aspettava, almeno, che Carter decidesse un simile passo prima di incontrare Breznev. Succede invece quasi sempre nella grande politica che gli eventi più sorprendenti e meno attesi, quando avvengono, appaiano di colpo come i più logici e i più normali. Accade così anche questa volta: viene da domandarsi addirittura come mai tutto non si sia verificato prima. La normalissasione dei rapporti cino-americani chiude finalmente il triangolo delle grandi potense, già da tempo tracciato nella costellazione mondiale. Lo stretto bipolarismo americano-sovietico volgeva verso il tramonto, non potendo coprire più tutte le fermentazioni di un mondo sempre più diversificato. Il triangolo ora costituito non chiude i giochi: piuttosto li apre, estendendoli su tutto lo scacchiere internazionale. Alle due potenze, che rappresentano i due mondi, se ne ag giunge un'altra nata sullo sfondo del Terzo Mondo emergente. L'immagine del globo terrestre viene cambiata. E sconvolta addirittura quella dell'Asia: l'America sembrava spinta fuori dal continente, per ritirarsi e trincerarsi sulle isole prospicienti; la Cina non era riuscita a colmare il vuoto lasciato dagli americani, anzi appariva sempre più circondata dalla penetrazione sovietica prima nella Mongolia, poi nell'India, nell'Indocina, nell'Afganistan e ora probabilmente anche nell'Iran; l'accordo con il Giappone aveva aperto un varco nell'accerchiamento, tanto importante da provocare gravi rimostranze sovietiche a Tokyo. Il legame fra Pechino e Washington non può essere considerato soltanto come un varco. E' un capovolgimento che porta la Cina a spaziare politicamente in tutto il mondo. L'America non rimette il, piede sul continente nei vecchi termini strategici, ma con un colpo magistrale della tuttora discontinua e contraddittoria politica carteriana ottiene molto di più: crea lo spazio necessario per il potenziamento della Cina, forza asiatica naturale, atta a contrastare l'espansione sovietica nel continente giallo. Hua Kuo-feng ha messo in risalto due punti dell'accordo. Primo: «Abbiamo normalizzato le relazioni con gli Stati Uniti come sono normalizzate quelle fra Mosca e Washington». Secondo: «Il nuovo rapporto fornirà un contributo alla lotta contro il piccolo e grande egemonismo». A sua volta anche Carter ha sottolineato due aspetti caratteristici: «Gli Stati Uniti sono interessati a intervenire nell'attuale spinta verso la modernizzazione industriale che dovrebbe portare la Cina ad assumere la veste di una nazione avanzata e forte nel campo industriale e in tutti gli altri campi»; «Non ritengo che questo sviluppo possa avere la benché minima ripercussione sui rapporti e negoziati fra gli Stati Uniti e l'Urss». Afessi insieme, i punti di Carter e di Hua indicano che la Cina entra in piena scena mondiale senza essere più contesa come strumento di pressione dall'una o dall'altra superpotenza nel braccio di ferro bipolare. O, almeno, l'America smette di considerarla in questo modo, in quanto le torna utile un ruolo autonomo della potenza-Cina. Per l'Unione Sovietica il vantaggio è senz'altro minore ma, se la Cina riuscirà a esprimersi come una potenza vera e propria, a Mosca non rimarrà che accettarla e trattarla come tale. Non si vede il modo come potrebbe, senza un avventato colpo di forza, ridurla di nuovo a un gigante succube del bipolarismo su cui tuttora verte tutta la strategia di Mosca (un ritardo che mette oggi più che mai in luce la critica mancanza di inventiva e l'incapacità di rinnovamento della diplomazia brezneviana). Tuttavia di fronte al nuovo «evento storico» è difficile stabilire chi vince e chi perde, salvo sostenere che vinca tutto il mondo. Si può soltanto azzardine una previsione su come si muoveranno le potense in campo. La Cina coglierà l'occasione per spaziare politicamente ed economicamente nel mondo perseguendo le sue Frane Barbieri (Continua a pagina 2 in prima colonna)

Persone citate: Breznev, Hua Kuo-feng