"Guerra,, tra possidenti e ricattatori con omicidi e arresti nel Palermitano

"Guerra,, tra possidenti e ricattatori con omicidi e arresti nel Palermitano "Guerra,, tra possidenti e ricattatori con omicidi e arresti nel Palermitano le pretese, chiedendo sempre più alte somme di denaro e facendo terribili minacce. Così a poco a poco, a Trappeto e nei paesi vicini (Partinico, Balestrate, Cinisi), s'è andato instaurando un clima di paura e sospetto al quale contribuisce l'omertà che soffia da una all'altra casetta bianca del litorale e dell'entroterra votato al vigneto e ai placidi uliveti. Spavento e silenzio, quindi, come sempre stanno alimentando odio e vendette. Francesce Sansone, 36 anni, vistosi baffi nerissimi, robusto ma soprattutto ricchissimo possidente di Partinico, è stato arrestato dai carabinieri quale mandante dell'omicidio di Domenico La Fata, 37 anni, padre di cinque figli, pregiudicato, che credeva da mesi suo persecutore, l'uomo cioè che gli telefonava la notte, gli mandava lettere minatorie con le più inquietanti e cupe minacce. Sansone — almeno secondo i carabinieri, perché lui si dice innocente — avrebbe deciso di metter fine ai tormenti suoi e degli altri proprietari della zona, ordinando a un DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Anziché rivolgersi alla polizia in modo che giustizia sia fatta, i possidenti di Trappeto, un bellissimo paese in riva al mare a quaranta chilometri da Palermo, sono entrati in azione e stanno facendo tutto da soli, decimando una banda di ricattatori che avevano alzato «picciotto», forse un killer professionista, di assassinare La Fata. Il delitto risale a mercoledì sera ed è stato commesso nei campi di Trappeto, a «Piano Inferno» una contrada cosi chiamata perché brulla e isolata. Gli investigatori ritengono che a sparare sia stato uno che se ne intende, proprio un sicario, perché si sarebbe servito di una rivoltella calibro 38 munita di silenziatore piuttosto che del «solito» fucile da caccia a canne mozze che spara il piombo della famigerata lupara. Due mesi e mezzo fa, il 28 maggio, una domenica caldissima e silenziosa, nel primo pomeriggio Domenico La Fata era già scampato per un caso alla morte. Fu quando il possidente Vito Caruso, di 61 anni, irruppe in un bar al centro del paese e assassinò con una pistola e un fucile due presunti complici del pregiudicato, Carlo Orlando e Giuseppe Cirami. La Fata non c'era, era rimasto a casa. Caruso uccise anche l'incolpevole Giuseppe Pollari in gita i con la fidanzata ed entrato nel bar a comprare i gelati anche per gli amici che li aspettavano in automobile, li davanti. Catturato nella tarda serata dello stesso 28 maggio, Caruso confidò ai carabinieri: «Mi dispiace che non c'era Domenico La Fata, perché avrei ucciso anche lui». Sembra che La Fata e gli altri due da tempo avessero preso di mira il possidente e il suo fratello minore. Ma mentre quest'ultimo avrebbe pagato otto milioni quale prezzo d'una tranquillità non si sa quanto duratura, Vito Caruso aveva tenuto duro e aveva fatto sapere un po' a tutti in paese che una volta o l'altra l'avrebbe fatta pagare cara a «quelli lì». I carabinieri e il pretore di Partinico Rocco Camerata Scovazzo ora sono persuasi che Francesco Sansone abbia imitato Vito Caruso senza però esporsi in prima persona ed assoldando uno dei killer che sono la bassa forza delle nuove leve mafiose perché si offrono anche a poco prezzo: un milione a omicidio. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Palermo, Partinico, Trappeto