Le contesse e i soldati di Nunes Vais di Angela Bianchini

Le contesse e i soldati di Nunes Vais FOTOGRAFÒ CON VERITÀ GLI ITALIANI A CAVALLO DI DUE SECOLI Le contesse e i soldati di Nunes Vais ROMA — Nella mostra fotografica di Mario Nunes Vais, sistemata nella sala Barbo di Palazzo Venezia a Roma (durerà fino al 10 dicembre), c'è di tutto: dalla stupenda e straordinariamente moderna contessa Spalletti, diadema dominato da aureola di leggerissime piume di struzzo, occhi fondi valorizzati da grande trucco scuro. Posa statuaria, con echi orientaleggianti, bellissimo braccio e polso incatenato da perle a più giri posato su capitello, fino alle esercitazioni di un reggimento in Toscana. La colonna di artiglieria, con pezzi montati su carri e i soldati dì cavalleria che fanno da scorta sullo sfondo, muove su una strada polverosa e bianchissima, con pochi cipressi scarruffati; i soldati hanno le uniformi e la peculiare plasticità di certi quadri di Fattori oppure, più vicini ancora, dei fotogrammi viscontiani di Senso. Con la contessa Spalletti cosi come l'attrice Lyda Borelli (anche qui grandi paillettes ma mani protese in imprecisata dedizione, e polsi avvinghiati da braccialetto a forma di serpe) che sta nel grande ovale del manifesto della mostra stessa, ci troviamo nel primo quarto di questo secolo. L'e¬ sercitazione dell'artiglieria risale, invece, fino al 1892. L'eclettismo, la non-scelta sembra, di primo acchito^ja dimensione di Nunes Vais, straordinario «dilettante» (intesa, la definizione, non con, carattere limitativo, ma, inve- ce, nell'identificazione con il «non professionista», il quale dà, liberamente, il meglio di sé), che per circa mezzo secolo, ma a cavallo di due secoli, fotografa gli italiani. Gli italiani nelle fotografie dì Mario Nunes Vais si intitola la mostra, ed è giusto che sia cosi, quando si comprenda che gli italiani ci sono proprio tutti, visti da una certa angolazione, ma senza distinzione di classe: dal domestico della bellissima villa toscana Nunes Vais a Pian dei Giullari, è ha l'aria felice mentre serve i rinfreschi ai signori, a certe immagini ormai storiche della intellìgenclja italiana dell'epoca, da D'Annunzio a Pirandello a Papini. A tutti, insomma. Singolare è l'angolazione da cui è colta l'Italia con gli Italiani. Nunes Vais nasce nel 1856 a Firenze, da agiata famiglia israelita e, terminati gli studi all'Istituto svizzero, si dedica all'attività di agente di cambio cosi come già faceva suo padre. Vien fatto di pensarlo come un Italo Svevo, diviso tra una professione mercantile e un'aspirazione artistica. La distanza degli anni probabilmente ci inganna: fotografare è un'arte meno dolorosa dello scrivere e si concilia assai meglio con il mondo degli affari. Inoltre le fotografie di Nunes Vais, anche quelle di personaggi famosi, parte delVestablishment, gli attori, gli scrittori, perfino la regina Margherita, ancora in lutto, e la regina Vittoria a passeggio su un landò, a Firenze, sono ritratte senza enfasi, senza esagerazioni: prevale sempre il desiderio di testimoniare, anzi, di fissare un che di me-' morabile prima che venga perduto. Il curioso, semmai, sta nella disparità delle testimonianze: sempre «collettive», come osserva Oreste Ferrari nella prefazione al bel catalogo (curato da Maria Teresa Contini), sempre collegate a feste, a cerimonie, a «qualcosa che sia pure a livello liminole fa spettacolo». Talvolta lo spettacolo è dolorosissimo: la partenza degli emigranti da Genova (e anche qui, d'istinto, si pensa a tante fotografie, anonime e no di arrivi, di questi stessi emigranti, a Staten Island) o la cerimonia mezza militare, mezza di prigione che si svolge in una Pia Casa di Lavoro per Corrigendi, a Firenze. Ma nella frenetica attività di Nunes Vais, che si protrae fino alla morte, nel 1932, questi momenti non vanno sopravvalutati. Come appare da questa mostra, assai più chia- ramente di quanto non si fosse potuto giudicare nel 1974. a Firenze, Mario Nunes Vais, dopo gli ultimi due decenni dell'altro secolo rivolti a fotografie, per cosi dire, di genere, si dedica prevalentemente alla ritrattistica, concepisce, anzi, l'idea, mai realizzata, di offrire parte dei suoi ritratti a un «Pantheon iconografico», promosso dalla Biblioteca Medicea-Laurenziana. L'originalità di Nunes Vais sta, in fondo, proprio qui. Alcune di queste fotografie (Marconi, D'Annunzio, la Duse e tanti altri) divennero cosi celebri che, nel ritrovarle, proviamo quello shock of recognition che Oreste Ferrari considera come la molla vera e insostituibile, tutta sensualità non disgiunta da umorismo, della fotografia dell'artista fiorentino. Certo, non funziona per tutti. Davanti alle immagini delle ciociare con violette a Largo Chigi o al ritratto di Armando Falconi, si aggirano giovani abbastanza critici. Dichiarano: «So' tutti ricordi». Hanno ragione. Fuori, piazza Venezia è buia pesta, col selciato rimosso, e i sampietrini ad alti mucchi quasi si trattasse delle rovine di Cartagine. Angela Bianchini La contessa Spalletti fotografata da Mario Nunes Vais