Le boutiques di Parigi assediate dagli scaltri falsari della moda di Donata Gianeri

Le boutiques di Parigi assediate dagli scaltri falsari della moda Stravaganze d'una capitale che ruota intorno al "prèt-à-porter,, Le boutiques di Parigi assediate dagli scaltri falsari della moda PARIGI — In certe date ricorrenti Parigi si riempie sino all'orlo e Queste date coincidono per lo più con i « saloni » alla Porte de Versailles. In settembre ve ne sono quattro contemporaneamente (Salon Interdérni'ere Boutique, Sehm, Salon du Cuir, Salon de la Mode Infantine), che richiamano da tutto il mondo orde di compratori, ma soprattutto di abilissimi copiatori, capaci di fotografare un abito con un solo colpo d'occhio senza perderne un dettaglio e di ricostruirne a memoria l'identikit (vi sono esperti che dopo i defìlés, una volta tornati in albergo, sono in grado di ridisegnare sino a venti abiti importanti sti fogli speciali, che portano già stampata la silhouette femminile). Le stazioni del metrò rigurgitano di folla pittoresca, vestita all'ultimo strillo del momento: stilisti, proprietarie di boutiques, giornaliste di moda, industriali del prètà-porter, hanno ormai rinunciato, per economia o per snobismo, al banale taxi in favore del mezzo di trasporto nazionale. E se un tempo era abbastanza facile risalire dall'abbigliamento al paese d'origine, l'attuale febbre di stravaganza che ha contagiato tutti rende arduo il riconoscimento degli stes- si nostri connazionali, non più d'aspetto impeccabile, ma camuffati secondo il cliché più in voga: le donne coi capelli fìtti di treccine, il gilet foderato di montone, i pantaloni in raso da odalisca, le camicie coi pizzi. ;e unghie dipinte di blu han no accompagnatori dalle barbe incolte, il pantalone a braca, il cupolino musulmano sulla nuca, la scìarpìna alla Fitzgcrald, la scarpa da tennis, il borsetto Vuitton a tracolla. Sono i nuovi italiani fatti in serie, di tipo esportazione. Queste orde fameliche di moda, ricoprono Parigi come una colata di lava, spandendosi dalla Mairie d'Issy agli Champs E'.ysées e occupando tutto quanto è occupabile, dai grandi alberghi a quelli piccoli e un po' sordidi della banlieue, gestiti da tremende megere col sorriso tirato che sibilano francese. I più sofisticati e previdenti, scendono nei piccoli hotels esclusivi della Rive Gauche, da prenotare con un anno di anticipo, come i'Hòtel de l'Université o THòtel de Beaux Arts dove con molta fortuna e 500 franchi per notte si può persino ottenere la camera in cui dormiva Oscar Wilde. I meno raffinati (o impre videnti) finiscono in quei monumentali e commerciali alberghi che Parigi si è preoccupata di costruire in gran fretta per far fronte all'enorme richiesta: ve ne sono di proibitivi, come l'Hotel Meridien, di proprietà dell'Air France, e di estremamente economici come /'Hotel de la Tour, alla Porte de Clichy, un fungo in cemento armalo di oltre mille camere in cui per la modica cifra di 130 franchi per notte (da pagare in anticipo) si ha diritto a una specie di loculo a due letti, arredato in purissima e coloratissima plastica, il comodino arancio, l'abat-jour giallo e bianco a forma di margherita, le poltroncine viola. Non manca neppure una minuscola stanza da bagno, che è un prodigio d'incastri, quasi fosse realizzata col lego: lo sgabello che scavalca il bidet, l'acqua che esce dal portasapone, il water che scompare dietro la porta. In quest'albergo che all'interno ricorda un gigantesco flipper, lampadine colorate, divani e segmenti sgargianti, campanelli che fanno pli-plin di continuo, l'unico servizio è svolto dalla reception, tutto il resto affidato alla buona volontà del cliente secondo il principio del « do it yourself »: vi sono carrelli per trasportare le valigie in camera e da un piano all'altro, ascensori automatici, pranzo e prima colazione self-service. E' il trionfo della praticità e dell'inconforto a 25.000 lire per notte. Se si dorme a qualunque prezzo, si può trovar da mangiare a qualunque prezzo: dai ristoranti costosi e alla moda come «La Colombe» (uno dei più antichi di Parigi, decorato dal pittore Ludwig Bemelmans) ai piccoli bistrots di St-Germain quale «Aux Assassins», sempre inverosimilmente affollato, dove non si prenota, ma si fa la coda all'aperto, anche sotto la pioggia, con allegria. La sera si può vagare per le strade della città senza alcun timore (Parigi è oggi molto più tranquilla di Roma. Milano, Torino: non c'è pericolo di essere scippati, violentati, accoltellati. Merito forse dei flics onnipresenti che senza requie disperdono i capannelli sospetti con un monotono «vite, vite, circulez») Di giorno chi non va per moda, va per musei, magari attratto dalle mostre più curiose: «Scoperta del corpo umano» al Musée de l'Homme; «L'homme et son corps dans la société traditionelle» al Musée des Arts et Tradìtions Populaires; la mostra dei barbuti nel vecchio studio dello scultore Boudelle. a Montmartre (rassegna di ritratti degli uomini famosi d'ogni tempo, purché con barba). E poi, al Louvre, una mostra «significativa» di Piero della Francesca: si attraversa la città, si seguo¬ no mille frecce, si salgono due rampe di scale e si arriva, finalmente, all'esposizione. La mostra di Piero della Francesca consiste in un solo quadro di Piero della Francesca: il ritratto di Sigismondo Malatesta, donato al Museo da Edouard Grosvallet. Anche il fatto di riuscire a costruire una mostra intorno ad un unico quadro senza incorrere nel linciaggio da parte dei visitatori, è un'arte tutta francese. Ma il clou del giorno è la moda: «la mode c'est Paris» conclamano giganteschi affiches da ogni parte, e non v'è nessuno che resista al richiamo di questa sirena. Si viene qui a comprare il modello, a impadronirsi delle ultime novità, a copiare la griffe. E siccome la «firma» va molto e i grandi sarti mettono ormai l'autografo su ogni cosa (la griffe di Cardin figura su 387 prodotti diversi che vanno dai pedalini ai bidets) ecco che si falsifica anche la firma: i mercatini rigurgitano di false H (Hermes) e di false YSL (SaintLaurent). Donata Gianeri

Persone citate: Cardin, Clichy, Edouard Grosvallet, Ludwig Bemelmans, Oscar Wilde, Piero Della Francesca, Sigismondo Malatesta, Vuitton