lo e Paolo Rossi siamo uomini

lo e Paolo Rossi siamo uomini Graziani parla della sua "altalena,, con il vicentino- lo e Paolo Rossi siamo uomini Accadde quasi quattro mesi fa, quando gli azzurri delusero contro la Jugoslavia e la spedizione mondiale sembrava dolorosamente avviata la fallimento: -Mister — disse Francesco Graziani ad Enzo Bearzot — se lei deve far giocare Paolo Rossi, lo taccia pure senza problemi. Capisco la situazione, non creerò polemiche-. Così parlò il centravanti del Torino, allora titolare della maglia numero nove, e fu un I discorso fra uomini. Bearzot sorrise, ringraziò, capì che la sua squadra, a dispetto di ogni apparenza, avrebbe saputo reagire alle critiche e disputare un campionato del mondo all'altezza. Garanzia era la serietà professionale dei suoi ragazzi. Per Francesco Graziani il discorso non fu facile. Uno suda, si fa largo a fatica, conquista sul campo una maglia che regaia responsabilità e gloria, poi, a pochi giorni dall'Argentina, capisce che è venuto il momento di interrogare a fondo se stesso e decide per un atto di coerenza che non per questo costa meno accettare: -Contro la Jugoslavia — ricorda Graziani — mi andò tutto storto. Dietro di me, in attesa, vedevo questo ragazzo, sapevo che con lui in campo le cose potevano cambiare. Cosi parlai Bearzot, mi sembrava la cosa 1 P'ù onesta da fare-. ! A Mar del Piata, contro la '; Francia nella partita d'apertura, giocò dunque Paolo Rossi e fu l'inizio di un campionato del mon1 do che diede soddisfazioni a ca I ter>a. Alla squadra azzurra, al gio | var|e centravanti del Vicenza che 1- " 1 " ' ; risultò alla fine uno dei migliori Francesco Graziani rientrò fra le quinte, ma forse Paolo Rossi avrebbe fatto più fatica ad imporsi se il granata, ancora una ! volta, non avesse ripetuto con coerenza II suo pensiero. E que sto accadde quando la squadra era già in Argentina e la partita amichevole con il Deportivo, il sabato precedente l'avvio, sul campo del Boca, aveva drammaticamente riproposto i vecchi problemi. Paolo Rossi, quel giorno, disputò un bel secondo tempo e gli azzurri sveltirono la manovra in attacco convincendo Bearzot che questa era la soluzione al memento migliore. Il giorno dopo, nel verde dall'Hindi! Club, Graziani parlò per la seconda volta al responsabile tecnico azzurro ribadendo la sua disponibilità a qualsiasi decisione. E Bearzot sorrise e ringraziò. Sono trascorsi quattro mesi e la storia del mondiale è ormai passata alle cronache. Ma per uno strano scherzo del destino, mercoledì al Comunale di Torino, la situazione si è ribaltata. Stavolta toccherà a Paolo Rossi passare il testimone e Francesco Graziani rivestirà in campo contro la Bulgaria la maglia azzurra numero nove. Un colpo da tergo del cecoslovacco Macela, la distorsione al ginocchio, il gesso, Paolino Rossi che accula il gioco duro di tanti difensori e sarà costretto a vedere per televisione i compagni di tante belle partite che tornano per la prima volta in campo dopo la magnifica avventura argentina: -Mi spiace moltissimo per la maglia azzurra — dice l'attaccante del Vicenza — soprattutto perché avrei festeggiato il mio ventiduesimo compleanno giocando sabato a Firenze contro la Turchia. Ringrazio anche Bearzot per avermi ugualmente convocato e voglio approfittare dell'occasione per fare i miei auguri più veri a Graziani. In Argentina si è comportato da vero uomo, questo non potrò mai dimenticarlo-. C'è ammirazione sincera nelle parole di Paolo Rossi, per il giocatore e per l'uomo, e Francesco Graziani non è da meno quando parla dell'amico e avversario, quando a distanza e attraverso il giornale tiene a mandare i suol saluti al collega infortunato: -E' vero che gli incidenti dì gioco fanno parte del mestiere — afferma il centravanti del Torino —, ma la sorte toccata a Paolino è dolorosa. So che da ragazzo ha sofferto molto ai ginocchi, spero che guarisca presto per il bene del Vicenza e di tutto il calcio italiano-. Graziani, nei giorni scorsi, avrebbe voluto in qualche modo dimostrarsi vicino al collega toccato duro dalla sfortuna. Avrebbe voluto fare qualcosa, scrivere una lettera, un telegramma, qualsiasi cosa insomma fosse servito a manifestare il suo affetto e la sua comprensione. -Però ho saputo che l'Infortunio non è gravissimo — dice — che Paolo potrà presto scendere di nuovo in campo, e allora mi ripropongo di parlargli di persona. E' meglio, magari quando Torino e Vicenza saranno avversari in campionato-. Prima gli auguri per la guarigione, con la stessa serietà e coerenza con la quale aveva parlato a Enzo Bearzot quattro mesi fa, poi il pensiero alla Nazionale, alla maglia che torna sulle sue spalle, alie responsabilità che il rientro in formazione può comportare. -Ovvio che sia contento — sottolinea — però avrei preferito riconquistarmi il posto a suon di gol e non a causa dell'Infortunio di un collega. Questo mi rammarica anche se mercoledì scenderò in campo fiducioso e tranquillo. Per me la parti ta con la Bulgaria non costituisce un test, tante volte ho dimostrato ii mio valore e non credo di aver bisogno di ulteriori prove per meritare la stima di chi decide la squadra. Non sento nemmeno responsabilità particolari, o perlomeno non le chiamarei così. Sarò teso, ovvio, concentrato alla gara, ma non penso di avere particolari motivi per sentirmi emozionato o qualcosa del genere. Come gioca Graziani lo sapete tutti: Il morale dell'attaccante granata, malgrado le prestazioni deludenti del Torino in questo primo scorcio di stagione, è abbastanza alto. E' convinto di aver fatto il suo dovere. Graziani, e tiene a precisarlo davanti al mondo: -Ho commesso molti errori — sostiene —, però mi sono sempre trovato nel vivo dell'azione e questo è importante per un attaccante. Si. non mi lamento, anche se i risultati della mia squadra hanno lasciato molto a desiderare. In fondo, e l'ho spesso dimostrato, credo di essere il primo e più feroce critico di me stesso-. Così, con questo quadrato senso della professionalità, Francesco Graziani si appresta a ricevere il testimone da Paolo Rossi. Ma vuole ancora parlare dello sfortunato collega, della triste via grazie alla quale avverrà il suo ritorno un po' amaro alla maglia azzurra: -lo e Paolo Rossi — conclude — non stomo mai stati amici nel senso più stretto e completo del termine. Siamo stati leali l'un l'altro, ci slamo rispettati e compresi, ma non abbiamo avuto modo e tempo di conoscerci a fondo. Abbiamo vissuto due mondiali diversi. Forse se anch'io avessi giocato, se fossimo scesi insieme in campo, avremmo potuto creare un legame basato sulla gioia delle vittorie, un legame più vero. Quando si gioca insieme, ci si parla di più anche nei momenti di relax. Si discute di tattica, si scambiano opinioni sulla partita, si sta di più insieme, insomma. Ma ciò non toglie che lo mi senta molto vicino a Paolo, soprattutto in questo momento. Giuro che sarei rimasto volentieri In panchina pur di vederlo In forma c guarito. Nello sport, come nella vita, bisogna sempre mettere in primo piano l'aspetto umano. Bisogna essere uomini, solo dopo siamo anche macchine da gol-. Carlo Coscia