Io contesto quella "reliquia"

Io contesto quella "reliquia" LE RISERVE DEL PASTORE DELLE VALLI VALDESI Io contesto quella "reliquia" Abbiamo chiesto a Ernesto Ayassot, attuale pastore delle Valli Valdesi, la sua opinione sulla Sindone. Ayassot è autore di un recente libretto sulla «reliquia» in cui espone le riserve dei protestanti. Ha diretto per quindici anni il settimanale valdese «La Luce» e pubblicato diversi saggi di carattere storico e monografico tra cui il libro «1 protestanti in Italia». «Cittadini, mi sono accorto che siete anche troppo religiosi»: con queste parole l'apostolo Paolo iniziò il suo discorso agli intellettuali di Atene circa 19 secoli fa. Per le strade e le piazze della città era stato impressionato dal gran numero di altari e di santuari tra i quali persino uno dedicato al dio ignoto. Mi domando se l'apostolo Paolo non ripeterebbe queste parole se venisse oggi a Torino in piena «operazione Sindone». Siete anche troppo religiosi... Infatti venite a venerare — qualcuno dice persino adorare — una reliquia la cui origine è molto dubbia, la cui storia non si può far risalire che al XIV secolo e la cui autenticità non è mai stata provata dalla scienza, né mai nemmeno ufficialmente dichiarata da alcun papa o concilio né antico né moderno. Si sa infatti che la Sindone torinese non è che una delle varie sindoni apparse nel mondo e offerte alla venerazione dei fedeli anche se oggi è quella che sta godendo di maggiore successo. Tutti sanno che la sua «entrata nella storia», come dicono i sindonologi, risale solo al 1349, e che prima di quella data non si ritrovano che tradizioni e leggende contraddittorie che spesso confondono le varie sindoni tra loro. Per quanto concerne la ricerca scientifica, che da un secolo a questa parte si va intensificando, sarà interessante conoscere i risultati del prossimo congresso di sindonologia che avrà luogo a Torino. Ma le ipotesi possibili sono soltanto due: o i risultati saranno negativi, il che metterebbe la Chiesa in grave imbarazzo anche se ha conforto della sua prudenza nell'evitare qualsiasi autenticazione ufficiale. Oppure i risultati saranno positivi. In questo caso ci si può legittimamente domandare in che cosa potrebbe consistere tale positività. Al massimo nel dimostrare che il lino fu tessuto circa duemila anni fa in un paese del vicino Oriente e che servì da lenzuolo funebre. Ma di chi? Chi potrebbe mai provare che fosse proprio Gesù di Nazareth, uno tra le migliaia di condannati a morte mediante crocifissione in quei tempi lontani? A questo punto i sindonologi debbono fare un salto di qualità e parlare di fede. Mentre mi riserbo di tornare sull'argomento, accenno brevemente all'ultimo tema, quello della fede, sul quale spero presentare ulteriori spunti di meditazione. La fede cristiana ha come fondamento insostituibile la Bibbia e per quanto ci concerne racconta la morte, il seppellimento e la risurrezione di Gesù contenuti nei quattro Vangeli e i riferimenti che vi fecero gli apostoli nelle loro lettere e nella loro predicazione. Sulla Sindone in tutto il Nuovo Testamento non c'è una sola parola. Vi si parla, è vero, del lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù, delle bende con cui fu fasciato, del sudario che gli fu posto sul volto, ma non si fa alcun cenno né della esistenza di qualche segno particolare sui lini, né tanto meno del fatto che essi venissero raccolti e conservati. Il che inoltre sarebbe stato un atto sacrilego proibito dalla legge ebraica della quale i primitivi cristiani erano stretti osservanti. La passione, morte e risurrezione di Gesù costituivano il tema centrale della fede e della predicazione degli apostoli. Sarebbe mai pensabile che avendo a portata di mano un argomento così irrefutabile come la Sindone nessuno se ne servisse, che nessuno in tut' ta la Chiesa apostolica vi facesse la benché minima allusione? Ma c'è qualcosa dì più ed è che la conservazione e tanto meno la venerazione dì oggetti collegati alla persona ed alla attività terrena di Gesù sono pratiche assolutamente sconosciute alla Chiesa cristiana primitiva. Persino il ricordo della persona fisica di Gesù era considerato di poco conto tanto che San Paolo poteva scrivere: «Se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne ora però non lo conosciamo più così». E aveva ragione perché la fede cristiana non si fonda sul culto di un morto ma sul Sgnore vivente, su colui che come dice sempre San Paolo, ha distrutto la morte e ha posto in evidenza la vita mediante l'è vangelo. Ma se il Cristo è il vivente Signore della Chiesa e della storia, allora il culto che gli dobbiamo non consiste nella venerazione di un lenzuolo funebre ma nell'esercizio quotidiano del suo vivente amore che oggi come allora si rivolge ai minimi di questo mondo, offrendo non una nuova devozione ma aprendo loro dinanzi nuovi orizzonti di vita. La fede cristiana non può centrarsi sulla commemorazione di un defunto e tanto meno della sua immagine stampata su di una tela ma nel servizio di colui che è vivente perché sia restituita e garantita dignità di esistenza a tutte le creature per le quali egli è morto sulla croce ed è risuscitato. Ernesto Ayassot

Persone citate: Ayassot, Ernesto Ayassot, Gesù, Nazareth

Luoghi citati: Atene, Cristo, Italia, San Paolo, Torino