Fra i sinistrati dell'Ossola che sono rimasti senza nulla

Fra i sinistrati dell'Ossola che sono rimasti senza nulla Gli aiuti dei lettori ai colpiti dal nubifragio Fra i sinistrati dell'Ossola che sono rimasti senza nulla Chi si è trovato sul posto subito dopo il disastro, oggi ha l'impressione che ci si avvii verso la normalità - Ciò si deve all'aiuto dei vigili del fuoco, dei soldati, dei carabinieri e alla disperata volontà della gente del luogo che vuole vivere nella propria terra DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE DOMODOSSOLA — Quello che ci preoccupa, dicono in valle Vigezzo, sono le dichiarazioni riassuntive e diciamo pure un po' trionfalistiche: tanto di fatto, tanto di promesso, a Natale la strada sarà aperta (è già stata appaltata alla ditta Poscio, una delle più note dell'Ossola); la Vigezzina « quel trenino da operetta » fa un miracolo al giorno (e uno la notte) coprendo da sola tutte le necessità di trasporto viaggiatori e soprattutto di merci fino a metà valle ed è pronta a riprendere presto, se qualcuno ricostruirà il ponte, la corsa sino a Malesco, cioè sino agli impianti delle funivie a cui è legata la prospettiva di un inverno turistico. La realtà è diversa. Se chi si è trovato sul posto subito dopo il disastro oggi ha una impressione di un ritorno alla quasi normalità, il merito è non solo dei trecento e più soldati che per due settimane si sono improvvisati operai, dei forestali che hanno perlustrato e rimesso in sesto gli alpeggi dove sono le bocche d'acqua, dei dipendenti dell'Enel e della Sip che hanno dimenticato ogni diritto sindacale pur di restituire subito un servizio efficiente di luce e telefono, degli elicotteri di ogni tipo che vanno su e giù come farfalle benefiche (adesso sui prati di Druogno è sempre all'erta il velivolo dei vigili del fuoco di Venezia al comando del capitano Roberto Tentellini), dei volontari del Cai, ma soprattutto della gente del posto che si è rimboccata le maniche e si è messa a « sopravvivere » nel fango e nelle macerie per ricuperare e ripulire tutto quello che si può rimettere in uso. Ma in valle Vigezzo, come in valle Anzasca ed in Valsesia, le conseguenze dell'alluvione cominciano a farsi sentire in tutta la loro vastità soltanto ora che ognuno si mette a fare i conti e pensa al domani. Per questo le voci che andiamo raccogliendo di valle in valle, di comune in comune, sono voci angosciate: al grazie spesso accompagnato da lacrime con cui vengono accolti gli aiuti concreti e immediati dei lettori di «La Stampa» e di «Stampa Sera» che andiamo distribuendo, si alternano gli appelli perché chi non è stato toccato dalla sciagura, ricordi che la catena di solidarietà con questi paesi martoriati non deve interrompersi. Nella tragedia collettiva i casi singoli sono tanti. Ieri percorrevamo con le guardie forestali la strada che univa Druogno a Coimo e che, nel primo tratto, là dove nell'alveo gli alpini rocciatori di Aosta stanno rastrellando i detriti alla ricerca del ragazzo morto di cui non si è ancora trovata traccia, è crollata interrompendo il traffico. In una piccola casa in bilico sul Melezzo che un tempo era una trattoria, abbiamo trovato un uomo ed una donna dai capelli bianchi: due fratelli che sono sempre vissuti insieme, Clorinda e Santino Carminati, 84 anni e 13 figli lei, 80 an¬ ni e l'invalidità permanente dopo la guerra del '18 lui. Un tempo, la frazione Maghetto di Coimo era piena di vita: in riva all'acqua c'era una torneria ed il rumore della mola si inseriva nello sciacquio del torrente che scivolava via pacifico fra le rive verdeggianti. Chiusa la fabbrica, per i due vecchi la compagnia quotidiana erano ora le automobili che passavano di continuo sulla strada: cominciavano all'alba, dice l'uomo, e brontolavo perché mi svegliavano. Adesso mi sveglia il gran silenzio. Che ne sarà di noi due? Integravano infatti la pensione irrisoria con i cestelli di funghi che offrivano ai turisti di passaggio. L'acqua del fiume impazzito che gli ha distrutto la strada rumorosa gli ha anche portato via l'orto con cui mangiavano l'estate ed il deposito di legna con cui si scaldavano l'inverno. Sulla strada del ritorno, iBgsscsfsldespdvlrpn«—lhaf incontriamo il postino Aldo Bonardi: adesso si fa ogni giorno 27 chilometri a piedi, su e giù per le frazioni. E' stato anch'egli sinistrato, ma ci invita a proseguire: ce ne sono tanti, soprattutto nelle frazioni dove ora è difficile salire, che non chiedono nulla « ma hanno più bisogni di me ». A Vasca di Craveggia per esempio (che si raggiunge su un ponte di tronchi improvvisato in quattro giorni di lavoro da un gruppo di volontari) c'è Olimpia Colombo che con il figlio Mauro gestisce il rifugio di proprietà del comune. Una frana glielo ha semidistrutto. « Il primo impulso — dice — è stato quello di cancellare tutto, le 25 stagioni che ho trascorso quassù fra i pini, e scendere al basso. Poi abbiamo scopato l'acqua, il fango, le pietre, i tronchi e siamo rimasti ». Poco distante c'era il vecchio mulino di Gioacchino Minardi usato ora come deposito. Dentro custodiva fieno, attrezzi agricoli, motosega. Il « Chino » che si era precipitato sotto la pioggia ha fatto appena in tempo a vedere l'ondata di piena che travolgeva il ponte. «In quella povera casa — ricorda piangendo la moglie Italia —, siamo vissuti tanti anni senza luce; i nostri due figli sono nati lì. Non ho neanche la forza di trascinarmi a vedere che cosa ne è rimasto ». Un altro che ha visto vanificarsi il lavoro di anni, è Valentino Gubetta, padre di quattro bambini. Si è costruito una casa sotto ima scarpata e accanto aveva sistemato un grande pollaio con cui integrava i suoi guadagni di muratore. Un getto di acqua diventato fiume è sceso dalle cime: per fortuna la casa è rimasta in piedi, ma dell'allevamento di polli si sono salvate solo due anitre e tre tacchine. Tutto da ricominciare. Punto e a capo anche per Giancarlo Zanghi, 35 anni. Era riuscito quest'anno ad aprire un camping nella piana di Malesco, in riva al Melezzo. E' il camping da cui gli ospiti si sono salvati nudi nella terribile notte che ha trasformato la ridente frazione di Gornasco in una sterminata petraia. Vittoria Sincero I fratelli Clorinda e Sante Carminati di Coimo, ancora isolato. (Foto Ugo Liprand

Persone citate: Aldo Bonardi, Carminati, Giancarlo Zanghi, Gioacchino Minardi, Olimpia Colombo, Poscio, Roberto Tentellini, Santino Carminati, Valentino Gubetta, Vittoria Sincero I

Luoghi citati: Aosta, Coimo, Druogno, Italia, Malesco, Ossola, Venezia