Il «cittadino militare» e sergenti vecchia maniera di Francesco Santini

Il «cittadino militare» e sergenti vecchia maniera Che cosa cambiano gli Anni Settanta nella tradizione dell'Esercito italiano Il «cittadino militare» e sergenti vecchia maniera ROMA — Torna il «grigioverde» nelle immagini del Paese scosso dalla crisi. Lo sciopero negli ospedali, con le cucine da campo sistemate nei piazzali, riporta le divise tra la folla. Un flash di tristezza in questo autunno degli autonomi: il Policlinico di Roma con i parenti dei malati in un applauso per gli uomini con le stellette. Le uniformi erano scomparse dalla libera uscita l'ultima domenica di agosto dell'anno passato. Una circolare del ministro Lattanzio per mutare gli scenari dei pomeriggi festivi. Kappler era fuggito dal Celio. Il ministro stava per lasciare la Difesa: volle, anticipando il Parlamento, la sua piccola rivoluzione «per avvicinare» l'immagine delle Forze armate al Paese, per rendere meno traumatico il rapporto «Stato-soldati». Sono trascorsi quindici mesi. Vivono le nuove leve una stagione tranquilla. Altre angosce turbano l'istituzione militare alla vigilia di un mutamento profondo. Si volta pagina nelle caserme. Un convegno del pei registra, a Udine, «una fase nuova nella vita delle Forze armate». Un momento con molti traumi sconosciuti. Una commissione di senatori entra «dentro i muri della patria» per un'inchiesta sulle condizioni dei militari. Visita Cassino e Caserta. Tocca Grosseto e Livorno. Si spinge a La Spezia. Valuta il processo di «democratizzazione», si documenta sui battaglioni. Ha già aumentato la paga del soldato: 1000 lire ogni giorno. Si prepara, nel viaggio, a rispondere al governo che mette insieme, nel chiuso degli Stati Maggiori, il «regolamento di disciplina» e i criteri per l'elezione degli «organi di rappresentanza», il 21 luglio '78, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, sono diventate legge dello Stato le «norme di principio, per le Forze armate. Ventisei articoli per delineare la nuova immagine di chi porta le stellette, e fare del militare un •cittadino-militare ». In gennaio, la ricognizione «dentro» l'esercito toccò alla commissione Difesa della Ca-, mera. Anche allora, La Spezia. Le caserme si imbellettarono. Si impedì, per quel giorno di visita eccezionale, l'uso della toilette. E' il ricordo di un marinaio. -Fummo costretti — racconta — a spingerci nei gabinetti delle celle». L'episodio è di gennaio, sembra remoto. Che cosa vedranno i parlamentari in quest'autunno d'attesa? Un ufficiale, che ha in tasca la tessera di socialista, traccia un'analisi rapida. Cinque anni fa, la riforma era una utopia. Venne il «grigioverde» col pugno chiuso e il volto coperto da un fazzoletto rosso. Alla contestazione dei proletari in divisa, si affiancò quella dei sottufficiali. Oggi dalla sedizione si è passati allo sconforto. Dalle polveriere di rabbia e di spontaneismo, che erano le 250 caserme italiane, si è arrivati ai «grandi parcheggi» sui confini delle città oppresse dalla disoccupazione, con le reclute che si lasciano vivere «convinte di non perdere nulla, perché nulla le attende». Vivono le Forze armate sul finire degli Anni 70 una stagione di identità confusa. Nella crisi della società, per loro si innesta il trauma del cambiamento. Raccontano di ufficiali subalterni e di sergenti «di ferro», carichi di rimpianto per non poter più •sbattere sugli attenti la sporca recluta». Descrivono frustrazioni profonde e l'ufficiale socialista avverte: «Siamo noi militari il nuovo Mez¬ zogiorno d'Italia». Dice di una sensazione, ripetuta, di inefficienza. La scontentezza nei gradi intermedi è profonda, il rancore al massimo. L'inattività, completa e prolungata negli anni, dei 1282 tra generali e colonnelli promossi «a disposizione», ha dato il colpo più grave. In dicembre, con la legge 804 che scatta, andrinno in pensione. Ma la loro inerzia forzata s'è trasmessa a raggiera. A casa, a fine anno, per diventare i più giovani pensionati d'Italia. Oscillano, nell'età, tra i 45 e i 50 anni. Nulla avevano da comandare, nulla da decidere. Se ne vanno lasciando chi resta nell'incertezza. «Eravamo arrivati con l'entusiasmo — dice un colonnello — che cosa siamo diventati?». Si ritrovano anziani, hanno vissuto per anni con le valigie in mano, pronti al trasferimento. Per chi non ha trovato spazio nell'industria lo stipendio porta insoddisfazione. E nulla che venga dai politici. «Una elargizione ogni tanto, quando l'inflazione è insopportabile, purché si stia tranquilli». Muta, nell'istituzione militare, il rapporto con i partiti. Oggi non ne è più vietata l'iscrizione ma l'ufficiale so¬ cialista ripete: «restiamo nel ghetto». Il mutamento ora è avvenuto. Per gradi, e non poteva non seguire il variare profondo della vita associata. L'esercito, da molti anni, non è più quello di De Amicis e neppure quello idealizzato dei romanzi militari di Olivieri San Giaco1 mo, all'inizio del secolo. Tramontano i ricordi più recenti i degli ufficiali letterati. Gli I scrittori Edgardo Sogno che ; riportano al periodo fascista I sono scomparsi. Restano nel: le biblioteche delle «gerar| chie». Ma anche qui si respira ! aria nuova. Spariti gli attendenti, scomparsa con i nuovi j «principi di disciplina» l'obbeI dienza cieca, gli alti gradi si adeguano. Cinque anni fa, a , Messina, un generale, indi; spettito per non essere stato | salutato a dovere mentre pasI sava in automobile, fece suo! nare l'adunata. Volle tutti gli ; uomini sulla piazza d'armi. Al i centro del cortile fu sistemata ; la vettura vuota. Ad uno ad ! uno, tutti i soldati dovettero ! sfilare in un saluto impeccaj bile. «Osrgi sarebbe impensaI bile, anche se più sottili sono j le costrizioni». i Partono in duecentotrenta¬ j ; ; : j I | , , ' j 1 j ! ■ I I ; j mila ogni anno. Età media, ventidue anni. Con la cartolij na precetto in mano e una ; grande rassegnazione sul vol; to. Entrano, per dodici mesi, : nella più grande industria del j Paese: le Forze armate. MezI zo milione di dipendenti e un | bilancio che è, per quest'an, no, di 4313 miliardi. Vanno ad , adempiere al «sacro dovere» ' della difesa della patria, come detta la Costituzione.a «conj correre alla salvaguardia del1 le libere istituzioni», come afferma il primo articolo della •legge sui principi» e qui tutto si complica. Non si spiega in che cosa consistano le libere istituzioni e soprattutto non si identifica — come dice Falj co Accame — -Il soggetto poli! tico che stabilisca quando siano in pericolo e, pertanto, da salvaguardare». Ex co man ■ dante dell'incrociatore IndoI mito, per due anni presidente della Commissione Difesa. Accame teme un'interpretaI zione 'generalizzata e pericolosa», buona per tutti gli usi, ; sino alia tentazione golpista, «mai scomparsa». Un pronunciamento militare, a suo giudizio, «sempre è possibile» ma questo ai militari nessuno j lo dice. Francesco Santini

Persone citate: Accame, De Amicis, Edgardo Sogno, Kappler, Olivieri