La modista di Fontana di Giulia Massari

La modista di Fontana I RETROSCENA DI UNA MOSTRA DEDICATA AL GRANDE ARTISTA La modista di Fontana Vissero una storia d'amore quasi ottocentesca - Sposati, Teresita Rasini non vide mai lo studio del maestro - Ora, vedova da dieci anni, è rimasta lei a difenderne e a valorizzarne l'opera MILANO — Fra ritardi e rimandi, crisi di sconforto e piccole rabbie, intervenuta solo alla fine la tanto attesa impresa delle pulizie, la mostra dedicata a Lucio Fontana si è inaugurata, martedì 28. alla presenza del sindaco Carlo Tognoli. Occupa alcune sale dell'ex palazzo reale: in altre, già Piranesi e i Longobardi fanno pensare a un momento fervido per l'arte, a Milano. Quadri, disegni, ceramiche, e una stanza che funzionerà da biblioteca, contenente tutti gli scritti sull'artista scomparso e macchine moderne per ottenerne le fotocopie, costituiscono la mostra di Fontana, fatta In parte delle opere della collezione Boschi e in parte di una donazione della vedova, Teresita Basini, e messa su con impeccabile geometria degli spazi da Gabriella Drudi, Zeno Birolli e Antonello Negri. Un raffinato scritto di Giorgio Manganelli (L'ironia teologica dì Fontana, ed. Multhipla, Milano) è un altro omaggio all'artista scomparso dieci anni fa, e al suo progetto per una porta, la quinta del Duomo di Milano. Ritardi e rimandi e burrasche si spiegano e giustificano, la mostra di Fontana essendo il primo passo d'un programma molto ambizioso, cioè la sistemazione d'una galleria di arte con¬ temporanea in questa sede: fra due anni, dicono gli ottimisti. Della donazione alla città di Milano, Teresita Basini si occupa da tempo. Eguale intento non è mai riuscito a Burri. Ma le vedove sono più energiche, e quella di Fontana in modo speciale. La donazione è fatta, anche se ancora priva degli ultimi atti ufficiali. Teresita Basini è una donna di sessantanove anni, dall'aria fragile e dura assieme. Era una modista, quando conobbe l'artista, e veniva da Lodi. Come in un romanzo dell'Ottocento, cucendo le sue gale, scegliendo le trine giuste, Teresita vide, attraverso una finestra, a Milano, un bell'uomo che alzava gli occhi dal cavalletto per guardare verso di lei: verso un'altra lavorante, per la verità. Si innamorò, di colpo. Lei aveva diciotto, lui ventotto anni. Vennero gli appuntamenti, i cappuccini che inebriavano come assenzio, i biglie ttini e i fiorellini, e i sospetti della mamma, a Lodi, che vedeva la ragazza sempre più magra e nervosa. Finché Teresita, una sera, perse il treno che la riportava a casa. «Passai la notte con lui», racconta, con un bel rossore, ma tutta ridente. Si sposarono solo dopo molti anni. Lui, 11 futurista dell'età elettronica, passava attra¬ verso molte esperienze, di vita e di arte. Lei rimaneva nel negozio che Fontana le aveva messo su. Aspettava. Non molti la conoscevano, perché anche nello studio di Corso Moniorte lei non metteva piede, ma tutti sapevano della sua esistenza e del costante ritornare di Fontana alla sua piccola modista. «Io poverina tante cose non le capivo', ricorda la signora, e non si sa bene che cosa non capisse, se la pittura o la irritante vitalità del marito. Poi Fontana mori, e Teresita si trovò di fronte all'eredità. Si mise a studiare : le opere del marito, tutte le sue opere. 'Capii che dovevo difenderlo dagli sciacalli-, racconta. Sciacalli erano i tanti amici veri o improvvisati, sciacalli i galleristi che lo avevano esposto, e ora accampavano troppi diritti. La donna semplice, che niente sapeva d'arte, d'improvviso diventò competente per tutto ciò che il marito riguardava, rivelando energia e durezza, qualità che forse Fontana aveva in lei sospettato già tanti anni fa: perché alla fine, sia nella semplicità, che nelle doti pratiche, c'era fra i due una vera somiglianza. 'Un museo che contenesse tutta la sua opera mi faceva pensare a un monumento fu nebre, e io volevo che rimanes¬ se vivo-, dice Teresita, guardando le fotografie del suo bell'uomo, eretto, gli occhi di fuoco. Ora le mostre, le piccole donazioni a musei, le organizza tutte lei. Le tante opere che Fontana ha lasciato stanno in un luogo segreto vicino Milano dove la sua vedova passa molte ore, 11 decidendo a chi dare un quadro o una ceramica, dove organizzare esposizioni. Un po' frettolosamente, talvolta. La mostra del 1977 al museo Guggenhelm di New York non ebbe molto successo, altre mostre hanno avuto fortune alterne. Un artista non vive solo perché lo si espone in una città o in un'altra. La sua sorte è più fragile e vaga, sensibile a ogni vento la sua bandiera: a un artista, può persino fare bene il silenzio. La vedova di Fontana questo non sa. Ora parla di una grande esposizione a Beaubourg, ora si dice sicura che studiosi accorreranno nella saletta di Milano a studiare gli scritti su Fontana. 'L'ho capito guardando la gente, alla inaugurazione, dice. Commossi, silenziosi, come si deve essere davanti ai capolavori-. Molti, quella sera, erano gente che cupamente pensava alle deserte strade di Milano da traversare nella notte senza luci. Giulia Massari

Luoghi citati: Lodi, Milano, New York