Perché sono accusati i dirigenti "ltalcasse"

Perché sono accusati i dirigenti "ltalcasse"L'arresto a Torino del conte Edoardo Calieri Perché sono accusati i dirigenti "ltalcasse" L'indagine aperta dalla Banca d'Italia che ha accertato irregolarità per 5 miliardi Dopo il presidente Arcaini è fuggito anche il ragioniere centrale dell'Istituto, Dionisi ROMA — L'indagine, che ha portato all'arresto di Edoardo Calieri di Sala a Torino ed al mandato di cattura per Marcello Dionisi, ragioniere centrale dell'Italcasse (che però non è stato rintracciato dai carabinieri che si erano presentati alla sua abitazione) nasce a Roma come inchiesta sull'operato di Giuseppe Arcami, direttore generale dell'Istituto durante la gestione degli anni '72, '73 e '74. Per Marcello Dionisi, come per Calieri, l'accusa è di peculato e falso. A sollecitare questi provvedimenti era stato all'inizio del mese, il pubblico ministero Luigi Jerace, il quale, inoltre, aveva invitato il giudice istruttore ad emettere man dati di cattura nei confronti di una decina di consiglieri di arnministrarlone del!'«ICCRIij (istituto di Credito Ca' se Risparmio Italiane). Il giù dice istruttore, dottor Pizzuti, per il momento ha ritenuto di disporre soltanto l'arresto di Calieri e di Dionisi, riservandosi di prendere una decisione in merito alle altre istanze del pm nei prossimi giorni. La «svolta» all'inchiesta fu impressa da una relazione della Banca d'Italia inviata alla procura della Repubblica nel gennaio scorso. Ma già nell'ottobre del '77 un ex dirigente del servizio di vigilanza della Banca d'Italia (e presidente dei sindaci dell'Italcasse), Giuseppe Criscuolo, aveva sottoscritto un documento di denuncia e aveva rivelato che l'istituto di credito era arrivato a «sconfinamenti» (fidi concessi oltre misura) pari a 137 miliardi su posizio- ni di rischio che raggiungevano 2.122 miliardi. Criscuolo forniva dati precisi al riguardo: le aziende del gruppo Caltagirone avevano avuto 250 miliardi di fidi; quelle di Rovelli 200; venti miliardi li aveva ottenuti il «palazzinaro» Arcangelo Belli. La lista comprendeva anche le Aerolinee Itavia e due società fallite: la Vita Mayer e la Cartiera di Cairate. Il dossier Criscuol o ebbe i suoi effetti tra chi conduceva l'inchiesta. Ma la vera «bomba» arrivò con la relazione della Banca d'Italia. Nel documento si leggeva: «Per effetto dell'intensa attività svolta dal direttore generale Arcaini l'Italcasse si è trovata al centro di complesse operazioni finanziarie che l'hanno vista consapevole intermediario di erogazioni per finalità diverse da quelle istituzionali. In pratica risulta che l'Italcasse ha rappresentato per lunghi anni l'elemento indispensabile per fornire con mezzi propri o di terzi, disponibilità finanziarie a persone e associazioni diverse». Come avveniva il meccanismo per cui i vertici dell'Italcasse potevano gestire «fondi neri» per finanziamenti a partiti e gruppi, diventando così un anello importante nella catena della corruzione? Due i meccanismi — secondo il rapporto della Banca d'Italia — e tutti e due molto semplici: aumenti di spese o diminuzioni di rendite senza alcuna giustificazione oppure far figurare acquisti di titoli ad un prezzo superiore a quello corrisposto all'ente emittente gli stessi titoli. Così dal '65 al '75 l'Enel ha avuto sovvenzioni con una distrazione di 28,4 miliardi di utili. In altri casi l'Italcasse fungeva da tramite tra versa¬ menti e destinatari. Tra il '72 e il '74 sono stati rilevati bonifici effettuati da varie società petrolifere a favore della «Pubbliprop» per 430,8 milioni; versamenti per 171,9 milioni a persone non identificate e addebiti eseguiti in conto, senza l'ordine scritto dell'intestatario (442,9 milioni nel conto Sofid). Nell'indagine della Banca d'Italia risultava che in tre anni c'erano state erogazioni per 5 miliardi e 503 milioni in «fondi neri». Per quasi tre miliardi non era stato possibile sapere il nome vero del destinatario: gli assegni quietanzati risultavano con lo stesso nome fittizio al quale erano intestati. Ma la residua parte — concludeva il rapporto — aveva avuto «con certezza» una destinazione così suddivisa: 510 milioni alla democrazia cristiana; 340 milioni alla società cooperativa «La Voce Repubblicana»; 230 milioni al partito socialista italiano; 60 milioni al psdi; 180 milioni a Giuseppe Arcaini; 589,9 milioni alla Sofid; 395 alla Pubbliprop; 72,7 all'Unione Petrolifera e in più una serie di piccole voci per un totale complessivo di più di cento milioni (Francis spa, Irade, Silvia D'Amico, Bergoni spa, Sarom, Gina Saccardo). E' stata questa precisa relazione a far scattare gli ultimi accertamenti. A Calieri di Sala venerdì scorso fu ritirato il passaporto e ieri pomeriggio è arrivato il mandato di cattura. Ma l'ex presidente dell'Italcasse, in clinica da un mese, non è stato trasferito in prigione per le sue condizioni di salute. Questo quanto si sa dello scandalo Arcaini-Italcasse. Fabrizio Carbone Giuseppe Arcaini Gaetano Caltagirone

Luoghi citati: Cairate, Roma, Torino