La campagna per un giorno in piazza ha fatto rivivere le sue tradizioni

La campagna per un giorno in piazza ha fatto rivivere le sue tradizioni Carri allegorici, balli, gastronomia alle Sagre di Asti La campagna per un giorno in piazza ha fatto rivivere le sue tradizioni Trentacinque paesi con cuochi, damigelle in costume popolare, agricoltori hanno gareggiato nella preparazione dei piatti tipici: distribuite ai visitatori dalle 80 alle 100 mila porzioni - Ricostruiti laboratori di vecchi mestieri - Il mondo delle colline DAL NOSTRO INVIATO ASTI — L'aria ha il profumo delle carni fatte rosolare sulla brace e innaffiate d'olio, un mucchio di bollito si arrende morbido al taglio del coltello, in un pentolone fumante cuoce la polenta. E' la grande abbuffata del «Festival delle Sagre», la rivincita della provincia scesa ad occupare per un giorno la piazza principale del capoluogo. Con i personaggi e le tradizioni, con un piccolo panorama di cultura contadina che se anche conosce le incrostazioni visibili del presente, conserva pur sempre un solido legame con il costume delle campagne. Gli stands delle Pro-Loco di 35 paesi allineati in piazza Alfieri, un piccolo esercito di cuochi, damigelle e agricoltori pronti a misurarsi nella preparazione dei piatti tipici, per contenere in un mare di pietanze, dalle 80 alle 100 mila porzioni, l'assalto di una folla di affamati. Il cibo abbinato alla coreografia. Un'idea della Camera di Commercio che alle Sagre ha voluto dedicare un concorso riservato alle Pro-Loco per dare un incentivo al miglioramento dell'organizzazione, una spinta decisa alla riscoperta del passato contadino. Così la festa è anche trascorsa in un j clima di competitività, perché gran parte del punteggio previsto dal regolamento in una serie di prove (dalla sfilata storica all'allestimento dello stand, dalla cucina ai vini, ai giochi di campagna) è stato assegnato proprio oggi. La provincia ha gareggiato, ma fin dalle prime battute la folla degli spettatori ha riconosciuto il vincitore: il mondo contadino, protagonista per un giorno, applaudito dalla gente dopo essere stato per tanto tempo dimenticato. Un mondo dissanguato dalla fuga delle braccia ma attaccato al suo patrimonio di valori, di segni e comportamenti, che vuol continuare a vivere. La sfilata per le strade ha offerto mille spunti, ha portato nella città le immagini sempre più rare di un'umanità relegata sulle colline. I trattori hanno lasciato per un giorno le tortuosità dei bricchi per trainare i carri. E sui carri erano rappresentati vecchi mestieri, con tanto di terminologia in dialetto disegnate sulle sponde, a « 'L butalé », il falegname fabbricatore di botti, il «slé» il sellaio, il «callié», ìl ciabattino, in una coreografia curata nei particolari. Sul carro del «cavagne» , il panieraio, due vecchiette intrecciavano canestri con fibre di salice, su quello del «magnan» , il maniscalco, un ragazzotto e un vecchio ar¬ mati di martello battevano il ferro sull'incudine. E su ciascun carro, per ogni mestiere c'erano gli arnesi da lavoro: la fucina del fabbro, il bancone e la pialla del bottaio, la calce e i mattoni del muratore, perfino i trucioli di legno del falegname. Dicono che quelli di S. Marzanotto, autori dei carri, abbiano speso interi pomeriggi in biblioteca ad Asti per cercare le antiche tavole dei vecchi mestieri. Così il tema è stato approfondito in chiave culturale e accanto alle immagini la Pro-Loco ha anche realizzato una pubblicazione dedicata alla storia e agli strumenti dell'artigianato. Scene di vita contadina e poi tanti personaggi. Giovani in costume, a rappresentare il matrimonio o la vendemmia, ma soprattutto i vecchi, quelli veri, curvi sotto il peso della zappa, o davanti ai buoi. Facce bruciate dal sole e corpi assottigliati dalla fatica, così diversi da quelli dei figli e dei nipoti fuggiti dalla campagna, ma presenti nel corteo a far da comparsa. Poi il dialetto, in mille sfumature, nelle diverse tonalità del linguaggio di ciascun paese. I messaggi disegnati sulle sponde dei carri t'ita cui che a parlu mal vanta bitej al musei» i proverbi, i motti arguti o le storielle che si inventavano nella stalla, la sera dopo cena in compagnia di un bicchiere. Le donne, orgogliose sui carri a filare la lana e la canapa con il vecchio arcolaio, sedute sui covoni di grano o intente a cuocere la «grissia», il pane che profumava la cucina e conservava intatto il sapore. Il tempo libero e lo sport: la merenda sotto il pergolato, bottiglia e fisarmonica e la passione dei nonni, «al brasai», il pallone a bracciale, antenato del pallone elastico. Quindi i pezzi da museo. Una enorme macchina che sbuffa e scoppietta, primo trattore a fuoco entrato in azione nel Monferrato, poi la vecchia trebbiatrice, il calesse della festa, cento altri arnesi usati per alleviare la fatica. In più le bande e i gruppi folcloristici: i «frustatori» di Rocchetta Tanaro che accompagnano le note con lo schiocco delle fruste, il «gruppo folcloristico» di Moncalvo che esegue balli campagnoli e tanti altri. Tre ore di sfilata al mattino. Le specialità gastronomiche per il pranzo, i giochi campestri (tiro alla fune, corsa nei sacchi) nel pomeriggio, gran ballo in piazza, libero a tutti, alla sera. La giornata si è conclusa così. La provincia è stata protagonista, ma solo per un giorno. Mauro Anselmo Asti. Picnic in piazza mentre si attende la sfilata dei carri allegorici (Foto di E. Milone) j

Persone citate: Mauro Anselmo, Milone

Luoghi citati: Asti, Moncalvo, Monferrato, Rocchetta Tanaro