Miseria e cultura di Carlo Tullio Altan

Miseria e cultura Miseria e cultura Appuntamento cruciale per la classe politica Gli uomini, in qualsiasi condizione vivano, producono cultura perché ne hanno bisogno per vivere. Una conferma interessante di questo fatto ci viene da un saggio di Piero Camporesi, pubblicato con il titolo // paese della fame, da II Mulino di Bologna. La ricerca di Camporesi ha per oggetto un mondo specialissimo, prodotto storico del fallimento, nel XVI e XVII secolo, della società italiana che si mostrò allora incapace, per molteplici motivi, di avviarsi decisamente dallo stadio del capitalismo mercantile e finanziario verso quello rappresentato dalla futura società democratica industriale, e regredì di conseguenza verso un'ambigua forma di feudalesimo riesumato, che mantenne per oltre due secoli. L'esito dell'insuccesso fu la causa, oltre al resto, del prodursi di una vasta zona sociale di miseria, dovuta al progressivo disfacimento delle strutture economiche feudali tradizionali non accompagnato dal contemporaneo crearsi di un assetto socioeconomico alternativo e maggiormente produttivo. Braccianti cacciati dalle campagne, operai e artigiani di città rimasti senza lavoro, andarono così in massa a ingrossare le file di un certo mondo nomade, che viveva di ogni genere di espedienti e di piccoli mestieri, fra i quali quelli della mendicità professionale, del furto e dell'imbroglio erano i più diffusi e i più caratteristici. Un mondo astuto, violento, disperato, formato da prostitute, disertori, galeotti fuggiaschi, briganti, reduci di guerra senza lavoro, tipico della letteratura picaresca, che nel Seicento aveva trovato un'eco anche in Italia. Ciò che colpisce gli uomini «normali» è il fatto che questa realtà sociale fatta di «sottouomini», di emarginati, con i corpi devastati dalla fame e dalle malattie, con la mente priva di qualsiasi alimento culturale che gli venisse dalla società eulta del tempo, al di fuori di quello ricavato da una religiosità arcaica, più magica che altro, sia stata capace di crearsi una cultura propria, una propria lingua, una propria letteratura, un proprio teatro, personaggi tipici, emblemi umani della sua tragica esistenza. Il fatto è che la cultura è come l'aria per l'uomo. Egli ne ha bisogno per respirare, e se non gli viene offerta in forme accettabili e adatte ai suoi veri problemi, egli se la crea, così come il malato di mente si crea il suo delirio per vivervi meglio che non in una realtà che rifiuta. Da questo, in quell'epoca, un pullulare di immagini simboliche, che debbono venir decifrate sullo sfondo di una storia a molte dimensioni: il personaggio del Diavolo, agente comico sovvertitore dell'ordine imposto dai potenti agli uomini comuni, il paese della Cuccagna, nel quale finalmente potranno essere saziate fino a morirne fami da incubo, il grande Carnevale dell'Inferno, umoristico, triviale, tragico, liberatorio spettacolo corale in occasione del quale ogni ordine viene capovolto, in un mondo di ceti e di valori che ne risulta rovesciato. ★ * Nello stesso tempo, sul versante degli «altri», la Chiesa cattolica agiva da un lato per ridurre le sofferenze dei disperati, mediante la pratica sociale dell'elemosina e dell'assistenza, e dall'altro per assicurarsi con la gestione monopolistica del servizio medesimo una più larga base di consenso: «... accarezzando] con mano crudelmente vellutata il ricco inducendolo di passo in passo a provare orrore per i poveri e disgusto verso se stesso, accrescendogli con un progressivo e sempre più pericoloso giro di vite (...) il latente sentimento di colpa» (p.13). La miseria è certamente un male nazionale. Paolo Braghin ci porta a questo proposito dal passato al presente, con il volume Inchiesta sulla miseria in Italia, uscito da Einaudi. Si tratta della presentazione di una parte dei materiali elaborati da una commissione di inchiesta parlamentare sulla miseria nella società italiana, condotta nel 1951. In quegli anni il fenomeno era in Italia gravissimo, interessando, in ase ai dati della commissione, quasi un quarto della popolazione italiana, con una forte prevalenza nel Meridione. Ora la situazione è di certo mutata in meglio ma non vi è dubbio che in determinati settori, come nelle borgate popolari di Roma e di Napoli, in Sicilia e nelle zone più depresse del Meridione in genere, la percentuale delle famiglie viventi in condizioni di indigenza è ancora oggi superiore al limite massimo di decenza, per una società che si dichiari moderna e