Matacic spiega il Boris che inaugura il Regio

Matacic spiega il Boris che inaugura il Regio Il maestro è direttore e regista di Mussorgski Matacic spiega il Boris che inaugura il Regio TORINO — Alle mani di Lovro von Matacic sono affidate le sorti del Boris Godunov che inaugura, domani sera, la stagione lirica del Regio. Il maestro jugoslavo, che compirà l'anno prossimo l'ottantesimo anno, oltre a essere il direttore d'orchestra è anche il regista dello spettacolo, il che ne garantisce, sin dall'inizio, l'unità di concezione, premessa indispensabile per la sua riuscita. Gli chiediamo quante regìe ha firmato sinora. «Una ventina, a partire dalla Turandot di Belgrado nel 1939. Ma determinante è stato per me rincontro con Wieland Wagner con cui ho fatto il Lohengrin e la Valchiria: Wieland era la modernità, la genialità unita a un rigoroso rispetto per lo spirito dell'opera. Da lui ho imparato che il teatro dev'essere comprensione immediata di luogo, trmpo e azione, pur nella consapevolezza che il gusto è cambiato e non si può più fare oggi quello che si faceva prima». Come vede il Boris? «Non è un'opera; non è un musikdrama, piuttosto lo definirei una cronaca storica con musica, politica in musica come il Don Carlo e 17ncoron<uio7ie di Poppea. Boris. Pimen, il falso Dimitri sono personaggi affascinanti: persino Schiller ha iniziato a scrivere un Demetrio, rimasto incompiuto. Ma il protagonista è il popolo: per questo all'inizio, prima del preludio, il popolo verrà alla ribalta, in silenzio, a imporre la propria presenza: e il popò-1 10 chiuderà l'opera, disposto sulla scena nello stesso modo in cui si trovava sotto Boris a i simboleggiare che la liberazione di Dimitri è ingannevole, come dice l'Innocente compiangendo, alla fine, il destino della Russia. Che personaggio questo: pare uscito dalla penna di Dostoevskij L'opera sarà dunque nella versione integrale... Von Matacic fa un gesto di esclamativo stupore: «Ma certo, assolutamente! Compresa la scena finale e tutto l'atto polacco, con Marina, il suo amore, la festa notturna, il duetto: 11 la musica è diversa perché deve essere diversa». Quale versione ha utilizzato? «Quella originale di Moussorgski. La versione Rimski, solitamente eseguita, è migliore in alcune parti per lo strumentale ma purtroppo Rimski ha modificato anche l'armonia, togliendo le asperità, e questo è inammissibile». Von Matacic mi fa vedere la partitura, le due redaeiom della scena dello studio di Boris, con i miglioramenti apportati da Moussorgski alla seconda versione. Dalla prima 11 direttore ha estratto quattro minuti di musica per legare, nel primo atto, la scena della cella con quella dell'osteria indi la scena dell'osteria con lo studio di Boris: due brevi ponti musicali per evitare il silenzio durante il mutamento di scena. Poi mi parla della regia, delle scene allusive di Augustincic e della coreografia di Zlata Basic, vera • copilota» nella realizzazione d'un progetto maturato nell'estate scorsa, La conversazione si snoda a lungo, facilitata dall'invidiabile italiano di Von Matacic che è un misto di imprecisione fonetica e di proprietà di vocaboli. Il maestro ripercorre le tappe della sua vita, dalla nascita a Susak, in Croazia, agli studi classici a Vienna, capitale dell'Impero, epicentro musicale d'Europa: le prime esperienze nel coro dei Wiener Saengerknaben. la scoperta del Tristano che il vegliardo, con un tocco di indulgente ironìa, identifica nel ricordo con la primavera della pubertà: «Sentire il Tristano. a 14 anni: crolla un mondo...». Poi le prime tappe della carriera, l'incontro con i grandi direttori come Furtwaengler, Richard Strauss, Erich Kleiber, Bruno Walter, Knappertsbusch: gli inizi a Osjek con l'operetta e la successiva conquista di tutte le piazze musicali più importanti del mondo. Ma. nonostante il peso di tanto passato, Von Matacic è un uomo proteso verso il futuro: «pània rèi, tutto scorre — mi confida —: non si possono più fare le cose che si facevano ieri», e mi parla delle sue musiche, di una recente Ballata per archi, due pianoforti e percussione scritta in una sorta di lìbera dodecafonia; poi del suo interesse per la musica contemporanea che dirige regolarmente alla Biennale di Zagabria e che considera un grande arricchimento. Ma nel suo pantheon musicale domina un nume: Monteverdi, il più grande di tutti, il grande rivoluzionario del passato. E congedandomi rivolge un pensiero di gratitudine alla Filarmonica di Berlino che in occasione del suo ottantesimo compleanno gli ha offerto di dirigere il Vespro della Beata Vergine, nel prossimo febbraio, in versione integrale. Paolo Gallarati

Luoghi citati: Belgrado, Berlino, Croazia, Europa, Russia, Torino, Vienna, Zagabria