Tutta la Liguria sotto l'incubo di frane e alluvioni

Tutta la Liguria sotto l'incubo di frane e alluvioni I GEOLOGI IN ALLARME SEGNALANO LE ZONE DI MAGGIORE PERICOLO Tutta la Liguria sotto l'incubo di frane e alluvioni Le macchine al servizio di una ingegneria violenta hanno aperto larghe ferite nelle colline, denudando il suolo - Crescono i rischi per l'uomo e l'ambiente - "Un serio piano di risanamento richiede almeno vent'anni. Per ricostituire i boschi occorrono generazioni,, GENOVA — L'attesa della pioggia dopo mesi di siccità è sempre stata carica di speranza e di paura in questa regione che è per gran parte una straordinaria opera di ingegneria, destinata a puntellare e rendere fertile una terra arida, soggetta ai capricci di una natura a volte eccessiva. I muri a secco sostengono da secoli le terrazze degli olivi, delle vigne, dei mandorli, con sapienza imposta dalla necessità di utilizzare l'acqua piovana e farla defluire senza danni quando cade in quantità eccessiva. Nel nostro tempo la paura è più forte. Si è rotto l'antico legame tra uomo e ambiente. Un'ingegneria violenta, quella delle macchine escavatrici e del calcestruzzo, ha aperto larghe ferite nelle colline e ha denudato il suolo. Quando piove in abbondanza ecco l'incubo delle alluvioni, delle frane, delle «calamità naturali» che naturali non sono. Se l'Italia ha il primato europeo per numero di frane, la Liguria ha quello nazionale: oltre 10 mila in movimento o prevedibili. Floriano Calvino, uno dei massimi geologi italiani, ha studiato la Liguria annotando che questa regione è sotto il peso di una natura veramente eccessiva nei suoi balzi di umore. Contrariamente ai luoghi comuni, ha la piovosità media più alta d'Italia (oltre 1300 mm-anno, contro la media nazionale di 930), con fortissimi squilibri interni (semiarida la Riviera dei Fiori, diluvi su Genova e sull'entroterra) e con una pessima distribuzione nel corso dell'anno. Non piove per quattro mesi, poi in 48 ore cadono 100 mm, come avvenne nell'ottobre 77 quando ci furono i disastri della Valle Stura, dell'Ovadese che si confonde con la Liguria, di Genova ancora una volta parzialmente allagata dal Bisogno. Sotto le ruspe Non mancano dunque le motivazioni per una attenta difesa del territorio e dell'ambiente naturale. Ma la difesa ha ceduto all'aggressione. Le ruspe tracciano strade frantumando gli strati rocciosi; i detriti vengono scaricati nei torrenti; gli alberi finiscono nelle scarpate instabili con pietre e fango. Sorgono case su pendii denu-. dati. Si piantano alberi estranei, dalle radici deboli. Quando piove il disastro è immancabile, da qualche parte. «In molti casi si può indicare la zona in cui ci sarà la frana; avendo mezzi sufficienti per installare posti di osservazione si potrebbe anche prevedere il giorno del disastro», mi dice il geologo Sandro Nosengo, consulente della comunità montana della Valle Stura e ricercatore del Cnr per la conservazione del suolo. Proviamo a individuare, con l'aiuto dei geologi, alcune delle zone di pericolo. La prima è a Genova, Val Bisogno. La minaccia viene da un'antica frana, detta di Prato Casarile. La collina è crollata parzialmente sbarrando il torrente e formando un laghetto. Quando piove con intensità, nel laghetto si accumulano 300-400 mila metri cubi d'acqua. La collina è in lentissimo movimento e può provocare l'apertura della diga formata dalla vecchia frana. Un'ondata di acqua, fango, pietrame, si rovescerebbe sulla Val Bisogno e sui quartieri genovesi già colpiti dall'alluvione del 1970. Per tamponare sono disponibili 150 milioni. Sarebbero necessari alcuni miliardi. «Non ci piace apparire profeti di sventura, prevedendo frane e alluvioni», mi dicono Nosengo e il suo collega Pierre Maifredi, geologo che conosce palmo a palmo la Liguria. «Non vogliamo accusare amministrazioni pubbliche che non hanno colpa del passato e non hanno mezzi per fronteggiare il dissesto su larga scala. Ci limitiamo ad