Unica previsione: favorito un italiano

Unica previsione: favorito un italiano Unica previsione: favorito un italiano (Segue dalla 1' pagina) nord-americani (8 statunitensi, 3 canadesi), 19 latino-americani, 9 asiatici, 12 africani, quattro dell'Oceania Il «Terzo mondo» dispone, in teoria, di quarantaquattro voti. Ma l'unico gruppo compatte è quello curiale e tradizionalista, mentre negli altri due schieramenti passano differenze sostanziali. Per raggiungere i due terzi più uno del «quorum» necessario all'elezione, cioè settantacinque suffragi, occorrerà dunque un compromesso fra i tre schieramenti o almeno fra due di essi. E qui si collocano le candidature, a seconda degli orientamenti, in una rosa tuttora molto ampia, ma che entrando in Conclave era concentrata su otto o nove candidati: Baggio, Bertoli, Pignedoli, Felici, Pironio (italo-argentino). Poma, Koenig e Willebrands. Pare che la battaglia elettorale — se il termine è lecito — si restringa, almeno all'inizio, ai nomi di Baggio, portato dai tradizionalisti, e di Pironio, sostenuto da gran parte degli innovatori, dai latino-americani, da alcuni del «Terzo mondo». I moderati punterebbero al principio su Poma, per passare poi su Pignedoli. Le prime votazioni, o prime battute, sono sempre di «assaggio» specialmente in un Conclave che si è aperto al buio. Ma se alcuni di questi candidati riuscissero a ottenere nei primi cinque o sei scrutini un certo numero di suffragi, rimarrebbero in lizza: ciò è accaduto nei precedenti Conclavi, per esempio con Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Giovanni XXIII, che riscossero sempre pochi, ma costanti voti (da cinque a otto o dieci) e alla fine prevalsero. E' presumibile che il confronto fra candidati tradizionalista, moderato e innovatore provochi una impasse, tanto più che la conoscenza reciproca fra gli elettori-eligendi è scarsa o nulla in molti casi, dato il gran numero di conclavisti. Non a caso i 111 cardinali hanno ricevuto un piccolo album con i ritratti e le generalità di tutti gli elettori così da evitare confusioni. Se Pironio e Baggio, dopo un duro confronto, non dovessero riuscire, si potrà profilare la candidatura di Paolo Bertoli, 70 anni, sostenuto dai francesi per le simpatie raccolte a Parigi dove fu Nunzio dopo Roncalli, ma che ha sostegni sìa fra i sudamericani perchè favorì la nascita della Conferrema episcopale latino-americana, sia in Curia e fra i moderati. Si dimise da prefetto d'una congregazione quando il sostituto Benelli volle imporgli un segretario generale sgradito. Il suo punto debole è la mancanza di esperienza pastorale perchè non è mai stato vescovo di una diocesi. E' chiaro che alcuni cardinali saranno i leaders dei «grandi elettori», specialmen¬ te di quelli indecisi. Un gran peso avranno in questo senso cardinali come Giovanni Benelli, come i tedeschi che attraverso la «Misereor» garantiscono forti aiuti alle chiese del Terzo Mondo, i porporati di Curia, quelli statunitensi. Benelli è considerato il «gran regista» del Conclave, anche se non è incluso fra i papabili a causa della sua età, 57 anni, ritenuta «troppo giovane». Il Papa ideale, dal punto di vista dell'età, dovrebbe avere da sessantotto a settantacinque anni perchè si punta su un pontificato di circa otto anni, mentre si esclude un papato più lungo. Quindi i candidati tra i 55 e i 60 anni sono ostacolati da previsioni... anagrafiche. La scelta del Papa è correlata alla scelta del segretario di Stato per as¬ sicurare un equilibrio di poteri. Un eventuale Papa italiano avrebbe, quasi certamente, un segretario di Stato non italiano e viceversa. Ma su tutti i problemi che agitano il Conclave, uno domina: il confronto fra tradizionalisti e moderati-innovatori perchè l'elezione del Papa è decisiva sulla attuazione o meno delle aperture conciliari. Non è esclusa una sortita di protesta a nome degli ultra-ottantenni da parte di cardinali conservatori: voterebbero in apertura a titolo dimostrativo per il decoro del Sacro Collegio, Carlo Confalonieri, escluso dal Conclave perché ha 84 anni in base alla riforma, contestata, di Paolo VI. Lo stesso padre Michele Pellegrino, parlando al Corso di studi cristiani ad Assisi, po¬ che ore prima dì entrare in Conclave, ha detto riferendosi alle pressioni dei conservatori: «Troverei strano che certe voci non avessero una loro rappresentanza nel Conclave. La gerarchia è un mondo composito. Ma io parlo della Chiesa di domini, che credo sia già la Chiesa di oggi, e dove la restaurazione non è possibile. Pochi anni fa era una piccola minoranza che auspicava l'apertura alla semplicità evangelica. Oggi solo una minoranza vorrebbe un ritorno al passato». E ha ricordato, fra l'altro, che la semplice bara di Paolo VI sul sagrato di S.Pietro «è una riga che non si cancella». Il «non ritorno» di cui ha parlato padre Pellegrino, che appariva in buona salute, e al | quale guardano non pochi «grandi elettori», è un dato di fatto sul quale il Conclave deve misurarsi nella scelta del Papa per la Chiesa degli Anni Ottanta. I grandi ordini religiosi, come i gesuiti, chiedono un Papa aperto al mondo. Ma i tradizionalisti, pur consapevoli che le novità del Concilio sono irreversibili, vorrebbero invece un Papa che mitigasse certi fermenti. Qui sta la difficoltà. E da essa dipende la durata del Conclave: «A giudicare dalle valigie imbottite di biancheria e vestiario — ci ha confidato un autorevole prelato — che i cardinali hanno portato con sé, il Conclave non durerà meno di sette giorni. Nessuno aveva la "ventiquattr'ore"». E' vero, però, che i «grandi elettori» si preoccupano di una rapida elezione per scongiurare l'immagine di una Chiesa lacerata dalle divisioni che si avrebbe in caso di un Conclave troppo lungo. Da oggi le «fumate» (12,30-13 la prima; 18,30-19 la seconda) daranno l'attesa risposta. Lamberto Fumo

Luoghi citati: Assisi, Oceania, Parigi, S.pietro