Sindone e arte nel Piemonte di Andreina Griseri

Sindone e arte nel Piemonte Sindone e arte nel Piemonte La diffusione della Sindone come immagine di devozione, è stata legata in Piemonte a un fatto determinante, per creare clima e cornice: dal 14S3 passata ai Savoia, simbolo ambizioso del patrimonio ducale, al pari delle reliquie dei tesori imperiali era entrata in un oculato rapporto di potere politico e permetteva di verificare una popolarità che la coinvolgeva direttamente su duplice fronte. L'iconografia si è svolta lungo questo binario, che tocca agli inizi, nel tardo gotico, le visite di castello in castello, più fitta nell'età barocca, sul punto di esibire un oggetto inestimabile misurando la crescente ampiezza politica delle piazze ducali. Traccia ricorrente, da quando aveva cominciato a discendere e a risalire da Chambéry a Torino le vallate di quei domini, entro un ducato in espansione, fino alle incisioni celebrative con i personaggi in parata. A lato era l'altro canale, quello degli affreschi votivi, con la stessa inquadratura a ricordo. Un breve spazio al di fuori delle sacre e profane rappresentazioni; non si registrava un fatto di teatro popolare, assente il dramma, la lotta tra il bene e il male che caratterizza la Crocefissione o la Salita al Calvario, dove la Veronica per prima, in quelle azioni, esibiva il sudario; con la ripresa della Sindone si tramandava la memoria di avvenimenti e diostensioni abbinati. Devozione colorata dalle attenzioni dinastiche. Lo dimostrano le stampe, nei bordi spessi e fioriti del barocco; moltiplicavano un cerimoniale affacciato ormai sulle piazze della capitale e poi direttamente sulla scena europea, quando per la cappella di palazzo la commissione passa dai Castellamonte al Guarini. Una scelta decisiva. Prima di lui la Sindone è un efficace trait-d'unicn, con sfumature più adatte ai Savoia che ai Borboni o ai Luigi di Francia (un'adesione severa, carne dinanzi ai Compianti lignei del gotico, in più il tono castigato che sarà tipico della Controriforma). Tra le date che contano, per le raffigurazioni, oltre la bolla del 1506 che permette la diffusione, quella dell'incendio del 1532 a Chambéry, da cui ' la Sindone uscirà con il caratteristico marchio delle bruciature; poi le date dei vari passaggi nelle valli, appuntati dagli affreschi popolari; fino al trasferimento a Torino nel 1578, con San Carlo pellegrino ritratto di fronte e preferibilmente di profilo. Ogni età aggiunge un suo commento, ora il calcolatore elettronico appoggiato ai negativi altrettanto elaborali del 1898; agli inizi è il delizioso codice miniato dal Duch. un pensiero filtrato con la luce e la semplicità di un primitivo francofiammingo, tanto più risolutiva in questo caso, offerto nel 1559 a Margherita di Francia ritratta con Emanuele Filiberto; presto si passa da un sommesso disegno del Lanino a Varallo, al sontuoso messale della Biblioteca Reale, miniato secondo il gusto ossessivo dell'Escoriai, polo fisso dell'ideologia e dell'arte di corte in quegli anni. Il soggetto si prestava: così stringente per la meditazione, vessillo didascalico passerà dal Moncalvo al Claret al Taricco (per un affresco nel Santuario di Vicoforte). Quanto alla parte popolare, che ricollegava incisioni e teatro popolare e intravedeva netta la figura del Cristo, includendo accanto i santi patronali, si potrà valutare la precocità dell'uno o dell'altro affresco ai margini dei percorsi, sui muri di cascine e cappelle, da Voragno di Ceres a Viverone, da Avigliana a Pinerolo. ai molti nel Biellese. da Aosta a Grosso Canavese, da Ciriè a Villafranca, da Castellinaldo a Revigliasco. Era per btziisRciCapGzivs buona parte impegno di confraternite; a corte la rappresentazione della Sindone, almeno per il '600, era .strettamente tutelata: i decreti ducali riservavano l'esclusiva a una famiglia, i Della Rovere, mentre il dato popolare continuerà ad infiltrarsi, magari in presenza degli stucchi del Castellamonte, e lo si incontra anche agli angoli estremi di piazza San Carlo. Questo fino al momento di Guarini. Risultato attuale e senza confronti, perché scartate le incisioni celebrative. Guarini volta pagina e sconvolge quel ritmo rallentato e lenticolare che si rifugerà nelle medaglie e nei ricami; con un'astrazione di intelligenza creativa corona la Sindone e la sovrasta nel grand'angolo della geometria proiettiva, quella che egli aveva discusso a Parigi. Erano gli anni del dopo Borromini e dopo Pascal, e la retorica iperbolica del Marino era per Guarini acqua passata. Lavorando dentro il barocco, con il marmo nero e grigio sceglie la luce; ritratto di Dio é anche il Sole, .per questo punta sul tema della Resurrezione, per tulli, contando su un argomento concreto, di liturgia interiore. Andreina Griseri Cristoforo Duch: Ostensione della Santa Sindone (1559). Una delle miniature del libro di preghiere offerto dall'artista a Margherita di Francia, duchessa di Savoia