In Cile si cancellano anche i fantasmi

In Cile si cancellano anche i fantasmi CADE PERSINO IL MITO DI ALLENDE NEL PAESE DOMINATO DALLE SPIE In Cile si cancellano anche i fantasmi Dell'ex presidente si ricordano soprattutto gli errori politici - Ma nemmeno Pinochet ha fermato l'inflazione: dal suo palazzo-fortezza controlla un popolo in miseria - La diaspora degli intellettuali è stata fortissima SANTIAGO — Si può arrivare in Cile con l'animo distaccato del turista, oppure con l'occhio indagatore del politico, ma in entrambi i casi si resterà delusi. Nelle strade della capitale non echeggiano arpe, niente musica da Inti IIlimani, niente folclore indio, ma neppure risuona il passo cadenzato delle ronde. Succede cosi ogni volta che una dittatura diventa regime: che cioè il suo aspetto repressivo va a nascondersi nelle pieghe del quotidiano, non si lascia più sorprendere dalla macchina fotografica del passante. SI, è vero: il palazzo della Moneda mostra ancora i segni della battaglia, ma se a cinque anni di distanza da queir 11 settembre è possibile vedere ancora le tracce del bombardamento sulla facciata dell'edificio, è per puro calcolo politico, e non perché i lavori vadano a rilento. Il generale Pinochet nel frattempo si è fatto costruire un enorme bunker a prova di cannone, l'Edificio Diego Portales. che è l'attuale sede della Junta. molto più sicura della Moneda in caso di golpes o di alzamientos. Cosi sicuro da non doverlo difendere con schieramenti di soldati: due sentinelle all'ingresso e basta, quasi per rappresentanza. E poi, che pericoli corre Pinochet? Quasi nessuno. Anche se è cresciuta l'opposizione (o meglio, il malcontento) di una certa borghesia e degli intellettuali, le formazioni armate sono state distrutte completamente. Non solo, ma la gente pensa che la libertà, il ritorno della democrazia, se ci sarà non verrà attraverso la guerriglia, ma sarà semplicemente deciso a Washington. In questo senso, la Santiago di Pinochet somiglia alla Budapest di Kadar, cinque anni dopo la rivolta. Una città sfibrata, rassegnata, pacificata per convenienza, non per intima persuasione. Ma anche le somiglia nei lineamenti urbani, nei colori grigi e severi delle strade, nella vocazione balcanica delle sue architetture, e persino nella degradazione di interi quartieri, quell'aria délabrée da oltrecortina, di cosa deperita e lasciata andare. La verità è che Santiago non è Sudamerica. Anzi mi chiedo che senso abbia quella lunga striscia di terra che guarda il Pacifico, mentre tutta la sua storia è rivolta verso l'Atlantico. Perché il Cile non è America Latina neppure nei colori, o nei cognomi della gente di città, o nelle facce che incontrate per via. Quelle fisionomie cesellate, quei corpi sottili che passeggiano svelti sul Paseo de Ahumada (l'isola pedonale più frequentata) stretti nei cappotti contro il vento gelido della Cordigliera, non fosse per le capigliature corvine o certi lampi dello sguardo, sembrerebbero più giusti nella cornice di Regent Street. Nuovo orgoglio Europa, insomma. E forse questo spiega perché la vicenda cilena sia rimasta addosso più a noi, in Italia, che non, ad esempio, in Messico o in Perù. Proprio a noi che siamo rimasti tra i pochissimi a non riconoscere il governo dei generali, e anzi a esserci votati a un culto di Allende che non esiste nemmeno qui, né in altri Paesi sudamericani. Se chiedo, ad esempio, quali prove esistano che Allende si sia suicidato prima che i carabineros irrompessero nella Moneda, trovo risposte ancora oggi evasive, tutto sommato indifferenti. «La verità, dicono, è più facile che la sappiate voi in Europa...». Ormai ha poca importanza, per i tre milioni di santiaguinos. come Allende abbia perso la vita. Ma che il regime sia riuscito a far credere (persino ai suoi detrattori) che egli ab bia puntato il mitra contro se stesso per un gesto di orgo glio. fa parte della hispanidad di questo popolo, hidalgo e in genuo allo stesso tempo. Ep pure Allende non ha lasciato rimpianti. Oggi la gente, al di là della congiura che lo rove¬ sciò, vede soprattutto i suoi I errori politici, la grossolanità di certe posizioni, i danni derivati da quell'eccesso di demagogia. «Bisognava fare la coda per tutto, anche per il latte!» lamenta qualcuno. «Nessuno mungeva le vacche, nessuno lavorava la terra». La vecchia borghesia che nei ristoranti tipici ama esibirsi nella cueca, l'antico ballo tradizionale cileno, e volteggia con grazia agitando il fazzoletto, ne ha approfittato per diffamare Allende anche sul piano umano. «Lo sa che aveva la cantina piena di champagne?». Oppure: «Quella è la casa dove don' Salvador riceveva la sua amante...». Anche questo succede, quando gli idoli vanno in polvere. Perché alla fine l'efficienza conta più delle utopie. Così