A Belgrado Tito e Hua scoprono che i loro comunismi sono uguali di Frane Barbieri

A Belgrado Tito e Hua scoprono che i loro comunismi sono uguali I brindisi sono occasioni per enunciazioni di principio A Belgrado Tito e Hua scoprono che i loro comunismi sono uguali DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BELGRADO — Fino a ieri forse il fatto straordinario consisteva nella presenza di Hua Kuo-feng a Belgrado. Poco più di un anno fa questo figurava ancora fra gli incontri meno probabili sulle liste diplomatiche. I primi discorsi pronunciati da Tito c dal suo ospite cinese capovolgono di colpo i giudizi. Appare addirittura sorprendente come non si siano uniti prima. L'incontro non si configura per niente come una congiunturale convergenza in funzione antisovietica: ita delincandosi dai colloqui un concetto comune molto più composito ed articolato, riguardante la situazione mondiak: e i rapporti intercomunisli. La dichiarazione più significativa a questo proposito si trova nel discorso pronunciato da Tito durante la cena offerta in onore dell'ospite: « Vorrei mettere in rilievo che il carattere autentico delle rivoluzioni socialiste nei nostri due Paesi, le vie originali nella complessa costruzione socialista, le differenze e le specificità in cui esse si svolgono, rappresentano un legame duraturo fra i nostri popoli e una ragione di più per la loro comprensione e stima reciproca ». Più lontani e differenti e tanto più simili e vicini, questo il concetto che da sempre ha ispirato il titoismo, inteso non solo come una tendenza all'autonomia ma anche alla diversificazione del movimento comunista e del mondo in generale. Hua ha assecondato il padrone di casa esprimendosi con un sillogismo di sapore prettamente cinese: « Noi vogliamo una Jugoslavia prospera e forte. Voi volete una Cina prospera e forte. Noi siamo completamente indipendenti ed uguali: nessuno di noi intende comportarsi duramente verso l'altro, né interferire negli affari dell'altro, né controllarlo. Voi siete nei Balcani, noi siamo in Asia. Siamo legati da un simile passato e da una lotta comune. I nostri rapporti di collaborazione e amicizia non possono che avere un'ampia prospettiva ». Questa volta non servivano i complicati e spesso macchinosi cifrari comunistologici per scoprire cosa i due statisti intendevano dire nei loro discorsi. Non occorreva nemmeno stancarsi e stancare il lettore contando quante volte gli oratori avevano fatto uso dell'ormai emblematica parola « egemonismo» (diventata del resto a doppio senso dal momento in cui anche Mosca la usa contro Pechino e non soltanto Pechino contro Mosca, nella Pravda di ieri figura addirittura un titolo: «Egemonismo di Pechino »). Tito e Hua hanno pronunciato infatti durante la cena due discorsi concettuali molto articolati, da politici che dispongono di una dottrina propria e non la costruiscono in rapporto a quella moscovita, strappandone o aggiungendone qualche sfumatura diversa. E' stato anzitutto il presidente jugoslavo ad affrontare in termini espliciti i rapporti intercomunisli: «• Noi diamo prova di una collaborazione basata sull'indipendenza e sulla giusta considerazione delle nostre differenze (...). I nostri rapporti si sviluppano nel nostro reciproco interesse e non sul conto dei buoni rapporti con altri Paesi (...). Noi partiamo da sempre dal principio che ogni partito sia responsabile di fronte alla propria classe operaia e di fronte al proprio popolo (...). Soltanto così concepito, senza imposizioni di modelli o ricette di qualsiasi specie, il socialismo poirà esprimere i propri vantaggi storici». In questo quadro Tito ha reso omaggio alla rivoluzione ci nese, « una delle più difficili e lunghe», indicandola come « elemento prezioso e fattore importante dell'immagine cambiata del mondo odierno ». Hua ha dato un apprezzamento consimile sulla rivoluzione jugoslava e sulla peculiarità del suo sistema autogestionario. Nei discorsi ha trovato un particolare rilievo l'importanza che i due capi