Hanno vinto anche per noi, sportivi da bar

Hanno vinto anche per noi, sportivi da bar Siamo un popolo di sedentari non ostante l'oro di Mennea, Sara Simeoni e Ortis Hanno vinto anche per noi, sportivi da bar Non nascondiamocelo: fa sempre piacere veder salire allo stadio il tricolore sul pennone più alto specialmente, in terra straniera; più alto di altre bandiere di Paesi che di noi dovrebbero essere strepitosamente più forti. Perché, se continuiamo a essere sinceri, lo spirito patriottico c'entra poi fino a un certo punto e comunque dovrebbe essere affidato a ben altro che non ud un corridore a piedi o ad un lanciatore di martello. 11 fatto è che, su quel pennone, a fianco del tricolore, ci siamo anche tutti noi, anche gli sportivi da giornale, sportivi da gradinata dello stadio, sportivi che urlano sul campo e discutono al bar o dal parrucchiere, e basta. Ortis, Mennea, la Simeoni, quando vincono, vincono anche per noi, che troppe volte li dimentichiamo per correre dietro ad assi che sono più popolari, Perciò nei non « addetti ai lavori » ma anche in chi se ne intende registriamo assieme all'orgoglio e a un briciolino di commozione, anche stupore: ma come, le nostre ragazze, che molti reputano tipi da spiaggia, gagliarde ma anche inclini alle passeggiate più che alle maialone o al sollevamento pesi, riescono a imporsi — come insegna la prodigiosa Simeoni — alle tedesche orientali, persino alle sovietiche, poderose, ossute e muscolose macchine da primato? E così si viene a sapere che la cavalletta Sara per arrivare a quel sublime 2,01, ha compiuto circa duemila salti di allenamento, che ha sollevato pesi per tutto l'inverno e tutta la primavera... Poi c'è Ortis che — nel Paese dell'uomo-cavallo Zatopek — supera gli indemoniati nordici; poi c'è, ovviamente, Mennea, che ha scoperto il segreto dell'eterna giovinezza: sui due¬ cento metri non perde da sei anni, ormai taglia il traguardo alzando un dito, per dire «Ancora io, se permettete ». Quattro medaglie d'oro, una d'argento: nessuno si attendeva tanto. Né avevamo mai conquistato tanto, poiché i Giochi europei del '50 ci avevano procurato sì quattro primi posti, ma allora non c'erano i sovietici né la Germania, che sono la «crema». Ecco perché noi tutti, anche gli sportivi da giornale e da poltrona, ci sentiamo in questi giorni, senza troppo sforzo, con un fiore all'occhiello. Che ci impone di rivedere molti luoghi comuni: sì, siamo forti ai campionati del mondo di calcio; sì, andiamo benino nel ciclismo. Ma siamo forti anche in atletica, ed è più sorprendente: perché l'atletica richiede metodo, sacrifici, perseveranza, rigore di vita, testa dura, mai sentirsi vinti, stringere i denti e lottare. Dio mio, quante cose, e come non sarebbe male se alcune di queste singolari doti, che non sono esattamente tipiche del nostro carattere nazionale, venissero trasferite a tutti noi, nella vita di tutti i giorni... Carlo Moriondo Venanzio Ortis, medaglia d'oro nei 5000

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