Il psi cerca un modello di Alfredo Venturi
Il psi cerca un modello DIBATTITO A MILANO PER UN PARTITO APERTO Il psi cerca un modello MILANO — Fra autocritiche e propositi di rinnovamento, fra l'attivismo del nuovo vertice uscito due anni fa dal Midas e il risveglio ' della base, fra le tappe di una ì messa a punto ideologica e quelle della polemica con il pei, il partito socialista vive la j sua intensa stagione. L'altra sera, al circolo mila- 1 nese di via De Amicis. si è discusso del «modello di parti- I i to». Il connotato fondamentale ì del «nuovo» psi é gin contenu- ! ! to nel progetto socialista, il documento ideologico-programmatìco elaborato a Trevi l'anno scorso, attorno al quale la coalizione craxiana (autonomisti pili sinistra lombardiana piii varie provenienze) realizzo al congresso di Torino una maggioranza dei quattro quinti. Secondo il I progetto, il psi dev'essere | «partito aperto». Come tutte I le formule, anche questa attende di essere riempita di : contenuti. Rino Formica, membro della direzione, cerca di definire questo concetto. Parla, ed é evidente l'influsso del modello ' francese, mitterrandiano. di ì j 1 I ì ! un partito che accoglie non soltanto le voci tradizionali dei delegati di sezione, ma ' anche quelle di organizzazio- ! ni esterne, gruppi, circoli. ! magari una «lega degli elettori socialisti» secondo l'uso tedesco. Parla dell'opportunità ! di affiancare, al concetto ; usuale di iscrizione, quello di affiliazione. ti Paese, ricorda Formica. : con il referendum sul finan- ■ ziamento -ha dato uno] schiaffo al sistema dei parti- j ti-: e la sorpresa per quel ri- i sul tato dimostra quanto siano poco sensibili le antenne delle forze politiche. Bisogna partire di qui. dice, per cercare il nuovo modello. Che cosa chiede la gente? Chiede di • partecipare, decidere, controllare-: ebbene, i partiti italiani oggi sembrano organizzati apposta per eludere queste domande. Si dice da varie parti che la partecipazione è in crisi: in realtà, dice Ferracci, é in crisi semplicemente la fiducia della gente nella partecipazione, dopo che la pratica della mediazione, attuata da democristiani e comunisti, ha tolto vigore agli organismi «partecipati», consigli di quartiere, distretti scolastici e cosi via. minandone la natura conflittuale in nome della «democrazia consociativa». Il partito deve organizzarsi in modo tale da favorire una partecipazione reale, che con l'autogestione, con gli elementi di democrazia diretta, è il sale del progetto socialista. Enrico Boselli. segretario nazionale dei giovani socialisti, dice che il partito, negli anni recenti, ha visto sovrapposti due modelli organizzativi, quello che imitava il centralismo democràtico del pei e quello scaturito dalla degenerazione correntizia. che a sua volta non é altro, secondo una definizione di Giuliano Amato, che la somma di tanti cen¬ tralismi democratici. Il partito aperto, il partito di programma, presuppongono la fine di un connotato fino a i ieri caro al psi. quello di «partito di classe». Ma sia chiaro, i dice Aldo Ardasi: -Rifiutare il I modello di partito di classe I non significa affatto rifiutare i la nostra collocazione nella classe-. Significa prendere 1 atto dell'evoluzione del concetto di classe in una demo- ; crazia industriale avanzata, significa proporre la sinistra come forza di governo, interprete dell'intera società nazionale. Tutti d'accordo, comunque, che il problema non è di semplice «ingegneria statutaria», ma è strettamente correlato agli obbiettivi: tale la società che vogliamo, tale il partito che deve darle voce e potere. Non un partito totalizzante, dice Paolo Babbini. segretario della federazione di Bologna, e nemmeno un partito disponibile, come il psi è stato a lungo. Rifiutata l'ipotesi del partito pigliatutto tipo pei ultima maniera: e anche quella del ! partito-non-partito del genej re radicale. Accettata quella j del partito organizzato, ma | centro motore di una pili vaj sta «area socialista», aggre■ gata lungo le linee precise di un programma di riforme, se. condo un meccanismo di parj tecipazione che non sia. com'è nel pei. semplice mobilitazione del consenso attorno a decisioni prese in alto, ma promozione dal basso di proposte, richieste, linee d'azione. L'importante, dice il vicesegretario regionale lombardo Attilio Scheinmari. è che si proceda con decisione sulla via intrapresa dopo il Midas. senza perdersi nei rimpianti per un modello morandiano che era stato costruito per altri tempi e per una società diversa. Altrimenti. dice Schemmari. corriamo il rischio di perdere la nostra scommessa, -la più grande scommessa che abbiamo fatto negli ultimi trentanni-. Alfredo Venturi
Persone citate: Aldo Ardasi, Enrico Boselli, Formica, Giuliano Amato, Paolo Babbini, Rino Formica, Schemmari
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