I mali di Napoli non guariscono solo coi miliardi di Giuseppe Galasso
I mali di Napoli non guariscono solo coi miliardi Il vero "salto di qualità,, I mali di Napoli non guariscono solo coi miliardi NAPOLI — Il passo col quale i deputati napoletani dei partiti dell'attuale maggioranza di governo hanno presentato alla Camera una mozione sui problemi dell'economia napoletana è sicuramente un buon passo. Tra la rappresentanza parlamentare della città con i suoi problemi quotidiani il rapporto è sempre stato, e rimane tuttora, precario e discutibile. Non parliamo del rapporto con le amministrazioni locali, dal Comune alla Regione. Vi sono, naturalmente, eccezioni di persone e di casi. Ma il distacco tra il livello parlamentare e le altre istanze della vita pubblica rimane cospicuo, confinato com'è, per lo più alla sua dimensione elettorale. Se fosse l'inizio di una consuetudine di interventi e di presenza più costante dei parlamentari, almeno dal punto di vista dei problemi più generali della città, senza complessi di superiorità e senza strumentalizzazioni elettoralistiche, il valore della mozione ne risulterebbe anche accresciuto. Ma la mozione è un buon passo anche da un altro, e più essenziale, punto di vista. Sul problema-dramma della disoccupazione a Napoli, non occorrerebbe più spendere neppure una parola. Le sue proporzioni e la sua gravità fanno risaltare ancora più negativamente le agitazioni, di questi giorni e certi episodi e momenti di sindacalismo selvaggio, dagli ospedali all'aeroporto di Capodichino. Sotto questo aspetto, la mozione dei parlamentari napoletani indica una strada che è la sola suscettibile di dare qualche risultato e la sola compatibile con un minimo di criterio sia dal punto di vista economico che da quello sociale, sia dal punto di vista di Napoli che da quello dell'interesse generale del Paese. La mozione chiede, infatti, un intervento organico a sostegno dell'apparato produttivo di Napoli e in vista di un suo sviluppo. La difesa dell'esistente (Italsider di Bagnoli, Montefibre di Acerra, Rhodiatoce di Casoria, Snia Viscosa) si accompagna alla preoccupazione di ottenere, nuove iniziative o una sollecita realizzazione di quelle già annunciate, a cominciare dalla duplicazione dell'Alfasud di Pomigliano. Punti particolarmente importanti sono la richiesta di «conferire a Napoli la qualificazione di polo principale dell'Industria aeronautica con pai ticolare riguardo all'elettromeccanica»; e il suggerimento di puntare sull'applicazione delle leggi per l'ammodernamento della rete ferroviaria nazionale in vista di un potenziamento delle industrie napoletane del settore (Sofer di Pozzuoli e Avis di Castellammare). Anche prescindendo da altri elementi — e facendo debita parte alla necessità di non... dimenticare niente, che ■ la rende un po' pletorica, — basterebbe ciò a fare della mozione un punto di riferimento più che valido. Non si tratta neppure di ottenere stanziamenti di grandezza astronomica, benché per un problema come quello napoletano la dimensione delle risorse mobilitate sia essenziale^ Per me credo, poi, poco all'automatismo, sempre predicato ed esaltato ad uso degli ingenui, fra l'entità degli stanziamenti sulla carta e il numero dei posti di lavoro che ne verranno fuori. L'importante è che gli stanziamenti non cadano a pioggia, cospicui o non cospicui che stano. L'importante che con essi si configuri non un'ennesima « legge speciale*, ma una strategia complessiva per la città. La mozione dei parlamentari napoletani suggerisce alcuni punti di attacco. A me sembra, inolire, che non vi si delinei con chiarezza il ruolo delle partecipazioni statali, che sole possono costituire l'indispensabile fulcro dell'intervento che si richiede. Ma, in ogni caso, bisognerà rispondere ai firmatari affrettando o respingendo la linea globale di intervento sull'apparato produttivo, il piano di potenziamento industriale a livello di area metropolitana che, con fondato criterio, essi implicitamente suggeriscono di adot-, tare e che rappresenterebbe il vero •salto di qualità* di cui la politica per Napoli ha bisogno. E per farlo occorre anche mettersi in un'ottica particolare. Occorre, cioè, tornare a a a e n o e r e l o, e e ie, l: iaei nai postulati (come un qualche tipo di programmazione, come la centralità del Mezzogiorno e simili) di cui negli ultimi tempi sembra si siano perdute o si vadano rapidamente perdendo le tracce. Si è parlato proprio in questi giorni di «patto sociale meridionalistico». L'espressione è immaginosa e dice, forse, insieme, un po' più e un po' meno di. quanto occorre. Ma non c'è dubbio che essa centri un obiettivo sul quale le responsabilità delle forze politiche e di quelle sociali non ammettono deroghe né evasioni o procrastinazioni. E, infine, pare difficile negare che un discorso per Napoli sia anche uno dei modi migliori di cominciare il rinnovamento del discorso sul Mezzogiorno, di cui pure si continua tanto a parlare, e che in questi giorni, con l'agitazione calabrese, è diventato anch'esso di un'attualità rinnovata, benché sia il più vecchio discorso che dal punto di vista temporale si conduca dall'unità d'Italia ad oggi. Giuseppe Galasso
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