A difesa dello Stato di Giovanni Trovati

A difesa dello Stato A difesa dello Stato La logica dell'eliminazione, applicata dalle Brigate rosse, è moralmente aberrante quanto inutile ai fini insurrezionali che si propongono, è un'azione disperata che sottolinea la disumanità del terrorismo. Ma poiché il terrorismo esiste, va combattuto e lo Stato ha il dovere di difendersi tutelando i cittadini e operando con forze dell'ordine preparate e attrezzate. In un regime democratico nessuno può chiedere leggi speciali, ma tutti hanno il diritto di pretendere protezione speciale. E la protezione, per quanto riguarda la polizia, va dall'aspetto più appariscente, l'automezzo corazzato, all'aspetto meno appariscente ma importantissimo, l'addestramento e lo spirito di corpo. C'è nella polizia molto malcontento. E' l'organizzazione intera che va rivista (eccessivo il numero di agenti adibiti negli uffici a compiti amministrativi, che potrebbero essere svolti da impiegati), è l'uomo, dal singolo poliziotto al dirigente, che va rivalutato nella sua funzione di «custode della pace». La polizia è un servizio e come tale, in una società che rifugge dai sacrifici e perde il senso dei civili ideali, attira poco. In cinque anni si è assistito a un preoccupante esodo (si parla di un trenta per cento) mentre i concorsi di arruolamento continuano a racimolare scarsi candidati. Lo stipendio è limitato (soprattutto insufficiente è la parte pensionabile) i disagi molti, i rischi grandi, la disciplina restrittiva. Tra i pochi che si arruolano, parecchi lo fanno perché non trovano altra occupazione: ma costoro non offrono le necessarie garanzie. All'agente di P.S. si chiede qualcosa di più del semplice «mestiere... si chiede di sentire che lavora per quei valori su cui si regge uno Stato (libertà, sicurezza, tranquillità). Tra gli agenti c'è delusione, che arriva a frustrazione quando qualcuno viene ferito o ucciso. Hanno l'impressione di non essere difesi, guidati, valorizzati, considerati. C'è stato uno sfogo di rabbia venerdì mattina a Torino e le prime reazioni sapevano di insubordinazione (il che è gravissimo), poi a poco a poco è prevalso il senso dì responsabilità e alla morte dei due colleghi si è risposto con un esame critico. Oggi la nostra polizia è inadeguata alle necessità della nazione, dove straripa la delinquenza, comune e politica. Quale seguito hanno i furti e le rapine e le aggressioni? E gli stessi sequestri di persona, e i troppi omicidi? Il moltiplicarsi delle polizie private dimostra che la polizia di Stato non ce la fa più. Ma le polizie private sanno di giustizia privata, che mal si adatta alla concezione di convivenza democratica. Che cosa fa il governo, che cosa fanno i partiti? E' importante lo Sme. ma se si porta, prima o dopo, in Europa un'Italia indifesa è probabile il fallimento. Da tempo si parla di riforma della polizia: si è inceppata sul sindacato, nei giorni scorsi si era giunti a un accordo, e già viene rimesso in discussione. La riforma preparata di certo è imperfetta, ma siamo al punto che il non fare è più pericoloso del far male. Operando almeno si dà al Paese la sensazione che governo e partiti avvertono l'urgenza e si adoperano per affrontarla. Abbiamo bisogno non di una superpolizia. ma di una polizia preparata, convinta di svolgere un servizio dello Stato, che il cittadino attende con fiducia e con riconoscenza. Il problema del funzionamento della P.S. preesiste alle Brigate rosse: è deplorevole che occorrano i morti per ricordarlo. Giovanni Trovati

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