Moro: la pista del Cairo si dimostra "importante,,

Moro: la pista del Cairo si dimostra "importante,,Le Br, la Raf e terroristi in Egitto Moro: la pista del Cairo si dimostra "important,,e Armi rubate in Svizzera trovate in Germania e nel covo di via Gradoli - Si cerca una terrorista miope, amica del signor Borghi ROMA — Cosa hanno di concreto gli inquirenti per imprimere una svolta all'inchiesta sulla strage di via Fani, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro? L'interrogativo si pone, in questi giorni dopo una serie di fughe di piccole notizie, che man mano nel quadro della complessa vicenda vanno assumendo contorni ben precisi. L'impressione è che i magistrati dallo studio del materiale raccolto in quasi sei mesi abbiano la certezza di essere ormai in posses so di dati significativi ed utili ma che ancora siano alla ricerca di alcune «tessere» di un mosaico che probabilmente porta lontano, cioè oltre confine, ai collegamenti delle Brigate rosse con altri gruppi terroristici come la Raf tedesca ed i palestinesi. E a questo punto sorge ancora una volta, inquietante, la domanda: chi ha manovrato gli assassini e quali oscuri disegni si nascondono dietro un delitto che sempre più assume i contorni di altre tragiche vicende che hanno insanguinato il Paese dal 1972 a questa parte? Esaminiamo prima di tutto le linee attraverso le quali si muovono gl'inquirenti. Pista n. 1 - E' quella italiana che muove attraverso la scoperta del «covo» delle Br di via Gradoli (quello del «signor Borghi») e del «covo» scoperto a Torvaianica (il fatto fu tenuto segreto). Su questo filone si innesta l'iniziativa assunta ieri dai magistrati che hanno diffuso una foto della presunta brigatista Barbara Balzarini, latitante e colpita da un ordine di cattura per concorso nella strage di via Fani e nel rapimento e uccisione di Moro. La foto sarebbe stata scattata poco prima del 16 marzo. La donna, una ex operatrice socio-pedagogica, avrebbe svolto, secondo glfinquirenti, un ruolo determinante nella organizzazione romana delle «Brigate rosse». Alla sua identificazione la polizia giunse dopo una lunga indagine su un paio di lenti a contatto trovate nel «covo» di via Gradoli il 18 aprile scorso. L'ottico che aveva venduto tali lenti fu rintracciato ed esibì alla polizia la scheda dalla quale risultava il grado di miopia dell'acquirente. Tale circostanza sembrava però non poter portare a qualche risultato. Dopo l'arresto di Enrico Triaca e degli altri esponenti della «colonna romana» delle «Brigate rosse», si scoprì che uno dì essi, Antonio Marini, conviveva con Gabriella Mariani e che la migliore amica di quest'ultima era Barbara Balzarani, ex moglie del Marini. Le due donne hanno lavorato insieme nella diciottesima circoscrizione comunale. La pista 2 è quella internazionale che prevede complicità tra gruppi terroristici di diversa nazionalità. Oltre che in Germania e Cecoslovacchia porta in Egitto dove, il 26 aprile, mentre era ancora in corso il rapimento Moro, il procuratore generale del Cairo, Ibrahim El Kaliubi, comunicò alla stampa che le indagini su una rete terroristica sgominata poco prima nella capitale egiziana potevano far supporre rapporti tra tali estremisti e le «Brigate rosse». Si parlò, appunto in quella occasione, dell'esistenza di un «fermo posta» negli uffici di San Silvestro, a Roma, che poteva essere stato utilizzato proprio a tale scopo. Tra gli arrestati, in Egitto, figuravano anche tre svizzeri di lingua italiana ed una tede¬ sca. Si tratta di Sergio Mantovani, dei coniugi Doris e Gianni Bacchetta e di Elvira Martine Gunther. Secondo l'accusa, i tre svizzeri, poco prima dell'arresto, si sarebbero incontrati al Cairo con un loro compatriota, Georges Bellini, il quale, nel 1975, fu accusato nel suo Paese, insieme con l'anarchico Peter Egloff, di aver compiuto un furto di armi ed esplosivi in Svizzera. Da tale accusa, poi, Bellini fu prosciolto, mentre Egloff fu condannato ad alcuni anni di reclusione. Tutte queste persone sarebbero risultate far parte della «Rote Hilfe», una organizzazione nota come «Soccorso rosso elvetico», che si sospetta abbia tenuto contatti con le «Brigate rosse». Ad attirare particolarmente l'attenzione dei giudici italiani è stato inoltre un altro fatto del quale si dà notizia nei rapporto all'esame dei magistrati. Secondo quanto si è appreso, nella relazione si ricorda che nel maggio del 1975, sempre in Svizzera, furono arrestati alcuni estremisti accusati di aver organizzato attentati, e in particolare di un furto di esplosivi ed ar¬ mi avvenuto in un deposito incustodito dell'esercito elvetico. Secondo l'accusa, tali armi sarebbero poi state distribuite in parte al gruppo della «Baader Meinhcf» e in parte alle «Brigate rosse». Potrebbe ricercarsi quindi proprio in tale episodio, secondo gli inquirenti, la traccia per accertare la provenienza delle armi di via Fani che, come è stato stabilito, sono di uno stesso «stock» rubato in Svizzera ed in parte usato dai terroristi tedeschi per l'agguato contro il presidente degli industriali della Germania Federale Hans Martin Schleyer.