Due vedove del nubifragio raccontano la tragica notte

Due vedove del nubifragio raccontano la tragica notte L'aiuto dei lettori alle vittime dell'alluvione nell'Ossola Due vedove del nubifragio raccontano la tragica notte Erano sposate a due fratelli, uno dei quali è morto assieme alla figlioletta - Si erano riparati tutti in una vecchia casa quando la montagna è improvvisamente franata, portando via tutto DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE DOMODOSSOLA — Anche nella piana del Toce l'alluvione di metà agosto ha lasciato disperazione e morte. Cosasca, una frazione di Trontano all'imbocco della valle Vigezzo, ignorata dalle carte geografiche e persino difficile da trovare perché non ci sono neanche chiare segnalazioni stradali, piange tre morti: i fratelli Agostino e Pietro Manini (38 e 31 anni) e Cinzia, 8 anni, figlia di Agostino. In questo paesino di 800 abitanti dove il lutto delle famiglie Manini è ancor oggi dolore per tutti, si avverte più che altrove l'amara rassegnazione a questi disastri naturali che si rinnovano di generazione in generazione trasformando interi villaggi in desolate distese di sassi o in laghi, come accadde tre secoli fa ad Antrona Piana. Qui le pietre della montagna che incombe dietro l'abitato sono un elemento costante della vita comune: gli uomini che non hanno trovato impiego nelle fabbriche di Domodossola sono cavatori o scalpellini; di massi squadrati sono le case più vecchie, pareti e tetti; di pietra grigia è anche la chiesa, che pure è di recente costruzione; con spuntoni di granito sono delimitati i prati e i vigneti. Oggi il paese è in gran parte sepolto dai sassi: la montagna alle spalle ha franato, i ruscelli in piena hanno trascinato al piano distese di sabbia e di tronchi. Ci siamo andati per portare alle vedove Angela Grassi, 31 anni e Rosaria Bruschetti, 24, la testimonianza della partecipazione dei nostri lettori al loro dolore, consegnando ad ognuna di loro un milione. Le due giovani con il piccolo Davide, 2 anni, figlio di Rosaria sono uscite da poco dall'ospedale (il bimbo ha ancora il petto ingessato) e sono ospitati dai genitori dei mariti, Antonia e Giuseppe Manini. La nostra visita commuove tutti: ci stringono più volte la mano e ci ripetono di ringraziare i lettori. Pensavano che ormai, come spesso accade, la loro tragedia fosse stata dimenticata. Non ci sono lacrime negli occhi delle due donne: la tragedia di cui sono state protagoniste e vittime sembra averle impietrite. Tutte e due ci accompagnano sul luogo dove è avvenuta la sciagura assieme al parroco, don Renato Lodoli, all'unico fratello sopravvissuto Beniamino, ai parenti, agli amici che si sono radunati al nostro arrivo. Da un paio di anni erano andate ad abitare in località Grignaschi, nelle case che i loro mariti, uno autista della ditta Poscio, l'altro saldatore in una fabbrica, avevano costruito « a tempo perso ». Ora le due case emergono a mala pena dai detriti, ma prima tutt'attorno era un grande prato verde. Racconta Rosaria: « Ci eravamo radunati insieme a cenare a casa mia. Sentivamo la pioggia scrosciare giù dalla collina, ma non eravamo troppo preoccupati, pensavamo ad un acquazzone d'agosto. Poi però è cominciato un rumore insolito, di grossi sassi che rotolavano per finire contro i muri: un martellio terrificante. Abbiamo preso in braccio i bambini e siamo fuggiti. L'acqua mi saliva sino al collo ma sfamo arrivati sino al ponte che porta alla statale della vai Vigezzo ». Il torrente in piena li respinse. Trovarono rifugio in una vecchia casa addossata a un'altissima roccia tutta coperta da vigne. Era la caso disabitata dei nonni e pareva sicura, quasi protetta da quella parete a picco. Accesero il fuoco e cercarono di asciugare i due bambini. Ricorda Angela: « Cinzia a un certo punto mi dice "mamma, andiamo via, qui moriamo tutti". Ma proprio in quel momento vedo la sedia su cui è seduto mio marito alzarsi da terra, galleggiare nell'aria e sparire. Poi c'è stato lo schianto. Sono rimasta sepolta, ma con la testa fuori e sono riuscita a liberarmi e a chiedere aiuto a un vicino. Sapevo che sotto a quei sassi la mia Cinzia, una bimba così allegra, così vivace, era morta. In ospedale mi volevano far credere che fosse soltanto ferita, ma io l'ho saputo fin da quella notte, che non l'avrei più rivista ». Rosaria invece era schiacciata da un macigno « grosso come un tavolo ». Ma cadendo aveva fatto scudo con una gamba al piccolo Davide. «Lo sentivo sotto di me e gli ho parlato sino a quando sono arrivati i pompieri in canotto a tirarci fuori. Ma per notti e notti in ospedale sì svegliava piangendo». Per le due giovani vedove è difficile dimenticare. Nella casa dove abitano ora non le lasciano mai sole. «Avevamo tutti tanta paura quando sono tornate dall'ospedale, spiega il parroco, ma sono coraggiose. Un vero esempio. Ora bisogna aiutarle a trovare un lavoro ». Come abbiamo pubblicato nei giorni scorsi, prima di Cosasca avevamo già visitato, portando gli aiuti dei let¬ tori di La Stampa e di Stampa Sera, Bruogno, Coimo, Toceno (dove ci sono state quattro morte), Malesco, Craveggia nell'alta valle Vigezzo. Altri comuni però sono gravemente danneggiati in valle Anzasca e in Valsesia. Ci andremo nei prossimi giorni con i fondi ohe conti¬ nuMdvlstm nuano ad arrivare ai nostri urlici (via Roma 80 e via Marenco 32 a Torino; corso della Vittoria 2 a Novara; via Ferraris 19 a Domodossola), secondo un impegno di solidarietà a cui i nostri lettori non sono mai venuti meno. Vittoria Sincero 8 Vvs <*\ Cosasca. Rosaria Manini con il figlio e la cognata: entrambe hanno perso il marito

Luoghi citati: Craveggia, Domodossola, Novara, Ossola, Toceno, Torino, Trontano