Sibilla: le passioni d'una vecchia signora di Lietta Tornabuoni

Sibilla: le passioni d'una vecchia signora NEI DIARI L'ALERAMO SEGRETA Sibilla: le passioni d'una vecchia signora Che fortuna: finalmente un diario che non ricrea affatto il clima politico e culturale di un'epoca, che non ne rispecchia per niente la storia né il costume, che ne evoca malissimo i personaggi. Invece, qualcosa di straordinario: un diariopersonale vero, autentico, d'una sincerità magari inconsapevole, magari dovuta a mancanza d'ironia, ad autoindulgenza vanesia, a spregiudicatezza senile. Il Diario di una donna pubblicato da Feltrinelli va dal 1945 al 1960. dai sessantanove agli ottantaquattro anni di Sibilla Aleramo. L'egocentrismo dell'età accentua il narcisismo di grande bellezza e di letterata, all'amore per gli uomini si è sostituito l'amor proprio: perdutamente, l'autrice di Una donna parla di sé. Se vive avvenimenti storici, ne fa un'occasione per richiamare il giovane amante: «Mussolini è stato giustiziato... Ho telegrafato a Franco incitandolo a fare una corsa qui. che la proclamazione della pace ci trovi separati mi sembra cosa troppo ingiusta, ma lui capirà? E potrà? Il mio povero cuore batte all'impazzata». Oppure li considera fatti personali: «Dopo cinquantanni che attendevo che alle donne del mio Paese fosse concesso questo diritto, per la prima volta ho potuto votare». Altrimenti cita appena, sbrigativa: «L'effetto della bomba atomica è stato meno spaventevole di quel che si temesse»; «Aprile 1948. una gran malinconia ho nell'anima per questo trionfo del clericalismo italiano»; «E' morto Stalin!». Se incontra gente interessante ne scrive distrattamente, con definizioni ovvie o sciatte, e non azzecca un giudizio: «Parlato con Sartre, simpatico»; «Ricevuto il poeta Cesare Pavese, semplice, schietto»; «Togliatti ha un modo di ridere tutto suo. delizioso di spontaneità»; «Eluard. grande poeta e grande compagno»; «Visitato Alberto Savinio. intelligentissimo»; «Cocteau. intelligenza, fantasia, grazia fuse insieme in grado supremo»; «Giulio Einaudi molto timido, sorriso esitante di bimbo»; «Maria Antonietta Macciocchi, donnina volonterosa e sincera». Con esattezza e pathos racconta invece al suo diario l'essenziale: come va la salute, come ha dormito, che tempo fa. chi è morto e quanti anni aveva meno di lei. chi l'ha complimentata per la sua bellezza dicendo cosa, in quanti l'hanno applaudita, cosa prova leggendo e rileggendo sue vecchie opere o antiche lettere d'amore, di che colore erano i fiori donatile, chi l'ha ricevuta con omaggio e chi invece s'è fatto negare, com'è riuscita a scrivere ancora una poesia, quant'è inutile, lento e pesante Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, quant'è chiaro che in Anna Banti (e del resto anche in Virginia Woolf) l'intelligenza «preclude il varco alla genialità». Racconta la sua lotta per la sopravvivenza, la povertà comune a tanti nel 1945, ma per lei anche in seguito abituale «spettro della perfetta indigenza», terrorizzante nella vecchiaia: le mancano i soldi per la legna, se vuole scaldarsi deve impegnare l'orologetto d'oro, vendere la mantellina di volpi; s'aiuta con i pranzi, l'ospitalità, gli abiti smessi, le buste con danari, i vaglia offerti dagli amici ricchi. Annota: «Potrò andare infine a prendere un bagno caldo alla pensione Fabbello mediante cento lire», «da Moravia a ritirare un pacco con pagnotta e caciotta consegnatogli da Franco a Fermo, dove Moravia ha tenuto una conferenza e di dove è tornato indisposto per indigestione». E riepiloga le lunghe brutte giornate spese a postulare una pensione, un vitalizio, un sussidio, un tanto, una elargizione, una somma, «mentre Cardarelli di pensioni ne ha quattro o cinque, oltre alla direzione "onoraria" della Fiera letteraria e al regalo d'un apparecchio televisivo!». Confida al diario la sua disperazione amorosa: «In tutto il mondo, non più un uomo che mi ami e che io ami. Atroce miseria. atroce definitivo squallore». A settant'anni l'a-, mante trentenne l'ha lasciata sola, dopo nove anni di intensa relazione. Gli