Il Concordato attende un negoziato profondo

Il Concordato attende un negoziato profondo I PROBLEMI DEL NUOVO PAPA Il Concordato attende un negoziato profondo Chi cercasse nelle pagine del cardinale Luciani prima dell'avvento al soglio qualche spiraglio sulle prospettive della revisione concordatari? resterebbe amaramente deluso. Spirito autenticamente pastorale e sacerdotale, scelto proprio per l'estraneità ai maneggi curiali e alle estenuate raffinatezze della corte romana, l'antico patriarca di Venezia non si è mai occupato ex professo delle relazioni fra Chiesa e Stato, non ha mai retto nessun ufficio della Santa Sede interessante la politica estera del Vaticano, è stato vicepresidente della Conferenza episcopale italiana in un periodo in cui il supremo organo dei vescovi si asteneva dal prendere dirette posizioni negli intrecci fra le due Rome, anche in ossequio alla linea di discrezione e di cautela del suo presidente, il cardinale Poma, un montiniano che ricorda, per elevatezza di stile e finezza di pensiero, il cardinale Della Chiesa. Ho letto non so dove (la fertilità dei commenti è inversamente proporzionale alla rarità delle previsioni) che una certa frase del cardinale Luciani letta su una rivista antoniana di Padova sarebbe interpretata come la spia di una «linea dura» sulla revisione del Concordato lateranense, un'impresa in cui Papa Montini aveva impegnato tutto se stesso, fino a raccomandarla con particolare, toccante fervore al presidente Pertini nell'ultimo improvvisato incontro di Castel Gandolfo. E la frase sarebbe esattamente questa: 'Le leggi meno si cambiano meglio è...». A parte l'identificaziòne, un tantino disinvolta, fra una legge vera e propria e il Concordato, che è sempre uno strumento diplomatico, ritmato sulla labilità della storia, a noi sembra di ricordare che a quell'immagine il futuro Papa Luciani ricorse in un contesto che nulla ci aiuta a capire circa i suoi orientamenti sulla sopravvivenza o meno, e in quali forme, dei Patti del Lucrano sottoscritti mezzo secolo fa da Pio XI e da Mussolini; eravamo al congresso eucaristico di Pescara nel settembre 1977, il mondo laico assisteva con qualche stupore alla ripresa in forze del laicato cattolico dopo la prova non felice del referendum anti-divorzista, si discuteva della revisione del codice di diritto canonico, la voce degli impazienti si alternava a quella dei conservatori a oltranza, il buon patriarca di Venezia fece sentire una sua nota di candore che echeggiava quella di un lontano predecessore della Laguna, del cardinal Sarto: *La fretta in questo delicatissimo lavoro non può che nuocere: con Montesquieu dobbiamo dire: le leggi bisogna toccarle con mano tremante». Che ci sembra, in verità, tutt'altra cosa. In ogni caso neanche le citazioni del cardinale Luciani, giornalista e poligrafo instancabile, animato da un sincero zelo missionario, autore di un Piccolo sillabo per i credenti delle sue parrocchie o delle sue diocesi, ci aiuterebbe a capire molto sugli indirizzi del nuovo Pontefice circa lo specifico problema delle relazioni concordatarie. Al riferimento a Montesquieu, che adombrerebbe una cultura alla Montini, si alternano riferimenti a Bossuet, indici di una cultura più tradizionale: in uno degli ultimi scritti ospitati dalla rivista fiorentino-romana Prospettive nel mondo, quella degli amici di Fanfani, intitolato «Dottrine assassine ammali rate di religione» e dedicato al terrorismo dopo il rapimento di Aldo Moro, c'è un richiamo esplicito e ostentato al grande predicatore francese, all'autore delle Oraisons funèbres, di questo tenore: *Uove nessuno comanda tutti comandano e la. via è aperta al caos». E c'è un giudizio tagliente e per certi aspetti definitivo sui membri delle Brigate rosse di estrazione cattolica o ex allievi dell'Università di.Trento: 'Anche ai tempi di Sant'Agostino c'erano i cirtoncellioni, punta di diamante del donatismo, raccolti in bande, armati di bastoni, coltelli e forche...». La conferma, prevista ma egualmente significativa, di tutte le cariche direttive all'interno della gerarchia vaticana, compresa la segreteria di Stato nelle mani del cardinale Villot — uomo di raro equilibrio e prudenza, che guarda alle cose italiane col naturale distacco di un francese colto — ci aiuta a capire quello che potrà succedere della revisione del Con cordato, dal punto di vista della Chiesa, assai più dei frammenti di pensieri estratti col forcipe dalle ricche antologie di sericei del cardinale Luciani. E tutto fa pensare che non ci saranno correzioni sostanziali di rotta rispetto alla linea di Papa Paolo: qui più Paolo che Giovanni, il nuovo Pontefice. La materia dei concotdati, in genere, è tutt'altro che