Il pci contrario a una crisi vuole la verifica a gennaio di Luca Giurato

Il pci contrario a una crisi vuole la verifica a gennaio Anche se i leaders giudicano insufficiente il rimpasto Il pci contrario a una crisi vuole la verifica a gennaio A Botteghe Oscure prevale la prudenza - Berlinguer e Amendola incalzeranno Andreotti per fare «rispettare gli accordi programmatici» e far approvare le leggi attualmente in discussione ROMA — Tra i mugugni di una base inquieta ma in sostanza fedele, il pei continua k rinviare le sue scelte irrinunciabili. Giorgio Napolitano, tempo fa, disse che dicembre era una mese decisivo: o si raccoglieva qualcosa di concreto nella azione di governo o i comunisti avrebbero mollato la maggioranza. Proprio Napolitano, ieri, in una intervista al Corriere sposta, sia pure di poco, questa scadenza, e guarda all'inizio del nuovo anno come momento decisivo per i rapporti -tra maggioranza e governo, in particolare tra il pei e il governo-. Anche stavolta, però, dalle parole del leader comunista non emerge un tono da ultimatum. Il pei rimane nel guado e si prepara ad un congresso nazionale sull'onda di sempre nuovi rinvìi. La de, infatti, non cede. Ha chiesto un mini-rimpasto e. alla fine, il rimpasto è stato addirittura super-mini, malgrado le fortissime pressioni delle «Botteghe Oscure» su Palazzo Chigi. Quando, l'altro giorno, Berlinguer è sceso nel cortile della presidenza del Consiglio dopo il colloquio con Andreotti sul rimpasto, il suo volto di sfinge non ha tradito neppure per un attimo malumore o delusione. Per la prima volta nei suoi incontri con i giornalisti, il leader comunista ha però lasciato cadere una domanda, che suonava più o meno: ma non avevate sempre detto che se Andreotti non faceva il maxi-rimpasto avreste reagito nel modo più intransigente e duro? Non sappiamo se il breve silenzio di Berlinguer è giunto, attraverso la tv. alla base sterminata del suo partito. Di certo, a questa base un po' -violentata- nei suoi slanci anti-dc ma quasi monolitica al momento del voto (••il pei può perdere qualche piuma, ma la sua forza è intatta-, dice Amendola come in una sfida) giunse l'eco di un recente comizio di Berlinguer al Palazzo dello Sport di Bologna. In quella occasione, il leader comunista chiese ufficialmente la testa del ministro dello spettacolo Pastorino e lasciò intendere che almeno altri due-tre ministri dovevano prepararsi ad abbandonare le loro poltrone. Nei giorni successivi, in via confidenziale, non fu difficile sapere dal pei quali ministri Berlinguer voleva con le valigie in mano. Invece, è andata come è andata. Pertini ha firmato un solo decreto e Berlinguer, dal cortile di Palazzo Chigi, ha ricordato che il pei si batterà «in Parlamento perché siano attuati prontamente gli accordi programmatici e perché le leggi in discussione siano approvate prontamente. E' questo un discorso che riguarda soprattutto la de, che in alcuni casi (e il più clamoroso è quello dei patti agrari) tenta invece di rimettere in discusssione gli accordi presi*. Battaglia, dunque, in Parlamento. Un proposito giusto e onorevole. Tutto però da verificare. Sappiamo di dire una cosa sgradevole alle orecchie dei leaders e dei massimi tutori delle istituzioni, ma nelle vicende politiche pochi argomenti suonano poco convincenti come i buoni propositi in Parlamento. Alle Camere, per ora, ci si è quasi sempre limitati a registrare realtà decise altrove, in nome di tattiche e strategie magari nobilissime, che però hanno svilito la reale funzione del Parlamento. Sappiamo anche, però che Berlinguer è in ottima fede e che, dal Quirinale, Pertini è deciso a riabilitare al massimo la funzione del Parlamento. Dunque, per il pei, ipotesi di "Verifiche- nei primi mesi del '79, lotta in Parlamento e duro lavoro sulle tesi in preparazione di un congresso nazionale (in primavera) che dovrà pur dire qualcosa di nuovo sulla strategia, un po' appannata, del "Compromesso storico-. Come si vede, è una linea coerente ma sempre più prudente, in nome, si dice nei documenti ufficiali delle «Botteghe Oscure», dell'unità della maggioranza e di un rilancio dell'azione del governo, contro «il partito della crisi-. Piacciono, i «picco/i passi-, la coerenza e la pruden¬ za di Berlinguer, agli altri leaders comunisti, ai quadri intermedi, alla «base» che fa mancare qualche iscritto, che mugugna ma che poi vota? Per la stragrande maggioranza, almeno sino ad ora, la risposta è positiva, anche se è una risposta senza entusiasmo, fredda, ragionata, tutta tesa a spiegare perché «si deve fare, perché altrimenti non si può fare-. Qualcuno tace, anche ad alto livello. Contro questi silenzi, sempre significativi, si scaglia, con la consueta, appassionata veemenza. Giorgio Amendola. -Sono contro il mugugno interno che non sbocca in prese di posizioni nette, esplicite e pubbliche, nelle sedi opportune— ha dichiarato in una bella intervista a "La Repubblica" —. Nel nostro partito, ciascuno può esprimere liberamente le sue opinioni, noi non mangiamo i nostri oppositori-. Non sempre è stato vero. Un tempo di certo non lo è stato ed oggi non è vero del tutto, anche se Amendola, che ovviamente conosce il pei più di noi. vuol precisare che -oggi nel pei c'è piena libertà di parola, ma purtroppo ben pochi ne fanno uso-. Nel pei (lo dice uno dei suoi massimi leader storici) si può criticare la linea e la gestione del partito, ma sono in pochi a farlo. Eppure, in un partito che si prepara ad un congresso nazionale, questo dovrebbe essere il momento buono per portare avanti un discorso critico. «Se non parlano, è colpa loro-, insiste Amendola mentre è già cominciata la ridda di ipotesi che si scatena nella lunga vigilia di ogni congresso comunista. Luca Giurato

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