Troppi errori di Luca Giurato
Troppi errori Troppi errori Lo sciopero che è stato voluto da « locomotiva selvaggia », merita un giudizio di condanna, non solo per i tempi scelti dai ferrovieri autonomi, ma anche per certi « modi ». Si è addirittura arrivati a una specie di « guerra psicologica » contro l'annunciata mobilitazione confederale, poi fallita. A Roma, una serie di telefonate ha segnalato attentati e bombe sulle varie linee di compartimento. Al di là del caos e dei disagi che quasi ovunque ha provocato, lo sciopero voluto dai ferrovieri autonomi ha portato di colpo alla ribalta una serie di verità sgradevoli e amare. La prima è questa: lo sciopero è riuscito, anche se i comunicati confederali tendono a minimizzare il più possibile una circostanza grave soprattutto per la Cgìl. Il sindacato comunista ha sempre parlato di « adesione marginale e localizzata », facilmente fronteggiabile. I dispacci d'agenzia giunti ieri da ogni parte d'Italia sembrano invece tanti bollettini di guerra: in alcuni grossi centri del Sud la paralisi è stata totale; anche nel Nord sono ca- date « roccaforti » che sembravano inespugnabili, come quella di Milano. Proprio a Milano, sono anzi accaduti gli episodi più clamorosi di contestazione alta linea tracciata dai vertici Cgil-Cisl-Uil, con i macchinisti confederali che si sono presentati al lavoro per poi aderire allo sciopero un attimo prima dell'orario di partenza dei convogli. Non c'è stata l'azione antisciopero che i sindacati avevano promesso e i « bollettini di guerra » sono anche bollettini di sconfitta. E' una sconfitta che ha molti padri. Chi doveva reagire, se non opporsi, al caos provocato dagli autonomi o non lo ha fatto o lo ha fatto nel modo sbagliato. Sono falliti sia il piano di emergenza del governo, sia la mobilitazione proclamata dalle confederazioni. Migliaia di ferrovieri non hanno risposto agli appelli; altri hanno aderito all'« operazione antipatia » voluta dagli autonomi. I motivi sono evidenti: una buona parte della base non ha gradito l'accordo raggiunto il 3 agosto scorso ed ha atteso l'occasione migliore (o peggiore) per sconfessarlo nel modo più crudo. I leaders confederali sono accusati di non aver discusso prima l'intesa con la base, di non far più incontri di gruppo e assemblee, di starsene chiusi nei loro vertici e di non voler creare assolutamente grane al governo da quando il pei è nella maggioranza. Sotto accusa è soprattutto la Cgil. Da troppo tempo, poi, la strategia confederale di fronte al fenomeno degli autonomi è una altalena tra un «polo » fatto di ambiguità e un altro « polo » di conformismo. E' ambigua perché Cgil, Cisl e Uil, specialmente in periferia e in particolare nel Sud, hanno sempre operato per la mediazione estenuante e improduttiva, anziché per scelte nette e chiare. Si è tentato di recuperare il fenomeno dell'autonomia nella speranza di estinguerlo a poco a poco. Purtroppo, il risultato è stato a volte l'opposto di quello previsto: scontenti per le retribuzioni economiche e per i continui rinvìi, molti esponenti delle ultimissime leve dei ferrovieri (e numerosi esponenti della vecchia guardia) si sono fatti indifferenti a ogni appello dei confederali. Le considerazioni sul conformismo investono problemi anche più ampi. Limitiamoci al rapporto tra i vertici confederali e gli autonomi: la pubblicistica sindacale liquida come «fascista» tutto ciò che non è con- Luca Giurato (Continua a pagina 2 in quinta colonna)
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