adesso i santiaghini vanno orgogliosi del loro metrò (costruito dai francesi e aperto due anni fa) dimenticando che il progetto risale al primo governo socialista. Intanto sui micro, i piccoli autobus cittadini simili a carrette colorate, la folla si pigia nelle ore di punta. Dicono che prima c'erano i soldi, e niente da comprare. Ora è il contrario. Persino Gucci ha aperto in centro un sontuoso negozio, ma i salari sono da fame rispetto al costo della vita. E non è raro che un professore di liceo (pagato cinquemila pesos al mese, cioè 250 mila lire circa) sia costretto, per quadrare il bilancio, a fare il tassista nel pomeriggio. Nemmeno Pinochet ha fermato l'inflazione, né la continua ascesa dei prezzi, e questo è forse il suo scacco maggiore. Voleva, come a suo tempo i colonnelli greci, moralizzare il Paese, ma sul quotidiano nazionale El Mercurio (tiratura 300 mila copie) si possono leggere molte inserzioni pubblicitarie di massaggiatrici, del tipo «masajes relax, absoluta reserva» oppure le offerte molto velate di «seiioritas expertas». Si dice in Cile che l'esercito è prussiano, la marina è inglese, l'aviazio- I ne è americana. Ed è vero che o o i e n , - nessuno. come il cileno, è fie ro di portare un'uniforme. Però in gire non si incontrano soldati o posti di blocco o carri armati fino alle due di notte, quando inizia il coprifuoco e chiudono i locali notturni. Ma se appare, come ho visto una mattina davanti alla cattedrale, un gruppo di donne con dei cartelli che reclamano il figlio o il marito scomparsi, ecco che d'incanto si materializza la polizia per disperdere ìa dimostrazione. / "desaparecidos,, La questione dei desaparecidos è ancora una spina nel fianco di un governo che cerca una vernice di rispettabilità, anche se nel fiume Mapocho adesso non galleggiano più cadaveri restituiti dalle camere di tortura. E ugualmente non si può passare accanto allo stadio senza provare un brivido, al ricordo di quando, per mesi, fu trasformato in lager di prigionieri politici. Dall'alto del Cerro San Cristòbal. la collina che sorge al centro di Santiago, si può vedere una brutta città di case basse con qualche grattacielo, e tutto attorno la cerchia delle callampas. le baracche di legno e paglia che si estendono per chilometri, come nel sobborgo di San Bernardo, dove vivono i diseredati, che il regime chiama con eufemismo poblaciones jovenes, insediamenti giovani, come si trattasse di un parco nazionale. Anche la famigerata Dina, la polizia segreta, ha cambiato nome. Si chiama Cni (Centro nazionale investigazioni), ma dietro la nuova etichetta si nasconde la stessa realtà. E' finita la resistenza armata, ma sta crescendo in compenso l'opposizione intellettuale. Due settimanali, Hoy e Ercilla si contendono il pubblico radicale, guardati a vista da una censura che finge di essere tollerante, ma che in realtà sorveglia soprattutto radio e televisione. La diaspora degli intellettuali è stata fortissima, e ora il Paese è impoverito, anche di cervelli scientifici. Un amaro umorismo sorregge i sopravvissuti. Si parla di una nuova Costituzione, ma intanto sono state distrutte le liste elettorali, e ci vorranno degli anni per rimetterle insieme. Alla casa dello scrittore, il presidente dell'associazione mi riceve con queste parole: «Siamo in pochi perché molti di noi sono all'estero» e aggiunge con sarcasmo «per motivi di salute...». L'Università del Cile era un faro del Sudamerica. Venivano a iscriversi studenti dal Perù o dalla Bolivia. Ora non più, sono rimasti loro, orfani dei docenti migliori, a girare per i cortili con il poncho portato sopra i blue-jeans, come un'identità riscoperta, un ritorno alle radici divenuto ora di moda. La Santiago di oggi ricorda la Milano del '44. Gli stessi cappotti rovesciati due volte, le mense povere dei ristoranti per impiegati, quell'andare frettoloso dei passanti, una miseria portata con dignità, e spie dappertutto. Questo dunque è il Cile di oggi. Ma se è spaventoso che per cinque anni sia stato sottoposto a una dittatura spietata, è più spaventoso ancora che si sia «normalizzato». Cioè che la violenza esteriore abbia lasciato il posto a una più sottile e intima violenza: quella dell'autocensura, quella che si esercita sulle coscienze anziché sui corpi. I nuovi eroi sono i vincitori del totocalcio cileno, che qui si chiama Polla Gol; sono i calciatori, ì tennisti, tutti coloro che stanno alla larga dalla politica, celebrati dai giornali con titoli e fotografie in prima pagina. «Per un pezzo abbiamo vissuto, mi ha confessato uno scrittore di cui non farò il nome, come gli intellettuali del dissenso in Russia. La polizia poteva bussare alle nostre porte ogni notte. Adesso è finito quest'incubo. Abbiamo imparato la libertà del silen- Carlo Castellaneta