Iran, timori di 12 mila italiani di Igor Man
Iran, timori di 12 mila italiani LAVORO PER 5 MILA MILIARDI NELL'INCERTEZZA PER LA GRAVE CRISI POLITICA CHE SCONVOLGE IL PAESE Iran, timori di 12 mila italiani DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN —Dall'Iran viene un quinto di tutte le nostre commesse dal Terzo Mondo. Nel corso degli ultimi due anni, la nostra industria ha vinto ordini per circa cinquemila miliardi. Dopo quella ameri-, cana (quarantamila persone fra tecnici e consiglieri militari), la nostra è la più grande comunità straniera dell'Iran: 12 mila persone. Mentre gli americani vivono in uno stato di estrema tensione, gli italiani mantengono i nervi piuttosto saldi. Anche ad alcuni nostri connazionali sono giunte minacce — volantini infilati sotto la porta di casa — da parte degli «studenti universitari islamici». Però il Fronte nazionale ha fatto sapere ai rappresentanti delle varie imprese come il «movimento» non nutra sentimenti ostili nei riguardi dell'Italia. Certo, esistono frange estremiste che il «movimento» non può controllare, ma gli oppositori si augurano che gli italiani sappiano assorbire con realismo «eventuali incidenti». Gli «eventuali incidenti» ci sono già stati: il 12 novembre la mensa di un cantiere della Gie (Gruppo industrie elettromeccaniche per impian ti all 'estero) è stata incendiata a Isfahan; il 3 dicembre è stato assaltato il cantiere della Sae (Società di elettrificazione) a Bandar Shippur, sul Golfo. Il fatto nuovo è l'assalto alla foresteria della Gie a Bandar Abbas, avvenuto lunedì scorso. La foresteria ha i vetri dei piani inferiori protetti da grate, un centinaio di persone hanno lanciato sassi contro quelli superiori. Un'automobile è stata incendiata, i dimostranti hanno spaccato i cristalli di altre vetture. Erano le 17,30, in quel momento la foresteria era piena di donne e bambini. E' scoppiato il panico, anche perché contemporaneamente la foresteria di una ditta filippina, che lavora con gli americani alla costruzione del porto militare, è stata completamente distrutta. E ieri quaranta persone hanno abbandonato Bandar Abbas. oggi sono partite una ventina di famiglie, alcune in aereo, altre a bordo di barconi noleggiati dalla Condotte d'acqua e dirette verso gli Emirati, Un dirigente della società, che a Bandar A bbas h . una «commessa» di 250 miliardi. dice che dopo le feste, a gennaio, i lavoratori torneranno. Almeno lo hanno promesso. Per il momento, comunque, è metà della forza lavorativa che lascia il campo. Mi vien detto ancora come le donne superino lo choc immediato, ma ne risentono dopo qualche giorno, mentreagli.uominiaccade esattamente il contrario. Furono, infatti, le donne che impedirono agli uomini di andarsene da Isfahan il 12 novembre: ma ora, mentre gli uomini sono decisi a rimanere, sono le famiglie che premono per il rimpatrio. La direzione dell'impresa ha deciso di evacuare i tecnici dalla città, sistemandoli in un cantiere periferico; di anticipare le ferie in modo da far partire al più presto le famiglie. Questo perché a Isfahan non si può garantire sicurezza, almeno per il momento. Per le altre imprese, i cui cantieri sono disseminati in tutto il Paese, non si pongono problemi di sgombero. I 1500 italiani dell'Italstrade, ad esempio, che costruiscono una strada di cinquecento chilometri nel Nord-Est dell'Iran, tra Mashad e Zahedan, non sono neppure stati sfiorati dagli ultimi avvenimenti. Lo stesso vale per la Spea (progettazione di strade), per l'Agip e per l'Impregilo. Quest'ultima, che lavora alla costruzione della diga Lar, a 3 mila metri sul livello del mare, ogni anno chiude il cantiere da dicembre a febbraio. Quest'anno ha fatto lo stesso: un charter con un centinaio di tecnici e familiari è partito giorni fa per l'Italia. Sul piano della incolumità fisica, insomma, la situazione non è drammatica Semmai, quel che preoccupa è il ritardo nei pagamenti iraniani delle nostre forniture. L'Organismo per il Piano non funziona più, la Banca centrale, la Markazi, emette, e di tanto in tanto, assegni che è impossibile incassare per mancanza di liquidità. Le banche non riescono a pagare i correntisti, giorni fa davano un massimo di cinquemila rial per conto corrente. Le grosse imprese italiane dovrebbero riuscire ad autofinanziarsi ancora per un mese o due. Poi, se la crisi non verrà risolta, non rimarrà altra alternativa che sospendere i lavori. Con ripercussioni certamente non lievi sulla nostra economia- Igor Man
Persone citate: Bandar, Bandar Abbas, Bandar Shippur, Mila Miliardi
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