C'è tutto il dolore del mondo di Gabriella Poli

C'è tutto il dolore del mondo C'è tutto il dolore del mondo Afiondato nel remoti rfcor< della mia Inianzia c'è una vi*' notturna alla Sindone. Diti u bimbo • sangue - - leri'a >. « rona di spine : gli farà moi'a , impressione c'ie dirgli « morte » DI quella notte mi è rimasto dentro un solco profondo. Per questo, a distanza di tinti e tan.i anni, ho voluto rivedere la Sindone. Senza le falda degli abiti degli adulti che mi sfioravano ruvidamente la faccia, senza la rassicurante mano materna che mi ripescava dai margini della gran folla per rimettermi in correggiata; senza Incensi, né balbettii luminosi di candele, né la poderosa voce dell'organo. Soprattutto senza innocenza. Ho rivisto la Sindone intruppata tra giornalisti di tutte le lingue accorsi alla conferenza stampa di presentazione: gaie croniste e Inviati ciarlieri, fotografi In maniche di camicia, cineoperatori stracarichi, cameramen affaccendati e disinvolti. Lui era là. Lui, l'Uomo. Inaccessibile, segreto, lontano. Con la sua immagine millenaria Impressa sul lungo lenzuolo imprigionato dalla teca di cristallo antiproiettile (umiliante segno dei tempi) issata sull'attor maggiore del Duomo. A distanza, disseminato In impaziente disordine, il nostro brulichio chiassoso, le vesti nere e I grigi clergymen dei preti, le incongrue divise dei poliziotti privati, le lampade accecanti, il ronzio delle cineprese, gli scatti degli obbiettivi. E la voce un po' accorata dell'arcivescovo che cercava di spiegare il significato « solo religioso • dell'ostenslone; una voce presto spenta nel malinconico stupore di chi si scontra con l'indifferenza. Era sabato di mattina. Fuori del tempio, sulla piazza inondata di sole, c'era già una piccola folla di pellegrini, anch'essi dalle molte lingue; in attesa, quelli sì, di rendere omaggio al sudario devotamente avvolto intorno al corpo dell'Uomo torturato e crocifisso. Ma quando l'arcivescovo ha dato via libera al nostro piccolo esercito nevrotico e ci ha consentito di salire dalle navate del Duomo immerso nella penombra fin quasi a toccare la teca della Sindone, è stato come se l'Uomo, dal suo misterioso giacere nel sepolcro, perentoriamente imponesse il silenzio. Tacevamo tutti. E I nostri occhi, incollati alla traccia del sangue e della morte, ne scoprivano via vìa i segni sconvolgenti. Prima il volto, sereno malgrado la tumefazione, con l'alta fronte rigata di sangue, poi il costato trafitto, il polso e il piede trapassati; e sull'impronta dorsale, la nuca ferita, le spalle contuse, la schiena e le gambe orrendamente flagellate. Vicino a me un medico sussurra: « E' stata una morte terribile: dopo le botte, i colpi del flagello ferrato, l'enorme peso caricato sulle spalle, l'hanno appeso a tre chiodi conficcati in ciascuno dei polsi e sui piedi sovrapposti >. Una donna bruna piange quietamente: vedo le lacrime rotolare sulle guance, sotto Il piccolo binocolo che tiene fissato sull'Uomo della croce. Ma chi è quest'Uomo? Da quali infinite lontananze ci parlano il suo martirio e la ferocia dei suoi carnefici? E' davvero questo, come molti ritengono, il segno della passione del Figlio di Davide • obbediente fino alla morte e alla morte di croce? ». Le cineprese hanno smesso di ronzare. La figura « inquietante e conquidente » ci sovrasta. Credenti o no. l'Uomo dal volto impenetrabile che ha sigillato nel silenzio dei secoli la sua straordinaria testimonianza scatena tumulto nel nostro profondo. E' l'Uomo del dolore, è la vittima di tutte le ingiustizie, di tutte le sopraffazioni. E' l'ebreo del lager, il partigiano crocifisso al palo del telegrafo, l'uomo di Lidice, il Marzabotto, di Hiroshima, di Son My, di Tal-al-Zaatar; delle segrete staliniane, cilene, argentine. Ma è anche il lebbroso, l'inietto, l'emarginato, il miserabile, il diverso. L'atroce specchio della vergogna del mondo Lo • scandalo della croce • scende attraverso i tempi. Se anche l'impronta di sangue e di morte esposta In Duomo non fosse dell'Uomo del Golgota, la lezione di quel sudario è per ciascuno di noi. E grida nelle nostre coscienze. Gabriella Poli

Luoghi citati: Hiroshima, Marzabotto