Terza via sulle montagne di Stefano Reggiani

Terza via sulle montagne Fantacronache di Stefano Reggiani Terza via sulle montagne Sulle prime due vie c'è un'abbondante documentazione cartografica a cura della benemerita sezione politica del Cai (Club Alpino Italiano). La via Lenin, sulle Alpi Orientali è stata aperta nel 1917 da scalatori russi e tedeschi. Come indicano i cartelli del Cai, porta al Socialismo reale, dopo un'ardua arrampicata e una lunga marcia verso l'Ungheria e i Paesi dell'Est. Il rifugio Marx, alla quota più alta, offre ristoro e possibilità di pernottamento. Dalla terrazza, nei giorni sereni, si possono vedere gli Urali; ma di solito il rifugio è avvolto nella nebbia, assediato dalle nuvole. Poco frequentato il rifugio Engels, che pure merita una deviazione per la buona cucina tradizionale e la piccola biblioteca. Il rifugio Proudhon è stato chiuso recentemente per irregolarità nella conduzione; di un favoleggiato rifugio Solzenicyn la carta del Cai non reca traccia, mentre si sa che l'albergo Stalin, sul versante orientale in buona posizione panoramica, vicino ai primi campi, è stato occupato da uffici di rappresentanza. La via Bad Godesberg, sulle Alpi Centrali, è tra quelle più semplici, consigliata anche ai principianti. Porta alla Socialdemocrazia, attraversando un pezzetto di Svizzera, la Germania, la Danimarca, e allargandosi nei paesi scandinavi. Qui i rifugi, essendo i passi percorribili anche d'inverno e le cime modeste, sono numerosi, eclettici e bene attrezzati. Al Vrai Proudhon ci sono specialità della cucina francese e una preziosa raccolta di dischi con i primi discorsi di Mitterrand. Allo Schmidt ci sono camere con servizi e anche letti a castello riservati alle spìe dell'Est che possano dimostrare la loro qualifica. Al Trotsky c'è una discoteca dove sì riuniscono gli eccentrici, come del resto alla Casina Luxemburg. La via Bad Godesberg è considerata tra le più tolleranti anche per l'equipaggiamento sportivo; la tradizionale foggia alpina può essere sostituita con abiti di città e con pullover di cashemere. Sulla terza via non esiste documentazione, la cartella del Cai è vuota. Secondo gli alpinisti politici più acuti (Bobbio) la terza via non esiste. Altri scalatori, come Berlinguer, ritengono non solo che esista, ma che sia più suggestiva e gratificante delle altre due. L'unico modo per dirimere la controversia, dicono i montanari, è di andare a vedere. La discussa via si aprirebbe sulle Alpi Occidentali nel massiccio del Monte Bianco. Leggende non scritte, che si tramandano da secoli in Val d'Aosta, narrano di un ingresso impervio e misterioso ad altissima quota; ma dopo l'accesso, incredibilmente difficile, la via si aprirebbe abbastanza agevole e sicura. Un'ipotesi favolosa vuole che sotto la Mer de Giace, enorme distesa di ghiacci tra Italia e Francia, si celi un paese sempre verde, ricco di acque termali, una ShangriLa alla quale i ghiacci servirebbero da copertura, come un immenso lucernario. L'altro giorno una spedizione quasi segreta di uomini col volto coperto dai passamontagna ha tentato una scalata esplorativa. Sotto le necessarie mascherature erano riconoscibili Gianni Cervelli, che dirige l'organizzazione del pei, Antonio Tato, consigliere di Berlinguer, e Franco Rodano, uno dei più abili fre- quentatori di cime, con cui è in dimestichezza anche per la sua provenienza cattolica. Al gruppetto s'era aggiunto, come osservatore, anche il socialista Signorile, riconoscibile dai lunghi e fini capelli che uscivano dal berretto di lana. Gli scalatori hanno fatto una semplice passeggiata fino al rifugio Saragat, dove hanno consumato un rapido spuntino e hanno conversato con l'onorevole Romita, che era in vacanza con la famiglia. Poi, due veloci tappe, prima di sera: una al rifugio Nenni, la seconda al rifugio Bakunin che è gestito da un vecchio custode quasi centenario. Il tramonto era rosso come un manto dì porpora; Signorile, mentre gli altri tacevano commossi, non ha potuto trattenere un'osservazione: «Quassù ci si sente più puri. Avverto nell'aria come il profumo di una regione sconosciuta ». Hanno dormito nel sacco a pelo, all'alba sono partiti verso la vetta nel candore immacolato dei ghiacci. Rodano è stato il primo a dare il segnale: c'era una macchia nera, come l'ingresso di una caverna, alla quota di quattromila metri. Si sono lanciati, aiutandosi con le piccozze. La bufera li ha colti a poca distanza dalla caverna: una tempesta violenta, insidiosa, gelida. Con un audace ripiegamento Cervetti ha condotto il gruppo alla Capanna Dubcek, che è dotata di una vecchia radiotrasmittente. Hanno chiamato Aosta: «Mandateci rinforzi, forse abbiamo trovato la terza via». Da Aosta una secca risposta: «Tornate indietro, c'è la bufera, la caverna è un inganno delle grandi altezze, un'illusione ottica». E Cervetti ostinato: «Non ci arrendiamo finché non siamo sicuri. Portateci whi sky e coperte». L'appello è stato rilanciato da molte radio private, gli scalatori sono ancora sul Bianco. Che fare? Forse bisogna raccogliere maglie, coperte e sciarpe. E se la caverna ci fosse? Sarebbe imbarazzante rinunciare, per pigrizia e paura del freddo, a un'occasione alpinistica.

Luoghi citati: Aosta, Casina, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Ungheria, Val D'aosta