Otto anni per il ragazzo parricida Ora si spera nella grazia di Pertini di Liliana Madeo

Otto anni per il ragazzo parricida Ora si spera nella grazia di Pertini Roma: la condanna dopo 7 ore di Camera di consiglio Otto anni per il ragazzo parricida Ora si spera nella grazia di Pertini Alla lettura della sentenza Marco Caruso è scoppiato in pianto - Il presidente del tribunale ha cercato di consolarlo - Un funzionario ha subito recato l'esito del processo al Capo dello Stato ROMA — Il tribunale dei minorenni l'ha riconosciuto colpevole del reato di omicidio volontario non premeditato e l'ha condannato a una pena di 8 anni e 10 mesi di reclusione, oltre a 100 mila lire di multa e all'interdizione per cinque anni. Il presidente non ha ancora finito di leggere il dispositivo della sentenza, che Marco Caruso — il piccolo parricida da un anno recluso a Casal del Marmo — scoppia in un pianto dirotto, in un lungo straziante singulto. Sono le 6 di sera, nella brutta luce della piccola aula del tribunale le facce dei presenti sono livide. L'attesa della decisione dei giudici è durata sette ore. Dal gruppo dei familiari del padre padrone, che aveva assunto le dimensioni simboliche del male e del terrore nella mente sconvolta del figlio allora quattordicenne, si levano gesti scomposti, imprecazioni, grida. «Tua madre dovevano condannare! Tua madre doveva essere 21», urla una delle zie di Marco. Il ragazzo si abbandona sulla spalla di un agente di custodia, cercando anche riparo dai flashes che implacabili, con la rapacità solita con cui l'immagine vuole impossessarsi del dolore di chi non può esimersi, lo bersagliano senza sosta. Marco si gira verso i parenti e grida a sua volta: «£' tutta colpa vostra! Che cosa volete ancora?». Gli inviti alla calma dei giudici si mescolano agli spintoni dei fotografi, alla ressa di quanti sono riusciti a prendere posto nella piccola aula. Appena si fa un po' di calma il presidente fa avvicinare Marco e gli spiega il senso della sentenza. Gli dice, con parole quiete: « Vedi, Marco, in questo momento non puoi capire. Ma nel dibattimento tu stesso hai dato un giudizio morale di questa vicenda, hai detto che hai sbagliato. La pena che ti abbiamo dato è estremamente mite, per un delitto che resta molto gra¬ ve. Il discorso non finisce qui, ma prosegue oltre quest'aula di tribunale, presso chi dovrà occuparsi di te e non l'ha fatto debitamente in passato. La nostra riflessione è stata lunghissima. Anche tu devi riflettere su tutto quello che è accaduto, anche a prescindere dalla possibilità di liberazione — fra non molto — per te, perché ciò serva di stimolo a costruirti una vita migliore». All'improvviso una gran fretta sembra assalire tutti. Cala un silenzio generale. La folla si disperde alla chetichella. Marco riparte verso il carcere minorile, scortato da alcuni agenti in borghese. La nonna e le zie, allontanandosi, continuano a profferire parole di minaccia, recriminazioni, pesanti accuse alla madre del ragazzo. E' con questa immagine di paura e di violenza appena controllata, che si conclude il primo round della vicenda giudiziaria che ha visto sul banco degli imputati un ragazzo appena quindicenne, su cui grava l'ombra del delitto compiuto esattamente un anno prima nell'appartamento occupato dalla famigliola di Angelo Caruso, ufficialmente venditore ambulante, nelle pieghe della sua vita ricettatore, rapinato-, re, piccolo despota all'interno del suo clan e dei concorrenti' «in affari». E' stata una lunga giornata, formalmente concentrata intorno a pochi momenti decisivi: l'arringa dell'avvocato difensore, la breve replica del pubblico ministero, la parola — per un momento — all'imputato (che si è limitato a dire: «Lo condanna è niente per me, anche perché il padre lo avrò sempre sulla coscienza'), la camera di consiglio, la sentenza. Ma i motivi di riflessione e di sconcerto, per chi non è abituato a consumare nella routine esperienze tanto drammatiche, sono stati innumerevoli. Alle 10,20 è arrivato Marco Caruso: pantaloni viola, giacca grigia, camicia bianca Liliana Madeo (Continua a pagina 2 in sesia colonna) Roma. Marco Caruso dopo la sentenza che lo condanna a otto anni di reclusione

Persone citate: Angelo Caruso, Marco Caruso, Pertini

Luoghi citati: Roma