Due extraterrieri per il profeta del Monte Amiata di Omero Marraccini

Due extraterrieri per il profeta del Monte Amiata Due extraterrieri per il profeta del Monte Amiata DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ARCIDOSSC — Pazzo o santo, Davide Lazzeretti, il « secondo Cristo tornato fra gli uomini », come si era proclamato, a cent'anni dalla morte (fu ucciso mentre guidava una turba di contadini, in uno scontro con i carabinieri la mattina del 18 agosto 1878 ad Arcidosso, sul Monte Amiata) riesce ancora a far parlare di sé. In questi giorni, infatti, ci sono stati dibattiti pubblici sulle cause individuali e classiste che portarono un uomo culturalmente modesto, quale il Lazzeretti (era barrocciaio), a dar vita a ima dottrina, fondata sulla comunità delle famiglie contadine, sulla spartizione dei loro beni, sulla parità della donna (cento anni fa, ricordiamolo) con l'uomo. Arrigo Petacco ha dedicato un libro a questo singolare personaggio ed alla religione cui dette vita, i « giurisdavidici », un movimento che ha ancora, sull'Armata, fiammelle di ardore. Dai primi del Novecento ad oggi in molti si sono occupati del « profeta dell'Armata », ma, come ha sottolineato lo stesso Petacco, « mai gli storici ufficiali ». Gramsci, nel « Risorgimento » gli dedicò un paio di pagine per lanciare l'accusa del « delitto di Stato » e Sereni, nel « Capitalismo nelle campagne », lo liquida con un paio di righe, per prenderlo in giro. Maupassant, che venne apposta in Italia, scrisse su di lui un articolo, abbastanza romanzato. Perché dunque a cent'anni di distanza questo « ritorno di fiamma »? Sull'Annata, fra la gente delle miniere e dei campi, fra i pochi seguaci del movimento giurisdavidico si può cercare una spiegazione, non senza però prendere ogni manifestazione esteriore con qualche cautela, come avvertono gli stessi lazzerettisti preoccupati che si voglia fare del loro « santo » un fenomeno da baraccone per il turismo. I « lazzerettisti » sono gente schiva, abituata a guardare il mondo esterno con sospetto, e non hanno tutti i torti: dai processi che seguirono la strage di Arcidosso sino agli Anni Cinquanta non sono mai stati lasciati in pace (soltanto nel 1965 hanno ottenuto il riconoscimento della loro religione dallo Stato italiano) e durante gli anni di Sceiba furono anche accusati di sevizie sui bambini (la cosa poi finì in una bolla di sapone) perché ci fu un rapporto alla procura della Repubblica in cui si diceva che marcavano a fuoco, con il simbolo del Davide, i figli appena nati. Non è a caso quindi se oggi questi montanari guardano con sorpresa e diffidenza al clamore che si fa attorno a loro. Forse proprio per questo motivo la notte di Ferragosto, sul Monte Labro, che considerano santo perché Davide vi si isolava in preghiera, di giurisdavidici nella zona ce n'erano soltanto tre: il gran sacerdote Turpino Chiappini (l'8° dopo la morte di Lazzeretti), il guardiano dell'archivio giurisdavidico, Aristodemo Fatarella ed un loro fedele, Marino Tommencioni. venuto da Milano. Gli altri erano rimasti nelle case, per sfuggire ai curiosi e ai turisti. C'erano, è vero, anche : rappresentanti del gruppo romano: la sacerdotessa Elvira Giro, il « papa », ingegnere Leone Graziani, e due giovani che parlavano di « fratel lanza cosmica » e sostenevano d'essere appena scesi da un disco volante... Qualcuno è uscito soltanto per assistere ai festeggiamenti organizzati in onore del « loro » santo dalle Amministrazioni comunali in collaborazione con il « Canzoniere internazionale » che rappresentava sulle piazze « Vita, profezie e morte di Davide Lazzeretti », uno spettacolo « Raccontato dal professor Cesare Lombroso con l'aiuto della compagnia dei malconci ». Fu proprio Lombroso, celebre criminologo di Torino, ad analizzare non soltanto alcuni reperti anatomici del Lazzeretti, ma anche i suoi scritti, giungendo alla conclusione che il « profeta » era stato soltanto un paranoico, un illuso ambizioso e ribelle. Nel dramma folk del Canzoniere, i « Malconci », incaricati di spiegare le teorie del Lombroso, si immedesimano invece nella vicenda giurisdavidica per i suoi contenuti sociali e religiosi. Agli spettacoli, sono seguiti dibattiti a cui, con altri, ha partecipato padre Balducci, che ha difeso l'opera del Davide per quanto riguarda il suo tentativo di trasformazione sociale. I giurisdavidici non hanno voluto prendere parte alla discussione, ma hanno contribuito alla mostra allestita sul Lazzeretti dal comune di Arcidosso portando numerosi cimeli e documenti, fra cui il rosario, il borsetto e le scarpe del loro « santo ». Resta ora da chiedersi, dopo le celebrazioni del Centenario, cosa rimarrà. Soltanto una cosa è certa: si farà sull'Amiata un museo civico che raccolga i documenti del movimento. E come prima cosa è stata chiesta al Museo criminale di Torino la restituzione dei paramenti che il « santo » indossava il giorno in cui fu ucciso. Omero Marraccini

Luoghi citati: Arcidosso, Italia, Milano, Torino