attribuiscono ai rapporti dei rispettivi partiti comunisti, senza pregiudiziali dottrinarie e ancor meno obblighi di osservare una disciplina internazionalista vecchio stile. Nel campo della politica mondiale la parte più incisiva si riscontra nel discorso di Hua Kuo-feng. Ha fatto coincidere la sua visione dei « tre mondi » con gli scopi della politica di non allineamento, « importante forza nella lotta contro imperialismo, colonialismo ed egemonismo ». Dopo di che è andato direttamente al bersaglio: « Per questa ragione precisamente alcuni vedono nel movimento dei non allineati un ostacolo serio alla realizzazione della loro politica aggressiva ed espansionistica. Vogliono ad ogni costo rompere l'unità del movimento dei non allineati per poterli indirizzare e'subordinare ai propri fini egemonistici ». Hua ha espresso in conclusione il suo appoggio alla « battaglia condotta dalla Jugoslavia per salvaguardare l'unità dei non allineati e conservare l'indirizzo fondamentale del movimento ». Più che chiaro il riferimento al tentativo dei cubani, contrastato dagli jugoslavi, di legare i non allineati ad un'alleanza « naturale » con il blocco sovietico. Tito a sua volta ha denunciato la « concorrenza delle suoerooienze e dei blocchi politico-militari, /e infiltrazioni dei fattori estranei che coinvolgono sempre più ampie zone del mondo destabilizzandole ». 11 tono e la sicurezza dei due presidenti mentre pronunciavano i discorsi, trasmessi poi per televisione, erano tali che non occorreva cercare prove sul fatto che nessun dosaggio delle posizioni o delle singole frasi era stato mercanteggiato in anticipo, tanto meno in riferimento ad eventuali pressioni e suscettibilità sovietiche. Due protagonisti della politica mondiale si sono spontaneamente incontrati per confrontare in modo autonomo i rispettivi punti di vista. E' un fatto nuovo nei rapporti intercomunisli. Il fatto ancora più nuovo consiste nella scoperta di tante coincidenze significative fra Pechino e Belgrado. In sede dei primi colloqui delle due numerosissime delegazioni, dodici cinesi e quattordici jugoslavi, capeggiati da Hua e Tito, si è constatato che i temi da discutere, le esperienze da scambiare e gli accordi da prendere sono tanto numerosi che i giorni previsti per gli incontri, anche se tanti — nove in tutto — non sarebbero sufficienti per esaurire l'agenda. Così sono stati creati gruppi separati per materie: collaborazione economica, rapporti fra partiti c questioni intercomuniste, questioni relative alla situazione internazionale. Tito e Hua avranno una serie di incontri separati a quattr'occhi: tre giorni qui a Belgrado e tre ultimi giorni, considerati formalmente di riposo, sull'isola di Brioni. Si riuniranno separatamente anche i ministri degli Esteri. Tutti i più importanti personaggi jugoslavi, con alte cariche statali e di partito, sono impegnati nei colloqui con i cinesi. L'incontro si presenta carico di contenuti politici, con prospettive anche imprevedibili, anzitutto nel mondo comunista, di cui sconvolge i fronti e le demarcazioni usuali. A tanta sostanza non è man¬ cato alla fine nemmeno lo scenario spettacolare. Hua e Tito sono passati ieri con un giorno di ritardo per le vie del centro fra trecentomila belgradesi esultanti. E' una peculiarità del protocollo jugoslavo: gli ospiti arrivando non passano per il centro di Belgrado, ma si avviano direttamente per una circonvallazione dall'aeroporto al palazzo presidenziale, dove li riceve Tito. L'abitudine è dettata dall'età avanzata del Maresciallo, impossibilitato ad aspettare gli ospiti all'aeroporto. Quando si tratta di personaggi eccezionali, Tito il giorno seguente li accompagna per le vie del centro verso la sede del governo, dove si svolgono le prime fasi dei colloqui. Secondo l'importanza della visita, anche i belgradesi scendono sulle strade per manifestare Da quando vige il nuovo protocollo, mai si erano viste tante persone come ieri, per Hua Kuo-feng. Frane Barbieri

Persone citate: Brioni, Hua Kuo-feng