Dalle parole facili, dall'ironia veneta trapelano i punti del suo programma di Stefano Reggiani

Dalle parole facili, dall'ironia veneta trapelano i punti del suo programma Dalle parole facili, dall'ironia veneta trapelano i punti del suo programma Il discorso alla folla domenicale in piazza San Pietro è frutto della lunga esperienza di parrocchia e diocesi Ama fare ricorso agli esempi e agli aneddoti, soprattutto quando deve prendere posizione su un problema C'è quel sonetto del Belli sul « Papa pacioccone », scritto dopo l'elezione di Pio IX: «Quantici te guarda lì co quel'occhietti, I co quella su' boccuccia risarella, I nun te senti arimove le budella? / nun je daressi un bacio a pizzichetti? / E' papa, è vicecristo, è quer che vói: / eppuro, va', in parola da cristiano I a me me pare propio uno de noi. / ...ce la trovi la mutria da sovrano? / ce la scopri la faccia da padrone? ». Il nuovo Papa Giovanni Paolo I è un estimatore del Belli, che pure trattò « piuttosto male » nei suoi versi il pontefice bellunese Gregorio XVI. Poco tempo fa, a Venezia, Albino Luciani scrisse una lode abbastanza circostanziata dei sonetti, come ritratti di « vivacissima verità ». Il poeta deve essergli venuto in mente domenica, quando ha sentito il brusìo affettuosamente allegro della folla in piazza San Pietro e, dopo, quando ha Ietto l'effetto del suo discorso improvvisato, per il quale molti romani, tra i più impulsivi, sembravano tentati di dargli « un bacio a pizzichetti ». Il Papa deve avere ripensato anche a quella sua lettera immaginaria al Belli (pubblicata nel volume « Illustrissimi ») in cui affronta il problema della lingua: « Quanto meglio se, al¬ meno in conversazione, al posto delle difficili parole di moda, usassimo parole semplici e facili, magari prese a prestito dai vostri sonetti, ovviamente selezionati e purgati». Si capisce che l'uso della parola scritta e parlata è un vecchio motivo di riflessione per Papa Luciani: il suo discorso apparentemente improvvisato davanti alla folla domenicale non era che il frutto di una lunga esperienza veneta, tra parrocchia e diocesi. E così il discorso del mattino ai cardinali, rigorosamente scritto in latino, era il risultato dei suoi studi teologici e dell'ambizione ad essere sempre, come ha detto, « maestro e pastore ». Il nuovo Pontefice si ritrova tutto nei discorsi e negli articoli: con una chiarezza intorno allo stile e ai principi perfino sospetta. Magari cambierà. anzi sicuramente: l'orizzonte difficile del Vaticano non è quello raccolto del Patriarcato; ma, intanto, nelle parole del nuovo Papa, scritte prima dell'elezione o pronunciate dopo, c'è già una completa dichiarazione di fede e di metodi che combacia col carattere dell'uomo. Non per nulla all'infanzia povera e montanara (dunque vicina alla semplicità discorsiva della gente) è seguita una maturità piena di letture sorvegliate e di una vocazione incontenibile alla catechesi, all'insegnamento del Vangelo (ha detto in Conclave che bisogna dare al mondo « un supplemento d'anima »). Le parole di Luciani si possono dividere in due gruppi: le conversazioni e i programmi o pronunciamenti. Non di rado i due gruppi si mescolano producendo una forma di ironia propriamente veneta, dove l'intento educativo, intransigente, si addolcisce con gli esempi. Se deve rimproverare le femministe «che stanno scegliendo modelli di vi- la non cristiani» preferisce raccomandarle a santa Vilgefortis, l'unica santa barbuta della Chiesa (ebbe da un miracolo la barba per non essere chiesta in matrimonio e poter conservare la verginità). « Scherzosamente si può dire che una santa barbuta, liberata da un marito, ci vorrebbe proprio per le femministe, che partono con propositi feroci contro i barbuti uomini ». (L'esempio è nel libro « Illustrissimi »). Se deve prendere posizione, dura, sulla lettera