I sindacati inglesi bocciano la linea economica laborista di Mario Ciriello
I sindacati inglesi bocciano la linea economica laborista Ne sarà gravemente incrinata la credibilità del governo? I sindacati inglesi bocciano la linea economica laborista DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Non c'è state bisogno di contare i voti: le Unions britanniche hanno condannato la strategia economica del governo laborista con una raffica di decisioni approvate tutte per alzata di mano. Gli eventi di ieri a Brighton, al congresso annuale della confederazione sindacale, non hanno colto nessuno di sorpresa: tutto si è svolto come previsto. Neppure la quasi-certezza di una imminente convocazione alle urne (le elezioni generali, previste per il 5 o il 12 ottobre, potrebbero essere annunciate da un'ora all'altra), neppure il timore di nuocere al Labour Party hanno trattenuto le Unions da questo gesto di protesta. Era come se il « patto sociale » non fosse mai esistito. Con la prima alzata di mano, i 1170 delegati che rappresentano al congresso 11 milioni 865.390 tradeunionisti hanno scagliaco l'anatema contro il « tetto » del 5 per cento negli aumenti salariali. E' questo il limite che dovrebbe essere osservato durante la « fase quattro » della politica dei redditi, cioè dal 1" agosto '78 al 1" agosto '79. Nella stessa mozione, i sindacalisti hanno chiesto « il ritorno immediato al negoziato collettivo normale e responsabile ». Si è votato quindi per un testo, presentato dalle Unions più moderate, che, con un diplomatico tentativo di compromesso, suggeriva di appoggiare almeno una blanda politica dei redditi. La proposta è stata sconfitta. Subito dopo, tre altre cannonate. Una mozione ha esortato il governo ad attuare una diversa strategia economica, tra le cui armi dovrebbero esservi « un ampliamento della proprietà statale, una ridistribuzione della ricchezza e più efficienti controlli dei prezzi ». Un'altra mozione ha condannato i tagli alla spesa pubblica e i risparmi imposti agli enti locali: e la terza ha invocato la settimana di 35 ore, come misura per attenuare la disoccupazione. Len Murray, segretario generale del Tue, la confederazione sindacale, così ha riassunto lo « spirito » di queste votazioni: « Non è necessario né desiderabile che le Unions continuino a spalleggiare il governo, quando esso preferisce sedere, nei negoziati, accanto agli im prenditori e assisterli e incoraggiarli a nostro danno». A questo punto occorre un chiarimento. Tutte queste deliberazioni sindacali potranno nuocere al Labour Party nella sua campagna elettorale, ma non nuoceranno molto al governo Callaghan se resterà al potere. In altre l.arole, mentre potrebbe esservi un danno politico è improbabile un danno economico. Le mozioni di ieri non cambiano infatti la situazione rispetto alla « fase tre », quella dal 1" agosto '77 al 1" agosto '78. Anche durante la « fase tre » i sindacati non avevano accettato il « tetto » agli aumenti: e il governo reagì imponendolo nel settore statale e premendo sugli imprenditori privati affinché non si mostrassero troppo generosi. E' quanto avverrà anche nei prossimi mesi, se Callaghan non dovrà lasciare Downing Street. C'è di più. A questo atteggiamento sindacale non corrisponde una maggior aggressività: le Unions respingono il « patto sociale », ma non la moderazione. L'interrogativo dunque è un altro: in che misura questa « voce grossa » delle Unions incrinerà la credibilità laborista in un'eventuale battaglia elettorale? Impossibile rispondere, per ora. Ma qualche rischio c'è, anche se i sindacati faranno del loro meglio per aiutare i sociali sti. Oggi come oggi, dicono agli elettori: « Con i laboristi discutiamo, litighiamo, ma siamo amici. Con i tories, non abbiamo nulla in comune ». Mario Ciriello
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