industrializzata. L'inchiesta, pregevole per i suoi aspetti descrittivi, mostra limiti notevoli. che lo stesso presentatore rileva, dovuti al fatto che la maggioranza dei commissari mostrò un'estrema riluttanza ad approfondire l'indagine sulle cause strutturali della miseria nel nostro paese. Mancando tale analisi delle cause — che sono state indicate nella relazione in fattori come l'ozio, l'ignoranza, la malattia, l'inabilità fisica o psichica, tutti elementi soggettivi e personali, che sono assai più delle conseguenze che non delle cause — si ebbe come risultato che l'unica proposta di soluzione avanzata dai commissari riguardava la razionalizzazione — che di fatto poi non si ebbe — dei vigenti sistemi di assistenza pubblica e privata. Questa proposta, nella sua ottica restrittiva, rispecchiava 10 spirito del tradizionale assistenzialismo cattolico, che non tocca le radici del fenomeno della miseria, ma si limita al tentativo di ridurne i sintomi, che molte volte porta ad aggravarne le ragioni di fondo, come accadde già nel passato e come si verifica attualmente nel nostro paese. * * Gli autori dei due libri', nel tentativo di andare più a fondo nella ricerca delle cause strutturali del fenomeno, ne individuano le ragioni in un disegno premeditato di oppressione da parte delle classi dominanti. Questa spiegazione personalizzante è divenuta ormai un luogo comune e risente di una notevole dose di superficiale approssimazione, in quanto si ferma all'apparenza trascurando la sostanza. Per intendere appieno simili fenomeni di disfunzione sociale, lo sguardo dell'indagatore deve scendere ancor più nel profondo, e nel contempo deve abbracciare un orizzonte più largo, tenendo conto non solo del gioco delle classi, ma delle vicende dell'intero modo di produzione, entro il quale operano le classi, e dalle quali dipendono in ultima istanza ogni bene e ogni male sociale. Net secoli XVI e XVII si consumò, in Italia come si è detto. 11 fallimento di quel movimento che avrebbe portato più tardi i paesi più avanzati d'Europa all'instaurazione del modo di produzione democratico, industriale moderno, e da quel fallimento derivò la tragica miseria descritta ne II paese della fame. Nel primo decennio di questo secolo — sotto le spinte contrastanti-convergenti della reazione parafeudale da un lato, e di quelle del massimalismo che si esprimeva nel sindacalismo rivoluzionario, dall'altro —. fallì il tentativo di far compiere alla società italiana quel salto qualitativo che era nel progetto giolittiano. e ne derivò il fascismo, che rappresenta esso pure al di sotto degli orpelli della retorica una particolare forma di miseria storica radicale di una società. Nel periodo attuale noi ci troviamo nuovamente di fronte a un appuntamento con la storia, un appuntamento cruciale e forse definitivo, che il nostro paese rischia ancora di mancare, a causa del permanere in esso delle stesse forze arcaiche, sia reazionarie che eversive, per loro natura avverse a una soluzione democratica moderna e razionale dei nostri problemi, che fecero fallire Gioì itti e Turati. Questo rischio si rivela proprio e soprattutto a causa di un nuovo apparire sullo sfondo della scena di una terribile forma di miseria avanzante, quella degli emarginati, dei non garantiti, dei disoccupati e sottoccupati, dei giovani esclusi dal lavoro, che costituisce il risultato di una politica ventennale dominata da arcaici interessi clientelari. da egoismi 'corporativi, e da un cieco assistenzialismo che si mascherano dietro le parvenze di un populismo di maniera, e che sono del tutto incompatibili con quella logica di gestione di un grande sistema sociale complesso, che è richiesta per far procedere oltre la società italiana sulla via della modernizzazione. Questa volta tuttavia sembra che le lezioni del passato non siano andate del tutto perdute. Quella parte della classe politica che rappresenta le grandi forze sociali, sembra essersi resa conto, almeno in parte e in certi suoi settori, della reale natura dei problemi pendenti e della gravità del momento, che richiederebbe in tutti un grande senso di responsabilità che vada ben oltre i limitati interessi di partito. Un'altra parte della classe politica, giocando pericolosamente d'azzardo nel più inopportuno dei momenti, si comporta diversamente e gli elettori italiani dovrebbero ricordarsene a tempo debito. Carlo Tullio Altan

Persone citate: Camporesi, Einaudi, Miseria, Paolo Braghin, Piero Camporesi, Turati

Luoghi citati: Bologna, Europa, Italia, Napoli, Roma, Sicilia