Un genio e una industria di Giulia Massari

Un genio e una industria LE MANIE, IL SARCASMO DI UN "ANTIPATICO,, Un genio e una industria AVARO — Un universo femminile, di ordine un po' militaresco ha sempre ruotato attorno a Giorgio de Chirico: la moglie Isabella Packswer (in arte Isabella Far), la governante Vincenzina, la segretaria Teresa, cameriere. Quasi mai il visitatore è riuscito a parlare col pittore sema che una delle tre fosse presente, soprattutto Vincemina, che ha avuto sempre l'incarico dì impedire che il maestro si abbandonasse a qualche inconsulto — ma per la verità raro — gesto di generosità. Ma scoppiato lo scandalo dei falsi sopravvenne per qualche giorno una certa confusione. Lui faceva finta di nulla. Una sera raccontò che molti anni fa un editore gli aveva proposto di pubblicare tutte le sue poesie, e anche qualcuna inedita, se lui voleva dargliela. «Inedite no — disse de Chirico —. Bisogna stare attenti ai falsi». «Ma come, se sono inedite, se me le dà lei...». «Appunto». Si distrasse di nuovo, lisciandosi i capelli lunghi e bianchi, e poi: «Proprio non vuole una tartina? Ce ne sono anche al caviale. Costano care. Almeno se ne incarti due». Comparile prima di tutte la governante Vincenzina. PRESUNTUOSO — Questa sua casa di piazza di Spagna, Giorgio de Chirico l'ha sempre molto amata. Con i suoi rasi e damaschi, i divani Luigi XVI e gli argenti, i quadri e le sculture incorniciati o poggiati su perspex essendo più una residenza che una casa, ha forse appagato il suo gusto alto borghese, così come lo appagavano certi alberghi e certe abitudini, l'hotel Continental e il Biffi a Milano, il Florian di Venezia, per esempio il Punt e Mes e le gomme marca Elefante e certi dolci. A proposito di questa casa e di questa piazza, un giorno, nel caffè Greco, dopo aver controllato che al suo apparire ci fosse il solito mormorio e il consueto accennare («guarda de Chirico, quello 11, quello bianco»A osservò die il posto non gli piaceva più, cosi moderno. E piazza di Spagna? «Piazza di Spagna — rispose — è un'altra cosa. Se è vero che è il centro del mondo, e se Roma è il centro del mondo, mia moglie e 10 non potevamo abitare che nel centro del centro del mondo». SINCERO — E il caffè Aragno d'un tempo? Al ricordo del caffè Aragno e della famosa terza saletta dove un tempo andava con amici che si chiamavano Bartoli, Cardarelli, Spadini, 11 maestro si commuove. Lui a quei tempi si appassionava alla tecnica. Studiava, ricercava. Un giorno, un giovanotto gli disse: «Non si può, oggi, dipingere come Rubens! ». E lui: «Può darsi, ma prima lei ci provi». METAFISICO — Cos'è stato il periodo metafisico, per lei. maestro? La domanda, gliel'hanno posta in molti, in tanti anni. Lui una volta ha risposto: «Con la metafisica ho fatto perdere la testa ai pittori del Novecento. Li ho avviati per una strada di perdizione. Ho fatto come l'uomo del flauto magico coi topi: mi sono diretto al fiume, li ho trascinati nella corrente, poi sono tornato a riva e ho ripreso la strada giusta, che è quella dell'arte classica». FAMILIARE — Col fratello Alberto Savinio, morto nel 1952, de Chirico fu sempre molto legato. Gli dava in principio, quando erano giovani, dei consigli. «Non mescolarsi coi surrealisti», per esempio. Ma perché? «Perché sono gente ostile e cretina». Di quel fratello, ha sempre ricordato tutto. E' capitato spesso, in questo ultimo periodo, di incontrarlo con la nipote Angelica, figlia di Alberto. Per la strada, lui bianco e eretto, bel signore del Rinascimento, come diceva Apollinaire, lei bionda e ridente, trascinata da un cane festoso, chiacchierando con un 'amica. Con la sua voce bassa e paziente, de Chirico recitava, per esempio, «per la faccenda bieca - lasciatemi sostare - sul vostro cuore, sorelle città...». Sapeva a memoria tutti i versi del fratello. Bello, bello, ripeteva. CAUSTICO — Quando la galleria romana Toninelli ha esposto il gran quadro di Renato Guttuso dedicato al caffè Greco, è sembrato dapprima che Giorgio de Chirico non volesse andare a vederlo. Poi si è deciso. Ha guardato il quadro e il suo ritratto e ha osservato: «Guttuso è stato sempre bravo a disegnare le mani». BANALE — -.Maestro, maestro, che emozione per lei ritrovarsi in Grecia, ripensare alla sua rude terra di Tessaglia, al fratello amato, alla sorellina rapita innanzi tempo, alla mamma... dinanzi a quei templi che l'hanno ispirata...», diceva, quasi piangendo, un cronista della televisione italiana. E luì: «Ho una sola vera emozione, che la televisione mi abbia pagato questo viaggio». POCO AMATO — Giorgio de Chirico non è mai stato molto amato, in Italia. La sua formazione culturale, la passione per il pittore Arnold Boecklin, l'aver studiato Schopenhauer e Nietzsche, hanno sempre suscitato sospetto o irritazione. Roberto Longhi lo chiamava «il Dio ortopedico», Giulio Carlo Argon diceva che il suo torto era aver voluto ripetere all'infinito ciò che aveva fatto di buono. Quando tornò dalla Francia in Italia, Mino Maccari fece uscire sul Selvaggio questi versi: «Non quando li prende - ma quando li rende Parigi ci offende». I NOVANTANNI — Quando ha compiuto novantanni, Parigi, che già lo aveva eletto fra gli Immortali, lo ha festeggiato prima dell'Italia, fra l'altro allestendo una mostra concepita come un gran bazar all'Artcurial di avenue Matignon: tele, acquerelli, oli, disegni, sculture e sculturine in bronzo e argentone. Una raccolta di scarti, secondo parecchi. A chi glielo faceva osservare, de Chirico rispondeva: «Io non sono un pittore, ma soltanto un genio e un'industria». UNA DEFINIZIONE — La più bella, di Jean Cocteau. De Chirico? Un pazzo che si crede de Chirico. LA CONCLUSIONE — «Picasso e de Chirico sono i due fatti che dominano l'arte del secolo XX». E' del critico francese Waldemar George. Giulia Massari

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