avvisare preventivamente perché si faccia il possibile a tutela dell'incolumità pubblica, smettendo l'abitudine di minimizzare». Mi ricordano che nel caso tragico del Vajont l'enorme frana era prevista. Riprendiamo la rassegna. Ancora a Genova, e ancora in Val Bisogno, frane in movimento lungo il Rio Torbido. Il letto del Bisogno, ripulito dopo l'alluvione, è parzialmente ingombro di detriti nella parte coperta; la foce del torrente è sbarrata da un cumulo di ghiaia. Sono in lentissimo movimento le colline di S. Eusebio, Bavari, Struppa. Nell'attesa di grandi opere allo studio, come i. bacini di laminazione che dovrebbero smaltire le piene, i geologi insistono per una catena di punti di rilevamento e per un sistema di allarme. In Riviera l'analisi si frantuma in una nebulosa di frane vecchie, nuove, imminenti. Nosengo e Maifredi mi guidano lungo un itinerario interminabile. Mi limito ad alcuni esempi. Capo Vado: grave pericolo. Capo Noli: pericolo sull'Aurelia, benché esistano buone barriere paramassi. Varigotti: forti piogge o mareggiate violente potrebbero causare addirittura la sparizione della sede stradale nella zona franosa della «Fiorita», tanto più se continuerà il transito abusivo di autocarri pesanti. A Finale Ligure è notissima la situazione critica della Caprazoppa. Capo Mele: i lavori di allargamento dell'Aurelio hanno messo in moto gli strati inclinati, che scivolano lentamente verso il mare. All'altezza del faro l'Aurelio poggia su una coltre di detriti non sufficientemente consolidati. Altre frane sono prevedibili nelle lottizzazioni verso Andora. Capo Cervo: strati in movimento, situazione pericolosa. Capo Berta: la strada litoranea, costruita irresponsabilmente, minaccia di frana totale l'Aurelia sovrastante. A Sanremo Capo Nero tende a slittare, come la strada di collina che collega la città all'autostrada. Notissima la franosità nella zona «Funtanin», a Ventimiglia. L'itinerario si allunga a dismisura passando alle nuove strade provinciali e comunali. Valgono pochi campioni. La Noli-Voze-Magnone, già franata, mette in pericolo alcune case. Sulla Finale-Tovo S. Giacomo quattro frane in un chilometro, strati in movi-mento. L'allargamento della strada che porta da Borghetto S. Spirito al Giogo di Toirano minaccia enormi frane. Crollerà immancabilmente un tratto della Alassio-Caso. «Non transiterei di notte, con pioggia battente, sulle provinciali e comunali costruite negli ultimi anni. C'è il rischio di vedersi sparire la strada davanti all'automobile», mi dice Pierre Maifredi. Torrenti insidiosi Altre insidie vengono dai torrenti che solcano i centri turistici costieri, correndo in parte sotto le strade e le piazze. Il Teiro ha già causato danni a Varazze, ma non si tratta di un caso isolato. Situazioni analoghe si hanno lungo tutta la Riviera, con l'aggravante dell'incuria, dello scarico di rottami, rifiuti e detriti nei torrenti, in secca, per gran parte dell'anno. Non va dimenticato il dissesto di piccoli centri storici, privi di ogni manutenzione e scalzati alle fondamenta. I geologi mi indicano Ceriana, alle spalle di Sanremo: sotto le case fatiscenti l'acqua penetra negli strati, li frattura, provoca cedimenti. «Per un serio piano di risanamento, pur limitato alle zone più importanti, occorrono vent'anni e più di 1000 miliardi. Per ricostituire i boschi dove sono utili, con specie adatte, occorrono generazioni», dicono i geologi. Aggiungono subito: «Queste stime non devono però giustificare l'inerzia. Qualcosa si può fare subito; lo dimostrano le opere in corso nella Valle Stura, dove i danni di grandi piogge sarebbero probabilmente limitati rispetto allo scorso anno; e intanto prevedere sistematicamente per risparmiare vite umane, imporre il ritorno al rispetto dell'ingegneria e delle leggi naturali nella progettazione di opere pubbliche, prime le strade. I vecchi manuali vanno riletti, per correggere la presunzione della civiltà delle macchine». Mario Fazio