amori del passato non rivivono, vengono appena elencati con l'indiscreta e compiaciuta incredulità dei vecchi verso la propria giovinezza, quasi esibiti come prove di un'esistenza smentita dal presente: «Il mio rapporto con Giovanni Cena cui mi rubò la violenta passione di Lina P . la "fanciulla maschia"», «L'altra e più tragica unione con quel disgraziato di Cardarelli». «Il rapido idillio con Giovanni Papini finito così desolatamente», «La passione assurda per Um- berto Boccioni, amore non ricambiato cui dovetti rinunciare dolorosamente». «D pittore Michele Cascella che mi guarì in parte della nostalgia per Boccioni». «Giovanni Boine per il quale lasciai per sempre Cascella e col quale non vissi che pochi giorni». «La tragica esperienza con Dino Campana». «Il breve legame con Enrico Emanuelli». «Salvatore Quasimodo dal quale fui lasciata brutalmente». Certi sdegni non si cancellano («Per tutta la mia vita han fatto circolare la leggenda che m'ha consacrata Messalina, divoratrice di sesso, io!»), ma la nuova passione è diversa: «Dopo essermi tutta la vita illusa nella creazione d'amore per singoli individui, ecco, la mia fede comunista è la sola cosa concreta, e le strette di mano dei compagni operai il supremo conforto». All'inizio del Novecento, ricorda Fausta Cialente nell'introduzione al Diario di una donna. Sibilla Aleramo era stata «un fertile ed eccezionale esempio per il suo impegno sociale e per le sue iniziative culturali» legati ai moti socialisti del tempo, per l'esame della condizione femminile nella famiglia schiavista condotto in Una donna, per le battaglie di emancipazione. Quarantanni dopo, il diario registra: «Ho avuto la visita di Fabrizio Onofri accompagnato da Antonello Trombadori. Simpatici giovani, un po' dottrinari. Sperano che io mi iscriva al partito.. Forse mi deciderò, presto. Sarà un atto di adesione morale. ». Molto di più. Durante quattordici anni, sino alla morte nel 1960. per il pei fa conferenze, letture di versi e viaggi in Urss. Polonia, Cecoslovacchia o Ungheria, si mobilita nelle campagne elettorali, siede alle presidenze, firma appelli, partecipa a giurie anche per l'elezione della «bella repubblicana», scrive articoli, compone poesie magari intitolate «Russia alto paese» o «Pugno chiuso - Visita alla Fiat». Troppo zelo. «Togliatti m'ha detto di trattare di preferenza soggetti letterari. Non è necessario ch'io scriva di propaganda. "La propaganda", ha affermato, 'la fai con la tua firma"». Togliatti l'affascina: «C'è qualcosa nell'espressione del suo volto veramente singolare, un'animazione che ha del taumaturgico... una forza di vita, una potenza umanissima, una sottigliezza che emana calore e fiducia. ». Col suo diario si vanta d'essere «convinto e fedele membro del partito, pur non traendone vantaggi materiali». Ma il pei le dà nuovi lettori, nuovo status, e una nuova celebrità che la consola di altre frustrazioni: «Nonostante il Premio Versilia, in sei mesi si sono smaltite solo 320 copie di Selva d'amore: scritto a Mondadori molto amaramente...». Il pei le rende omaggio, le pubblica libri, l'aiuta a vincere premi, le offre soggiorni ad Amalfi, le procura collaborazioni giornalistiche, la finanzia: «Pajetta m'ha consegnato 50.000 lire»; «Al partito ieri mi sono fatta dare un biglietto gratis, di prima classe, andata e ritorno per Torino»; «Arrivo stamane d'un giovane, compagno latore d'una lettera per il mio ottantesimo da parte delia segreteria del partito e di un dono di 200.000 lire. Inaspettato assolutamente! Grande silenziosa emozione»; «Pajetta m'ha esortato a scrivere a Togliatti perché chieda al compagno miliardario di Milano. Feltrinelli, di interessarsi all'acquisto del mio diario inedito, da pubblicarsi dopo la mia motte». E' appunto questo straordinario Diario di una donna, ritratto dell'artista da vecchia, testimonianza senza censure d'un gran personaggio di poetessa italiana. Lietta Tornabuoni Sibilla Aleramo in un'immagine che risale al novembre '42

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Milano, Polonia, Russia, Torino, Ungheria, Urss