Solo al comando: è Coppi di Luciano Curino

Solo al comando: è Coppi DIVENTA SPETTACOLO LA STORIA DEL CAMPIONISSIMO Solo al comando: è Coppi Dopo quasi trent'anni, il mito del grande ciclista resiste - Ora è al centro di un lavoro teatrale in scena a Bologna - Vi appare come un "santino,, con la maglia bianco-celeste e in spalla un tubolare dorato - Un Bartali paralitico in frac DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BOLOGNA — Chi ha vissuto quell'epoca, ricorda ancora1 la voce del radiocronista Mario Ferretti dai Giri e dai Tour: «C'è un uomo solo al comando. (Pausa). Ha la maglia biancoceleste. (Pausa). Il suo nome è Fausto Coppi!". Era una voce che dava brividi e faceva gioire e gridare, arrivava dal Rolle e dal Pordoi, dal Palzarego e dallo Stelvio, e dal Tourmalet, dal Vars, dall'Izoard, posti d'aquile. Un uomo solo è al comando... Fausto Coppi è il titolo dell'atto unico di Guido Ferrarmi e Gianmarco Montesano, che si recita da giovedì al Teatro dei Bibbiena, una simpatica cantina. Dicono gli autori: -Abbiamo voluto riprendere quel clima e indagare nel mito Coppi, attraverso il suo contraltare Bartali. per evo- care il dramma dell'uomo e della sua solitudine». Dopo quasi trent'anni, il mito Coppi non ha perso smalto. Nei giorni scorsi il Corriere d'informazione ha, realizzato un'inchiesta tra le redazioni sportive dei giornali, della radio e della televisione, chiedendo di indicare i primi venti atleti italiani della storia dello sport. Coppi è capolista con 816 punti, precedendo Nuvolari (607) e Meazza (604). Binda è 10", Bartali 14" e Girardengo 21". E' soltanto un caso se ai primi due posti del lungo elenco ci sono i due campioni che si ricordano meno espansivi, ma più amari e solitari, i più drammatici? Coppi, musino tirato da roditore e scheletro fragile, era uno che parlava sottovoce, garbatamente, una voce così piena di malinconia, di quella tenace malinconia, che era un po' l'espressione della sua persegsitata esistenza. Introverso come fin troppi piemontesi. Era il «campionissimo» ed era sfortunato. Sette cadute, sette fratture. Un Tour corso con il lutto per il fratello Serse, morto pochi giorni prima in bicicletta. («Sersfi non era soltanto mio fratello, Serse mi consigliava, mi era vicino, è il dolore più grande che io abbia provato», lo ricordava). Quando visse la grave crisi sentimentale, non ebbe pace, ci fu molto chiasso, come se Coppi fosse il solo adultero in un Paese di virtuosi. Ricco, certamente, ma « tutto quello che ho, l'ho pagato in anticipo. Ogni lira, un colpo di pedale». Diceva: «Bisogna saper soffrire, saper resistere quando il caldo e la polvere soffocano, quando sei straziato dalla stanchezza e dallo sconforto, quando sei solo e sconfitto». (Nel teatrino bolognese Coppi dice, prima della brutale tappa dello Stelvio e sfiduciato per il distacco da Koblet: «Perché devo combattere, soffrire ancora? Sono cosi stanco. E cosi carico di gloria e di onori. Perché?». E il massaggiatore Cavanna: «Lo so, Fausto, è difficile, ma tu ce la farai». Infatti, sullo Stelvio ci sarà un uomo solo al comando..,). Si ammira ma non sempre si ama chi vince tutto o quasi tutto. Coppi era amato perché la gente sentiva la sua solitudine e perché era gentile. Altri urlavano maledizioni o sdegnavano la folla che impauriva stringendoli pericolosamente. Lui alla gente sorrideva, come fosse un suo debito da pagare subito. Scrisse un cronista: « Un ragazzino balzò sulla strada stringendo fra le mani una borraccia d'acqua fresca e gli corse a lato per un lungo tratto con un atto insistente di offerta. Coppi non aveva sete, non voleva bere. Eppure l'accettò lo stesso. La prese e l'appoggiò sul manubrio pedalando per un centinaio di metri con una mano sola. Soltanto quando fu sicuro che il ragazzino non l'avrebbe visto, la buttò via». Ecco com'era Coppi, indimenticabile paladino di quelle popolaresche «chansons des gestes» che erano i Giri e i Tour. Non si poteva non amarlo. Non lo ammettevano, però in fondo lo amavano anche gli irriducibili ma leali bartaliani. E' stato bello vivere la sua avventura attraverso le cronache sportive, la voce di Ferretti, vederlo per un attimo, solo al comando, sfrecciare su qualche strada aggrappato al manubrio come alle corna di un torello riottoso. Nel lavoro teatrale, Coppi appare come la figura di un «santino» colorato, una specie di immagine pia. Arriva in un tripudio di luci e lustrini, la scena è tutta di raso azzurro, come si immagina semplicemente il Paradiso. Vestito da ciclista e con maglia biancoceleste, incrociato sulle spalle ha un tubolare dorato e con diamantini. Lo chiama dal Cielo («Vieni, Fausto, essi vogliono sapere») e lo porta tra il pubblico il suo massaggiatore Cavanna. Era un omone, Cavanna, ed era cieco. Qui è impersonato da una donna vestita da angelo. E' l'Angelo custode, dice a Coppi: «Tu sei il prescelto, l'eletto». Ma vede anche il drammatico futuro. Bartali è un vecchio in frac, su una carrozzella ortopedica. Tra i due campioni rivali c'è rispetto e affettuosità, e Coppi ricorda: «Nel '49, è- vero, staccai Bartali di 23 minuti. Ma in Francia, quello stesso anno, il giorno del suo com-. pleanno ce ne andammo soli, umiliando tutti e al traguardo, a Briancon, mi misi da parte per lasciarlo vincere». Ma ora parlano linguaggi diversi e non si intendono. Bartali è l'uomo reale di tutti i giorni, è uno che dice: «Io vivo e voglio vivere. Tu, invece, che cosa vuoi?». Coppi si sente diverso, dice che basta un gesto per lasciare una traccia di sé. E' un po' Don Chisciotte e un po' mistico, non guarda al quotidiano ma al cielo, vuole restare un simbolo. Dice a Bartali: «Sei solo riuscito a diventare vecchio, povero Gino. Io rimango così, come mi vedi, come mi hai sempre visto». Dicono gli autori: «C'è un po' di Coppi e un po'di Bartali in tutti noi Noi non proponiamo nulla. Noi non diciamo al pubblico: bisogna essere come Coppi, bisogna essere come Bartali. Ognuno giudichi come vuole». In scena c'è anche la Dama Bianca. E' lasciata un po' nel mistero e non rappresenta «quella» donna, ma la borghesia dell'epoca. E' Coppi che la idealizza e le parla con i versi di Romeo e di Girano e con frasi prese dalla Sublime arte di i mare di Liala. Il lavoro è interpretato dalla Compagnia Sociale Teatro Aperto (Ileana Ballini, Ermanno Perinotto e Guido Ferrarini). Luciano Curino Fausto Coppi nell'ottobre del '54, durante il Giro di Lombardia

Luoghi citati: Bologna, Francia, Lombardia, Stelvio