Liz Taylor «Cleopatra» in Usa di Ennio Caretto

Liz Taylor «Cleopatra» in Usa Il miliardario Warner (ultimo marito della diva) eletto senatore Liz Taylor «Cleopatra» in Usa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Tra curiosità e disapprovazione, tra polemiche e pettegolezzi, Washington sì accinge ad accogliere, la settimana prossima, la star emersa dalle elezioni cosiddette di mezzo per il rinnovo delle Camere. La star non è Durenberg, il repubblicano che ha espugnato la fortezza democratica del Minnesota, patria del vicepresidente Mondale e del compianto Hubert Humphrey; e neppure Bill Bradley, l'ex campione di pallacanestro dei Knicks di New York che giocò anche in Italia, sociologo ed economista, a 35 anni il più giovane oltre che il più alto dei neosena■ tori. E' Elizabeth Taylor, l'ultima vera diva di Hollywood, legittima consorte (la terza) del miliardario John Warner, eletto al Senato nel collegio della Virginia, con uno scarto di 4500 voti su più di un milione e duecentomila. Scrive il Washington Post che /'«establishment» politico freme all'idea di aprire le sue porte a una attrice pluridivorziata, troppo sensibile agli uomini e agli amanti, capricciosa e intemperante, e che inter¬ preta ancora parti scabrose alla televisione, come quella di una matura docente unil'ersitaria innamorata di un allievo. Esso non avrebbe posto per signore dai modi e dai trascorsi discutibili, i cui unici rapporti col potere si sarebbero risolti sugli schermi o nella camera da letto, e che nutrirebbe ambizioni troppo grandi. Se il Washington Post non erra, i salotti - bene- della capitale contemplano di mantenere ad ogni costo le distanze dalla «Cleopatra del Potomac» (il fiume cittadino), come Elizabeth Taylor è stata subito chiamata in ironico riferimento al film con Burton. In realtà, dal giorno delle nozze con John Warner, il comportamento della star è stato irreprensibile. Liz Taylor ha dedicato ogni energia alla beneficenza e alla carriera del marito. Ha venduto il famoso diamante da quattro miliardi regalatole da Burton per fare costruire un ospedale. Ha partecipato gratuitamente a spettacoli e manifestazioni per l'infanzia. Ha indetto raccolte di fondi, tenuto comizi, è intervenuta a tavole rotonde. L'umore popolare ha colto la sdlpiv sua scelta di un ruolo secondario, la sua maturazione, l'impegno fattivo, e ha votato per John Warner. Senza di lei, il miliardario non avrebbe vinto. La riserva dell '«establishment» di Washington nei confronti della Taylor trabocca di contraddizioni. Esso ignora il dibattito sulla preparazione politica di Warner, che è approssimativa, sul costo della sua campagna elettorale, che sembra abbia sfiorato i 5-6 miliardi; sull'esiguità della vittoria, che potrebbe anche rendere necessario un controllo dei risultati dei calcolatori; sulle candidature dei partiti e sui problemi di fondo, l'inflazione, il dollaro, le tasse. In certe situazioni, l'«establishment» trova più facile chiudere gli occhi sugli errori e le incongruenze del sistema che integrare chi non risponde ai suoi canoni di rispettabilità e conformismo. Il Washington Post fa notare che è già successo: qualche anno fa, l'abile e forte leader della commissione alle Finanze della Camera, Wilbur Mills, dovette dimettersi perdendo il posto e le amicizie politiche per una avventura con una ballerina, e il peso di Kennedy nella storia americana viene sempre più svilito dal racconto dei suoi incerti amori. Al contrario dei salotti «bene-Tgli elettori hanno dimostrato col voto di saper distinguere tra privato e pubblico. Nelle elezioni dì mezzo dei sei deputati e senatori coinvolti in scandali di tipo personale, cinque sono stati confermati: soltanto il leader negro Brooke ha pagato con la sconfitta il divorzio dalla moglie, una italiana sposata alla fine della guerra. Per questo, il subbuglio di Washington su «Cleopatra» sta diventando anche una misura del divario crescente tra il potere tradizionale e i cittadini negli Stati Uniti, e getta nuova luce sull'isolamento del primo e l'insoddisfazione dei secondi. Il Paese è assai più avanti dello «establishment», preoccupato della sostanza e non della apparenza delle cose, e tollerante. Non gli importa nulla se Elizabeth Taylor rappresenti un problema mondano; importa molto che John Warner faccia un buon lavoro. Ennio Caretto