La costa di Sapri: era un paradiso è diventata inferno di Mario Bariona

La costa di Sapri: era un paradiso è diventata inferno Edilizia e prezzi selvaggi, troppa voglia di "fare turismo,, e molte nostalgie fasciste La costa di Sapri: era un paradiso è diventata inferno Da 25 anni l'ospedale è in costruzione, ma non si trovano né medici né infermieri - Al porto il molo è crollato - Le "triglie d'oro": 15 mila lire al chilogrammo DAL NOSTRO INVIATO SAPRI (Salerno) — Questo è il regno dei Brandi (onorevole psi), e de: Palumbo (costruttore edile). «Non muove foglia — dicono a Sapri — che Palumbo e Brandi non vogliano». Non si sa chi. fra ì due. sia arrivato prima, né se ci siano sempre stati: già dai tempi che repressa la rivoluzione del maggio 1848, Ferdinando dì Borbone instaurava un governo feroce e assolutistico e Carlo Pisacane rivoluzionario senza fortuna (illuso che il popolo fosse pronto a insorgere) sbarcava a Sapri con i suoi trecento e qui dopo aver atteso inutilmente aiuti ed armi veniva ucciso barbaramente con gran parte dei suoi Adesso di Brandi si parla come si parla dei potenti e si dice: «La villa di Brandi», « Lo scafo dì Brandi » etc, mentre di Palumbo alcuni (i forestieri soprattutto che hanno acquistato le prime villette a 5-6 milioni ed ora le rimettono in vendita a 30-50 o 100 milioni) ne parlano come di un «santo», «bisognerebbe fargli un monumento», ed altri (quelli del posto) come di una calamità naturale, che con i villaggi di Viìlammare, di Torre Normanna a Capitello, di Diamante, di Mercaneio, Scario e sulla Sila, ha trasformato la natura e la vita. Dice un ferroviere sul treno che ci riporta a Torino: «Che ce ne importa del turismo, se poi noi che lavoriamo a stipendio dobbiamo pagare le triglie 15 mila lire il chilo e il polipo cinque. I miei parenti fanno i pescatori e quando tornano con la barca dalla pesca, si vergognano perché alla banchina gli dicono "Le triglie son troppo care". Ma guadagnano bene e possono anche essere contenti. Ma chi lavora a stipendio?». A Viìlammare, sei chilometri da Sapri c'è il «Villaggio delle Ginestre». A vederlo così, sembra un'oasi di pace fuori dal tempo; oggi che il verde è ricresciuto e i giardini sono ben tenuti nessuno immaginerebbe che un pretore d'assalto è saltato per aver cercato di frenare l'avanzata del cemento (oltre 450 villette in una zona dove c'è chi sostiene dovessero sorgerne la metà e che alcuni funzionari della tributaria e della guardia di finanza si sono dovuti foderare gli occhi pur di non vedere. Ora una parete della montagna frana ed una parte del villaggio è in pericolo. Si prendono spese per tre miliardi e già c'è chi dice: «Palumbo si è impegnato per due miliardi». Ma c'è chi non ci crede. Così chi sostiene il «santo» e chi parla di «calamità naturale», ha di che discutere in attesa che l'ospedale di Sapri sorto 25 anni fa venga inaugurato. Costato miliardi non ha avuto la fortuna di udire il fruscio di un camice nei suoi corridoi né di sapere come sì reperiranno un giorno (quando?) gli ottanta medici ed i quattrocento infermieri necessari. Intanto non c'è neppure un posto di pronto soc¬ corso e per curarsi si deve andare a Maratea; e se uno è grave all'ospedale ci va per ambulanza, su e giù per i tornanti della montagna. Il Cimitero invece sorge in territorio di Vibonati che è in montagna, a una cinquantina di chilometri. Così, con amaro sarcasmo, gli abitanti dì Sapri sottolineano il proprio destino di diseredati della pubblica amministra- | zione: «Nasciamo a Maratea, i viviamo a Sapri e moriamo | a Vibonati». Eppure esaurita questa carica di «cattiverie» bisogna dire che resta una gran voglia di «fare del turismo». Si intuisce che questa costa può rappresentare uno sbocco economico considerevole. Ma intanto il molo del porticciolo di Sapri viene costruito due volte perché la prima (non ci saranno indagini) viene sfondato da una mareggiata e quello che sorge ora, non pare certo avere prospettive di sviluppo. La tecnica nei confronti del turista rimane quella della «guerra di rapina»: prezzi alle stelle nella stagione alta e differenziati per chi ci vive tutto l'anno ed anche questa è una «differenziazione» più formale che altro: preso gusto a guadagnare largo, gli sconti a quanti vivono «in loco» sono misurati soltanto a conservare il cliente. «Ci vorrebbe un controllo dei prezzi. Qualcuno che mettesse un po' di ordine», continua il ferroviere e intanto dice che sciopererà con gli Autonomi. Non è un nostalgico, precisa; ma c'è subito che l'aggancio lo trova e si unisce al discorso. Subito ci si ritrova in un clima da rissa alle prese con desideri non repressi di restaurazione della pena di morte, di un uomo forte, di taglio della mano per chi ruba. Qui siamo vicini alla Calabria, proprio ai confini, l'influenza dei «Boia chi molla» si avverte, precisa. Così in una splendida serata fra stelle e profumo penetrante di gelsomino, si è costretti a I raccogliere nell'aria grida di «Heil Hitler» e di «Duce ■ Duce» e le canzoni nostalgiche di un gruppo d'amici raccolti poco distante intorno a una grigliata. All'imbocco del villaggio, sull'asfalto, una grande svastica; sulle pareti di alcuni edifici rune e croci celtiche e la famigerata sigla di «Ordine Nuo vo». Un clima come soltanto un «nordico» può sognare e un mare che conserva l'inganno dei colori e della limpidezza ad onta delle fogne che continuano a scaricare il liquame (a una ventina di chilometri i bagni sono stati vietati) restano garanti di un richiamo turistico che durerà fin tanto che la nostra trasformazione di mutanti non ci porterà a preferire definitivamente i profumi dello smog, le lampade solari e l'acqua ad alta percentuale di cloro. Ma anche qui sarebbe indispensabile far passare ogni due o tre giorni una «barca ■ spazzina» (qualche disoccupato di meno) e ripu¬ lire le spiaggette che per quanto irraggiungibili e nascoste raccolgono i rifiuti dei pic-nic, i pannolini del neonato portato in barca, il sacchetto di plastica, terrore dei gommoni, e delle piccole motobarche, se non la carogna di un cane, o di un cavallo. Che ci vorrebbe a mettere una scaletta all'imbarcadero di Sapri in attesa che l'«avveniristico porto» sia finito? Il motto è anche qui quello di «prendere senza dare nulla», e il turista è vittima indifesa da spennare per poi abbandonarlo al suo destino. Non importa se disilluso in seguito cercherà nuovi lidi e magari paesi diversi; altri ne verranno da spennare e abbandonare. Ma che politica turistica è questa? Sorge il dubbio che in tanti anni la decantata Italia del turismo, non abbia progredito molto sulla strada dell'intelligenza. E che forse aziende autonome di soggiorno e assessorati al turismo, abbiamo altre funzioni, anziché quella di presiedere alle iniziative turistiche. Così fa rabbia, quando andando in altri Paesi meno fortunati e dotati da Madre Natura si scopre che ci sono un impegno ed un fervore che noi con la nostra ottusa dabbenaggine neppure immaginiamo. Mario Bariona

Persone citate: Carlo Pisacane, Duce ? Duce, Heil, Hitler, Palumbo, Torre Normanna