Pensioni e lavoro autonomo di Mario Salvatorelli
Pensioni e lavoro autonomo I nostri soldi d/. Mario Salvatorelli Pensioni e lavoro autonomo I lavoratori autonomi, lìberi professionisti, coltivatori diretti, artigiani, commercianti, sono nell'occhio del ciclone, anzi di due cicloni, quello della riforma delle pensioni e quello delle evasioni fiscali. Con il primo vedono profilarsi sensibili aumenti dei loro contributi sociali, oggi quasi irrisori. Per le evasioni fiscali sono attaccati da ogni parte, come i principali colpevoli nei confronti dello Stato e dei cittadini che pagano le imposte in proporzione ai loro redditi da lavoro dipendente. Questa situazione, e le numerosissime lettere che ricevo sui due argomenti, anche e soprattutto da parte degli «imputati», mi hanno fatto venire un'idea, che sottopongo ai ministri del Lavoro e delle Finanze, affinché la considerino per quel che vale. I lavoratori dipendenti hanno una pensione proporzionata alle retribuzioni, le quali, a loro volta, corrispondono alle cifre annualmente denunciate in sede di dichiarazione dei redditi. Quindi, i lavoratori dipendenti non possono, anche se lo volessero, evadere le imposte, almeno per quanto riguarda i loro redditi da lavoro, e ciò può essere considerato uno svantaggio, in confronto ai lavoratori autonomi. In compenso, i lavoratori dipendenti hanno il vantaggio di ricevere, quando vanno in pensione, un assegno mensile che gli permette, entro certi limiti, e dando tempo al tempo, di mantenere lo stesso tenore di vita di quando erano in attività di servizio. La proposta è questa: agganciare i contributi sociali e le relative pensioni dei lavoratori autonomi alle loro dichiarazioni dei redditi. Il meccanismo non sarà semplice come per i lavoratori dipendenti, che sono detti « a reddito fisso », anche se è « fisso » in modo relativo, perché le loro retribuzioni hanno un andamento regolare, in graduale aumento, con le solite eccezioni. I redditi dei la- voratori autonomi, invece, possono oscillare al rialzo 0 al ribasso da un anno all'altro, senza regole fisse. Tuttavia, non vedo perché gli istituti di previdenza cui essi fanno capo, con 1 loro contributi, non potrebbero seguire il dare e Va: ire di ciascuno, così come già fanno per i lavoratori dipendenti. In questo modo, a mio giudizio, si otterrebbero tre risultati positivi. Si farebbe un decisivo passo avanti verso il risanamento degli istituti di previdenza, oggi paurosamente in passivo, soprattutto a causa delle gestioni dei coltivatori diretti, degli artigiani, dei commercianti. Si assicurerebbe ai lavoratori autonomi una pensione proporzionata ai redditi del loro lavoro. Si restringerebbe la fascia delle evasioni. Le pause per il caffè e la produttività Gl'impiegati del comune di Avezzano, al ritorno dalle ferie, hanno trovato una sorpresa che, da quanto leggo su «la Repubblica», non è stata adeguatamente apprezzata. Una circolare del sindaco gli vieta di leggere i giornali e di uscire a prendere un caffè, o altri generi di conforto, nelle ore di ufficio. « Essi potranno e- ventualmente stimolarsi, rifocillarsi o dissetarsi, ordinando le consumazioni all' esterno, senza muoversi dal posto di lavoro, e facendosele portare nelle ore di accesso del pubblico, dalle 11 alle 13 ». L'ordinanza vuole ridurre, ovviamente, le pause di attività in misura sensibile, anche perché c'è da ritenere che molti impiegati rinunceranno alle consumazioni a domicilio, in presenza, per chi ne è a contatto, del pubblico. Sono curioso di sapere chi vincerà il « braccio di ferro » che la circolare ha provocato. Il sindaco di Avezzano si chiama Daniele Sansone. Finirà come Daniele, che ammansì i leoni della' fossa dov'era stato gettato, oppure come Sansone, che fu catturato dai Filistei e dovette soccombere, con la magra consolazione di trascinare nella morte i suoi nemici? Questa seconda potrebbe essere la fine — si fa per dire — del nostro Paese, se le pause per il caffè prevarranno sulla necessità di aumentare in tutti i settori la produttività del lavoro. La contingenza e i disoccupati « Con la contingenza si seguita a dare a chi già lavora e guadagna, mentre ai disoccupati si seguita a dare niente, solo parole », mi scrive il signor Rinaldo Benetto, di Trana, che chiede il mio parere sulla proposta che segue (« Anche se è una bestialità »). «Le aziende da 50 dipendenti in su accantonino i nuovi scatti della contingenza, ed assumano ogni tre mesi nuovi dipendenti, in proporzione all'aumento del costo del lavoro risparmiato ». Secondo il lettore, se questo sistema fosse in vigore già da tre anni, il numero dei disoccupati si sarebbe dimezzato e « l'aumento del costo della vita si sarebbe ridotto di molto ». Caro signor Benetto, la sua proposta non è una bestialità, ma il parere deve chiederlo alle imprese e ai sindacati, non a me.
Persone citate: Benetto, Daniele Sansone, Rinaldo Benetto, Sansone
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