di Berlinguer a monsignor Bettazzi preferisce riferire l'aneddoto di un vescovo polacco: « Attenti!, mi ha detto, la 'nossa è classica, noi la conosciamo; fanno di tutto per spaccare l'episcopato...». (Da un articolo su « Prospettive nel mondo »). Se deve affrontare in conversazione temi sociologici finge di scrivere una lettera a san Luca: « Non abbiamo voglia di essere dipendenti, miti, pazienti. Il progresso ci ha dato alla testa. Quanto al resto, capitalista o socialista, la civiltà è per ciascuno di noi solo temporanea: ci viviamo solo di passaggio ». (In « Illustrissimi »). Tenuto conto che lo stile più asciugato e abile di conversazione è quello usato in piazza San Pietro con accento e incespicaturc venete (« Ieri son andato in Conclave a votare; ...mai mi sarei aspettato quello che stava per succedere... Un collega mi ha detto: "Coraggio, tanta gente nel mondo prega per il Papa" »), cerchiamo i punti programmatici e le preoccupazioni di Luciani nei suoi scritti e discorsi, soprattutto nell'ultimo, davanti ai cardinali. Difesa dell'istituzione. La Chiesa è oggi insostituibile, « la sua immensa forza spirituale è garanzia di pace e di ordine »; la pace del resto è « tranquillitas ordinis », tranquillità di un ordine. Che cos'è che favorisce « la disunione »? « Le vampate di nazionalismo esagerato, sia nei popoli vecchi che nei nuovi; la divisione del mondo in blocchi opposti guidati da superpotenze; le tensioni sociali, che ormai non sono più solo tra classe e classe, ma tra regione e regione, tra Stati ricchi e Stati poveri ». Quanto alla crisi del principio di autorità bisogna ricordare Bossuet: « Dove tutti fanno quello che vogliono, nessuno fa quello che vuole; dove nessuno comanda, tutti comandano; dove tutti comandano, nessuno comanda ». Compito missionario. La Chiesa (che « conserverà intatta la grande disciplina nella vita dei sacerdoti e dei fedeli ») deve ricordare che « il suo primo dovere resta quello dell'evangelizzazione ». Se i cattolici sapranno essere « instancabili missionari del Vangelo, una nuova fioritura di santità e di rinnovamento sorgerà nel mondo assetato di amore e di verità ». Problema della educazione. «... Quale problema enorme è capitato addosso a genitori, educatori, pastori d'anime e pubbliche autorità. Problema tanto più grosso quanto più la gente è gelosa della propria libertà e quanto meno oggi è possibile ricorrere alla censura e alle proibizioni. Troverà lo Stato il modo di limitare la libertà quando è in evidente contrasto col bene pubblico? ». E poi, nella scuola, « la società viene mostrata agli alunni nei suoi aspetti deteriori, a volte a bella posta gonfiati; vien detto: "Ragazzi, ecco il vostro bersaglio, sparate contro" ». Nella condotta sociale, « se viene respinto il magistero della Chiesa, mancano i punti sicuri di riferimento, ciascuno interpreta il Vangelo come vuole ». Certo, raccogliere insieme le lettere del Patriarcato, gli articoli dell'altro ieri e i discorsi di ieri può creare qualche imbarazzo di stile; Papa Luciani ha usato la parola alta e bassa, seguendo le circostanze. Ma i princìpi restano fermi, l'intransigenza netta: si capisce che il dialogo con i laici a Venezia sia stato difficile, qualche volta tempestoso. C'è un avverbio che ricorre nel libro « Illustrissimi »: moderatamente. E' una regola che il Papa ha spiegalo ai cardinali quando ha detto che bisogna vegliare sugli effetti del Concilio, contro le spinte « generose, ma forse improvvide » e contro le « forze frenanti e timide ». In latino o in lingua italiana, temperata dal veneto, non c'è dubbio che Papa Luciani si farà capire. Al Belli, poeta romanesco non sempre tenero con i papi, Luciani confermò nella sua lettera fantastica: « Possedere salde convinzioni è bello ». Stefano Reggiani

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