Gli "arcieri del 2000,, a Strambino con archi simili a sonde spaziali di Mario Bariona

Gli "arcieri del 2000,, a Strambino con archi simili a sonde spaziali Cento in gara per le qualificazioni nazionali Gli "arcieri del 2000,, a Strambino con archi simili a sonde spaziali DAL NOSTRO INVIATO STRAMBINO — Se i persiani alle Termopili avessero posseduto questi archi sofisticati prodotti (ormai che cosa non producono) dalle firme giapponesi, gli Yamaha o i Nishizawa, trecento spartani di Leonida, forse, sarebbero stati spazzati via in un soffio, e una delle pagine consacrate all'amor di patria cancellata dal supertecnicismo. Perché questi archi da mezzo milione in giù, muniti di ammortizzatori, alzi millimetrati e regolatori di tensione hanno ben più poco a che vedere con quelli che eravamo soliti veder maneggiare ai cacciatori africani, o ai guerrieri samurai (per tornare al Giappone). Questi sembrano più strumenti chirurgici, o apparati per sonde spaziali, quando se ne stanno immobili e scintillanti per terra, che innocui strumenti da bersaglio. Va detto subito: questo è uno sport ecologico, dove il rumore massimo è morbido come il lacerarsi di una seta; i colpi sul bersaglio sono poco più che un tambureggiare di pioggia sulle foglie del bosco e le vittime sono insensibili bersagli di paglia e cartone. Persino quando si avventurano sui cosiddetti «percorsi di caccia», gli arcieri non trafiggono uccelli o animali selvatici. I bersagli restano di cartone, disseminati per i boschi e, con un po' di attenzione per non piantarsi una freccia in corpo l'un con l'altro, lo sport dell'arco si aggiudica una buona graduatoria fra gli sport pacifici. E poi, l'arciere non porta divisa. E questa anarchia del vestire, a chi mal soffre cacciatori, motociclisti e sponsorizzazioni varie, è tranquillizzante. Almeno fino a quando la diffusione non ne farà uno sport per professionisti. Il cielo non è stato offuscato dalle frecce, a Strambino, ma i cento arcieri (senza limiti di età né di sesso) che si sono cimentati in quello che soltanto pochi anni fa era uno sport di élite, roba da «sportsmen» inglesi, hanno ugualmente dato spettacolo. Per chi se ne intende, le prestazioni dei nostri, l'olimpionica di Montreal Franca Capetta e Leandro De Nardi, terzo ai campionati di Canberra, sono state ragguardevoli come sempre, sebbene molto lontano dal record mondiale con il quale Giancarlo Ferrari di Abbiategrasso ha spodestato il campione americano in una «gara Fita»: 144 frecce (36 per distanza) sui 90, 70, 50 e 30 metri. Sul prato verde del campo sportivo i bersagli sembrano enormi «Mandala», ma a 90 metri questi enormi centri concentrici neri, azzurri, rossi e gialli rimpiccioliscono a tal punto che il centro diventa non più grande di un tondo di 12 em. Poco più della fatidica mela che Guglielmo Teli fu costretto a colpire sulla testa di suo figlio per aver rifiutato di inchinarsi davanti al cappello esposto sulla pubblica piazza dal tiranno di Uri, Herman Gessler, personaggio ignoto alla storia, ma non alla cultura. Il centro giallo dove i più bravi vanno a infilare i loro dardi attraversando l'aria con traiettorie misteriose, vengono fissati con disperazioni da binoccoli e cannocchiali montati su trespoli, dei familiari al seguito. «Quanti gialli hai fatto?», chiede un bimbetto a suo padre e questo imbarazzato bofonchia tergiversando, «Mah, ne ho fatto uno alle prove». L'arciere non ha né età né sesso (ci perdonino le belle ragazze che anche ieri si cimentavano nel tiro, si fa per dire). Ci sono gli allievi, fino a 15 anni, gli juniores dai 15 ai 18 i seniores dai 18 in avanti e infine i veterani: quando il braccio comincia a non essere più sicuro e la vista ad offuscarsi un poco. Mauro Passet, 14 anni e mezzo, studente di Pinerolo della compagnia di Porte, fra le promesse con Enzo Prina, Fabrizio Pons e Andrea Martin, ci inizia ai segreti. Lamenta però che è difficile seguire le gare quando vanno oltre il Piemonte per i costi di trasferta. Ci parla delle fatiche del tendere la corda (uno sforzo che per gli adulti va ogni volta da 25 a 30 libbre (da 12 a 50 kg circa) e che in una «gara Fita» questo rappresenta, tirando 150 frecce, qualcosa come 2500-3 mila chili di sforzo. Giuliano Kotten, 32 anni, di Novara tesserato dell'Anspi (Associazione nazionale sportivi paraplegici), vittima di un infortunio sul lavoro nel 1956, compete con l'arco dalla carrozzina a rotelle, ma non lascia molto spazio ai rivali. «Faccio anche scherma, pallacanestro, ping-pong, tutti i lanci e il pentathlon», dice con la fierezza di chi faticosamente ritrova interesse nella vita. Chiediamo al vicepresidente dei «Tue un» di Strambino, Giovanni Enrico, quali siano i requisiti principali per un arciere. «Il fondo atletico per il grande sforzo che si deve sostenere, — risponde — una grande capacità concentrativa, e una grande calma per vincere la tensione che assale nell'attimo del tiro». Che cosa vuol dire il motto della compagnia di Strambino «Tue un»? «"Uno per tutti" un motto che risale ai tempi di Re Arduino, mi pare, quando i contadini si rivoltarono contro la borghesìa». Mario Bariona

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