Sono arrivati di corsa (in 85) ai 3130 metri dello Chaberton

Sono arrivati di corsa (in 85) ai 3130 metri dello Chaberton Partiti in 86 per il 12° trofeo (23 chilometri) Sono arrivati di corsa (in 85) ai 3130 metri dello Chaberton I « denti di drago » (questa la denominazione in gergo militaresco) del forte dello Chaberton spaventano già solo a guardarli da lontano, immaginiamo poi ad arrivarci a piedi. E di corsa, per giunta. Eppure anche quest'anno ce l'hanno fatta in 85 su 86 dei concorrenti partiti per la dodicesima edizione del Trofeo Monte Chaberton, gara individuale di marcia alpina. II vincitore, Edo Ruffino, 24 anni, dell'Unione Sportiva Coazze, ha impiegato, per percorrere i 23 chilometri della gara, un'ora, 38 minuti e 55 secondi. Dietro di lui, con limitati distacchi — tenendo conto delle difficoltà del percorso — suo fratello Elio, Felice Oria e, a pari merito. Marco Treves e Silvio Calandri, il vincitore delle due ultime edizioni. Il record dello scorso anno — un'ora 35 minuti e 55 secondi — non è stato abbassato. La classifica a squadre vede in testa, ovviamente l'Unione Sportiva Coazze, la società dei due fratelli Ruffino, seguita dall'US. Challant con Treves e Calandri e dall'U.S. Cuatto. Per capire il valore dell' impresa sportiva vediamo il percorso. Si parte dal piazzale della chiesa di Claviere (1750 metri) e seguendo un sentiero fra i boschi ci si arrampica fino alla Piana delle 7 fontane: alcuni chilometri non troppo faticosi, ma che devono servire giusto per « scaldare i muscoli ». Il percorso poi esce fuori pineta e il fondo, da in terra battuta, diventa pietroso. Così si prosegue fino ai 2700 del Colle Chaberton con uno strappo finale su ghiaione e neve che porta ai 3130 metri della Punta Chaberton. Si ridiscende quindi sul colle e poi alle Grange Quaillet (2050) m.1: sempre su pietraia. Un sentiero sterrato riporta ai 2100 della Cresta Nera e. finalmente, fra sottobosco e prati, si cala su Cesana dove è piazzato il traguardo. Particolarmente « interessante» il tratto finale che si deve percorrere balzando da un masso all'altro del letto di un torrente. « Uno dei vunti più pericolosi ». dicono i concorrenti dopo l'arrivo. « Basta sbagliare un passo e ci si spacca una caviglia. E con tutta quella fatica nelle gambe... ». I commenti di quasi tutti i concorrenti sono improntati ad una grande soddisfazione. Il vincitore (oltreché di questa anche di altre 8 gare su 10 disputate quest'anno): « Forse una delle corse più belle. Ma anche certamente una delle più dure. Nei tratti in discesa su pietraia, i sassi scendono più veloci dei corridori: si rischia continuamente di cadere e le cadute sui sassi sono pericolosissime ». Il fratello Elio rincara la dose: « C'erano ancora molti canaloni pieni di neve: ad un certo punto ho preso uno scivolone che credevo di non fermarmi più ». Entrambi lavorano alla Cartiera di Coazze. « E nel tempo libero ci alleniamo... portando in pastura le bestie del papà ». Qui non siamo alla solita marcia non competitiva: tutti i partecipanti sono veri atleti e corrono per il risultato. Qualcuno, magari, non ha molte speranze, però si impegna ugualmente « alla morte ». E' il caso di Alessandro Odin, dello Sport Club Angrogna, ha 42 anni ed è uno dei concorrenti più anziani. Eppure è arrivato nono. « Quando mi alleno? Tutti i giorni falciando l'erba e lavorando la campagna ». II più giovane, invece, è Massimo Albano. Ha 18 anni, studia da odontotecnico a Torino e corre con il numero 1. Non ha ancora tagliato il traguardo che la mamma gli si precipita addosso a coprirlo. « Non sei mica caduto? », si informa immediatamente il padre. Ma Massimo è un atleta e respinge le eccessive attenzioni: « Ho trovato molto faticoso perché mi alleno poco », spiega. « Soprattutto la parte in discesa ». Ci sono anche due donne. La prima a tagliare il traguardo, un paio d'ore dopo essere partita, è Maddalena Gozzano. Spiega il suo exploit: « Mio marito corre in bicicletta, mio figlio fa atletica, io, per non stare in casa, mi sono data alle gare di marcia. Per allenarmi faccio il giro della città di Ciriè, dove abito, ma di rado trovo il tempo necessario. Altrimenti mi tengo in forma correndo intorno al tavolo a servire figli e marito o per la casa facendo le pulizie ». Incredibili personaggi, questi « atleti della domenica ». I miliardi di Thoeni, Panatta o Paolo Rossi sono lontani da loro mille miglia. Eppure sono, forse, altrettanto atleti e, certamente, molto più contenti. Dopo la gara non hanno docce calde, né massaggiatori, né allenatori che tengono conferenze stampa: si lavano alle fontane gelide, si cambiano in macchina o nei bar e ripartono felici dandosi tutti appuntamento per la settimana — e la faticaccia — successiva. Giorgio Destefanis Marchis)

Luoghi citati: Angrogna, Cesana, Ciriè, Coazze, Torino