pacifica al l'interno del Sacro Collegio. Già nel Concilio Vaticano Secondo emerse una corrente larga e autorevole di patres ostile alla salvaguardia dello strumento concordatario, con argomentazioni non limitate al ruolo dei nunzi o dei delegati apostolici ma estese al carattere di fondo della «missione ecclesiale» nel mondo contempo ranco. Il confermato segretario di Stato non ha fama di essere un «patito» dei Patti concordatari: cui il suo Paese d'origine ha rinunciato da molto tempo, senza danno né per il fiorire della religione né per i suoi approfondimenti teologici. L'elezione di Papa Giovanni Paolo I ci fa supporre che sul suo nome, di caidinale non di curia, di simbolo dei semplici e dei poveri, siano confluiti anche molti dei porporati progressisti, magari gli stessi che nelle assise ecumeniche non si erano pronunciati in linea di principio per i concordati. Ma è altrettanto certo che la linea progressista dell'episcopato — ammesso che questi termini abbiano un senso in un mondo spesso insondabile — si identifica per molta parte con quella di monsignor Casaroli, l'instancabile negoziatore di concordati, o di accomodamenti concordatari, coi Paesi dell'Est europeo sottratti all'integrale scristianizzazione degli anni dello stalinismo ruggente. E il Concordato italiano si lega in larga misura ai concordati dell'Europa Orientale, nonostante la differenza di contesti internazionali e di strutture politico-sociali. Ecco perché continuiamo a ritenere che il negoziato sarà ripreso al punto in cui a dicembre fu accantonato, non dalla presunta pigrizia della classe politica italiana (di cui qualcuno, anche in campo laico, ha favoleggiato) ma dalla serietà dei problemi ancora irrisolti. Serietà che esige, per i laici non meno che per i credenti, quella prudenza che mai come in questo caso appare una virtù cardinale. Quali punti sono ancora in sospeso? La seconda bozza di revisione del Concordato lateranense, quella sottoposta in via informale all'esame dei gruppi parlamentari nell'autunno scorso, registrava un indubbio passo avanti, dal punto di vista dello Stato, sul puntochiave della legislazione matrimoniale, quella che rappresentò la massima abdicazione del regime fascista al Vaticano nei Patti del '29. La Santa Sede finiva per accogliere, sia pure in forme che lasciavano zone di dubbio o di perplessità, la caduta della riserva di giurisdizione in favore dei tribunali ecclesiastici, una riserva in assoluto contrasto con la laicità di qualunque Stato moderno, anche a maggioranza cattolica. Era una via complessa' che arrivava alla sostanziale equiparazione delle sentenze di nullità ecclesiastiche con le sentenze straniere, senza però riconoscere formalmente il principio della separazione fra i due ordinamenti, cioè il principio della divisione netta fra gli effetti civili e gli effetti canonici dell'atto matrimoniale, proprio delle società fondate su quello che per le forze laiche rimane l'obiettivo terminale, lar corretta e leale separazione fra Stato e Chiesa. Precisi interrogativi permanevano più che mai aperti sulle altre due questioni fondamentali oggetto dell'ampio e approfondito dibattito alla Camera nel novembre 1976 (dopo che la pubblicazione degli atti della prima commissione Gonclla aveva finalmente smosso le acque, colmato il vuoto aperto dallo «choc» del referendum divorzista), e cioè gli enti ecclesiastici e la scuola. Sul primo punto persisteva una tendenza, inaccettabile per i laici, ad allargare l'area degli enti con finalità religiose o di culto, fino a sconfinare sul piano della cultura, istruzione e assistenza. E la piena facoltatività dell'insegnamento religioso in tutti gli ordini di scuole rimaneva un punto fermo comune alle varie forze di ispirazione laica, risorgimentale o meno. A complicare le cose era giunta la polemica sulla legge 382... Ecco perché nuovi scambi d'idee fra le due delegazioni, italiana e vaticana, si erano imposti nel corso dell'inverno, pure nel clima di tensione che doveva sboccare nel 16 marzo e nell'emergenza. Se quegli approfondimenti sono stati compiuti, da una parte e dall'altra, occorre che le forze politiche ne siano portate a conoscenza, senza precipitazioni e senza interferenze. In televisione ho sentito, alla vigilia dell'elezione di Papa Luciani, il cardinale Siri che si lamentava della nuova bozza concordataria, ma da un punto di vista di intransigenza ecclesiastica. In materie come queste, senza l'ausilio del potere politico che poi si paga sempre, i punti d'incontro sono difficili a realizzare. Non a caso i concordati fra la Chiesa e gli Stati democratici sono così rari. Giovanni Spadolini

Luoghi citati: Castel Gandolfo, Europa Orientale, Padova, Pescara, Venezia