Pulcinella dissacrato di Massimo Mila
Pulcinella dissacrato IL TEATRO ITALIANO TRA SCAPIGLIATURA E VERISMO Pulcinella dissacrato Tre giornate di dibattito animato al Gabinetto Vieusseux sui testi teatrali, i libretti d'opera, gli autori dialettali, l'interpretazione - Non si rappresentano "Tristi amori,, e "Come le foglie,, DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE — Insieme con una mostra su Adelaide Ristori, inaugurata con la presentazione di Alessandro D'Amico, si è svolto per tre giorni in Palazzo Strozzi il convegno promosso dal comune di Firenze e dal Gabinetto Vieusseux su «Teatro tra Scapigliatura e Verismo». Larga la partecipazione di relatori alle quattro tornate seguite all'introduzione di Ruggero Jacobbi. presidente dell'Istituto nazionale d'Arte drammatica, e alla tavola rotonda conclusiva. Due le categorie di partecipanti, gli studiosi di livello universitario e gli operatori teatrali, con forte prevalenza della prima. Di gente di teatro c'erano Orazio Costa, Giorgio Guazzotti, Lamberto Trezzini e, tra il pubblico, sempre numeroso e partecipe, Squarzina e Faggi. La critica teatrale militante rappresentata da Poesio. della Nazione. Le tre giornate di relazioni, seguite da discussioni animate e non dispersive, hanno dato molto più di quanto il titolo promettesse o limitasse: l'intera storia del teatro nell'Italia unita, com'ebbe giustamente a osservare Squarzina in un intervento estemporaneo. Il tema si articolò in tre direttive: un discorso sulla drammaturgia, innestato dalla relazione di Siro Ferrone; un discorso sull'attore e sul complesso problema dell'interpretazione (relazione di Cesare Molinari e interventi di Gino Livio, di Costa e dello scrivente); aspetti dell'organizzazione teatrale, finanziamento, intervento dello Stato, censura ecc. (relazione di Wanda Monaco e intervento di Trezzini nella tavola rotonda. Il discorso sui testi, cioè la storia del teatro tra Scapigliatura e Verismo, fu affrontato da due punti di vista: geografico e cronologico. Silvana Monti trattò del teatro dialettale al Nord, soffermandosi a titoli di esempi-campione su Bersezio, Giacinto Gallina e Bertolazzi: mentre a colmare il doloroso vuoto lasciato dalla morte di Vittorio Viviani, gli scrittori Rea e Pomilio diedero luogo a una vivacissima sceneggiata storico-critica sul teatro napoletano (da Petito a Scarpetta e a Raffaele Viviani), dove Rea si produsse in un implacabile dissacrazione di Pulcinella, appoggiata a una folgorante citazione da Domenico Arcoleo. I tre decenni del teatro della nuova Italia furono illustrati nelle relazioni di Fran¬ ca Angelini, Stefano Jacomuzzi e Roberto Tessari, mentre Folco Portinari trattò della librettistica rifacendosi a due sorprendenti libretti di Ghislanzoni. purtroppo non suffragati validamente dalla musica di Cagnoni e di Gaetano Braga e al libretto della Contessa d'Amalfi del Peruzzini per la musica di Petrella. Infine il giovane Roberto Bigazzi trattò con serrata argomentazione del rapporto attraverso cui la narrativa alimentò come una linfa vitale a più gran parte del teatro di quell'epoca. Animatissima la tavola rotonda conclusiva, cui presero parte Costa, Poesio, Guazzotti, Trezzini, Gino Livio e il sottoscritto, sotto la coordinazione più stimolante che moderatrice di Ruggero Jaccobbi: il tutto in una perenne otta col cronometro, tante erano le idee che nascevano l'una dall'altra nel corso dell'animata discussione. Timida impressione conclusiva di incompetente: ma perché non si rappresentano più testi come Tristi amori Come le foglie, La moglie ideale, I mariti, se sono cosi significativi come ci avete spiegato? Risposta, più o meno esplicita ma concorde, degli specialisti: -Ma perché non stanno più in piedi». Solo che, oggi, parlare di bello e di brutto, è proibito e squalificante. - Massimo Mila Vittorio Bersezio scrisse «Le miserie d' monssii Travet»
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