Roach, una leggenda per il boom del jazz
Roach, una leggenda per il boom del jazz Il batterista al Teatro Alfieri Roach, una leggenda per il boom del jazz TORINO — C'è ancora spazio per le leggende.Dato confortevole quando dal '66 la fretta ha contagiato anche il jazz. «Moderno è bello», uno slogan che ha perso d'attualità. Ora anche il pubblico, dopo i musicisti, scopre il passato per vedere più chiaro dentro l'arcipelago jazz. L'altra sera all'Alfieri — tanta folla, qualche incidente per eccesso di entusiasmi — era di scena Max Roach (53 anni), il batterista afroamericano che è già nella leggenda accanto ai Parker, ai Gillespie e ai Monk, rivoluzionari degli Anni Quaranta, architetti e ideologi del «bebop» ecc. Poteva essere una lezione di musica e invece si è assistito a un concerto che ha divertito tutti anche se per il pubblico abituato al Palasport, il passaggio quasi brutale dal familiare Ginger Baker — tanto per fare un nome — a un Roach imponeva la scelta di ottiche che possono produrre effetti traumatizzanti. L'essenziale, quasi scarno, discorso dì Roach è infatti la prova di un allarmante contrasto con la plateale gestualità delle star del «pop» tutte «sangue, sudore e polvere da sparo», dai «Blood. Siceat and Tears» (appunto) in poi. I nuovi fans dell'Alfieri hanno subito aderito alle proposte radicali di Roach riconoscendolo autore e solista di una musica senza compromessi, una musica che ha sempre rifiutato la mercificazione. Ancora una conferma (dopo i festival dell'estate) che il jazz esce dal ghetto degli specialisti per confermarsi spettacolo per tutti. Roach, salito sul palcoscenico torinese dopo uno sfortunato viaggio da Roma, rimediava alla stanchezza ripiegando talvolta sulle risorse di un mestiere e di una classe rari. Franco Mondini Max Roach
Persone citate: Blood, Franco Mondini, Gillespie, Ginger Baker, Max Roach, Roach
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